Il trattamento dell’osteoartrite inizia con la diagnosi precoce
L’osteoartrite, che colpisce oltre il 25 % della popolazione di età superiore ai 45 anni, è una delle principali cause di dolore e disabilità. Nonostante la sua elevata prevalenza, la diagnosi e il trattamento di questa malattia articolare cronica rimangono complessi. Cosa succederebbe se esistesse un indicatore identificabile ben prima che la malattia progredisca tanto da rendere difficile il trattamento? Secondo il progetto TARGETMENISCUS, finanziato dall’UE, tale indicatore è la degenerazione del menisco del ginocchio. «Il menisco è un tessuto fondamentale per la distribuzione del carico nel ginocchio, la cui degenerazione è uno dei fattori di rischio principali per la futura osteoartrite del ginocchio», spiega il coordinatore del progetto Martin Englund, ricercatore presso l’Università di Lund. Insieme a un’èquipe multidisciplinare di dottorandi, ricercatori post-dottorato e ricercatori senior, Englund sta lavorando per acquisire nuove conoscenze sulla degradazione meniscale nel ginocchio umano e sui processi correlati che spesso precedono l’osteoartrite.
Un importante indicatore di osteoartrite in fase precoce
Al centro di questa ricerca ci sono gli studi proteomici sui menischi umani e sul liquido sinoviale in diversi stadi dell’osteoartrite. Il liquido sinoviale, noto anche come liquido articolare, è una sostanza liquida densa e viscosa che lubrifica e protegge le articolazioni. Il suo contenuto può dunque fungere da importante biomarcatore per l’osteoartrite, in quanto le proteine dei menischi, insieme ad altri prodotti di degradazione del tessuto articolare, finiscono nel liquido sinoviale. Per esaminare questo fluido, i ricercatori del progetto hanno usato la spettrometria di massa, una tecnica analitica che misura il rapporto tra massa e carica degli ioni. «I nostri risultati mostrano schemi specifici nella co-espressione delle proteine, suggerendo che l’interazione tra i macchinari proteici aumenta durante le prime fasi dell’osteoartrite, ma si perde con il progredire della malattia», spiega Englund. Secondo Englund, l’implicazione di questa scoperta è che, per avere successo, i trattamenti dell’osteoartrite dovrebbero iniziare molto prima di quanto si pensasse. Ulteriori dettagli sui risultati del progetto sono stati pubblicati su «Molecular & Cellular Proteomics» e «Osteoarthritis and Cartilage Open»; quest’ultimo è stato vincitore del premio Pubblicazione dell’anno per le scienze di base.
Le sfide della pandemia aprono nuove opportunità per la ricerca sull’osteoartrite
Oltre a lavorare sui menischi e sui fluidi sinoviali sfruttando la spettrometria di massa, il progetto, che ha ricevuto il sostegno del Consiglio europeo della ricerca, ha anche analizzato i menischi del ginocchio umano usando varie tecniche di imaging avanzate. Per la difficoltà di effettuare risonanze magnetiche cliniche del ginocchio dei partecipati allo studio durante la pandemia, il progetto ha condotto esperimenti di imaging su campioni di tessuto umano attraverso la micro-TC e la risonanza magnetica ad altissimo campo. Sebbene non pianificato, il cambiamento ha fornito alcuni risultati importanti. Ad esempio, lavorando in collaborazione con l’Università di Oulu, il gruppo di ricercatori ha scoperto come la rete di collagene del menisco si disorganizzi con il progredire dell’osteoartrite. Inoltre, ha fornito nuovi approfondimenti sulla calcificazione del tessuto meniscale umano, tutti correlati al processo patologico. «Sfruttando biobanche di tessuti umani, metodi proteomici avanzati e tecniche di imaging d’avanguardia, il nostro lavoro continua ad aiutare il settore a comprendere meglio l’evoluzione dell’osteoartrite, che potrebbe portare a nuove strategie di trattamento», conclude Englund. Per aiutare il pubblico a comprendere meglio l’osteoartrite, il progetto ha realizzato il portale dell’artrite.
Parole chiave
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