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Contenuto archiviato il 2023-03-07

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Nuova vita per i modelli climatici

I risultati di due studi su larga scala, effettuati con il sostegno economico dell'Unione europea, cambieranno il modo in cui gli scienziati guardano alla correlazione tra clima e ciclo del carbonio. La prima relazione pubblicata contiene una stima della fotosintesi totale ann...

I risultati di due studi su larga scala, effettuati con il sostegno economico dell'Unione europea, cambieranno il modo in cui gli scienziati guardano alla correlazione tra clima e ciclo del carbonio. La prima relazione pubblicata contiene una stima della fotosintesi totale annuale (che assorbe l'anidride carbonica), mentre la seconda quantifica gli effetti della temperatura sulla respirazione globale (che rilascia, invece, anidride carbonica). Le stime elaborate miglioreranno in modo sostanziale i modelli attualmente utilizzati per studiare le interazioni tra CO2 e clima. Entrambi gli studi sono stati finanziati nell'ambito del progetto CARBOEUROPE IP ("Assessment of the European terrestrial carbon balance"), che ha ricevuto 16,3 milioni di euro in riferimento all'area tematica "Sviluppo sostenibile, cambiamento globale ed ecosistemi" del Sesto programma quadro (6°PQ). L'obiettivo dei partner del progetto CARBOEUROPE IP è cercare di comprendere, quantificare e prevedere il bilancio di carbonio terrestre europeo. Gli scienziati hanno utilizzato anche i dati di FLUXNET, un'iniziativa internazionale finanziata dall'UE per monitorare gli scambi di CO2 che avvengono tra gli ecosistemi terrestri e l'atmosfera. Nell'ambito di uno studio internazionale, coordinato dai ricercatori dell'Istituto Max Planck per la biogeochimica, è stata esaminata la produzione primaria lorda della terra, ovvero la quantità complessiva di CO2 consumata annualmente dalla vegetazione mediante la fotosintesi. Christian Beer e i suoi colleghi hanno spiegato che, proprio come la respirazione, la produzione primaria lorda è uno dei principali processi che controllano lo scambio di CO2 tra terra e atmosfera. In quanto tale, il processo consente agli ecosistemi terrestri di compensare parzialmente le emissioni di CO2 antropogeniche. Fino ad oggi, le stime basate sulle osservazioni della produzione primaria sono state sperimentali. "Comprendere i fattori che controllano la produzione primaria lorda dei diversi ecosistemi terrestri è estremamente importante poiché noi utilizziamo molti dei prodotti di questi ecosistemi: legno, fibre e alimenti per esempio", ha spiegato il dottor Beer. "Inoltre, questa conoscenza è importante nel contesto del cambiamento climatico come conseguenza delle emissioni di CO2 derivanti dalla combustione dei combustibili fossili proprio perché la vegetazione modula in modo significativo gli scambi terra-atmosfera di gas a effetto serra, acqua e CO2". Gli scienziati hanno potuto utilizzare nuovi dati e integrare l'efficacia di cinque modelli diagnostici per studiare la produzione primaria lorda per il periodo 1998-2005. I ricercatori hanno raccolto un'ingente quantità di dati mediante FLUXNET, una rete che coordina le analisi, regionali e internazionali, delle osservazioni delle torri micro-meteorologiche. Le torri misurano gli scambi di CO2, vapore acqueo ed energia tra gli ecosistemi terrestri e atmosfera. Il dottor Beer, insieme ai suoi colleghi, stima che, ogni anno, circa 123 miliardi di tonnellate di CO2 vengono rimosse dall'atmosfera ad opera della vegetazione terrestre. I ricercatori hanno inoltre avuto modo di stabilire che l'assorbimento di CO2 è più significativo nelle foreste tropicali (34%), mentre che nelle savane questo dato si attesta circa attorno al 26%. Le precipitazioni sono un fattore determinate per poter stimare la produzione primaria lorda poiché influiscono sulla quantità di carbonio utilizzata per la fotosintesi per più del 40% delle superfici coperte da vegetazione. Quest'ultimo risultato è particolarmente significativo poiché mette in evidenza una differenza sostanziale con i modelli climatici tradizionali che, in alcuni casi, tendono a sovrastimare il ruolo svolto dalle precipitazioni sulla produzione primaria lorda. "Con questa pubblicazione abbiamo posato una pietra miliare: abbiamo utilizzato una grande quantità di dati di FLUXNET, affiancandoli alle rilevazioni in remoto e alle rianalisi climatiche", ha affermato il dottor Beer. "La stima della produzione primaria lorda che abbiamo elaborato ci consente di fare due cose: confrontare i risultati ottenuti con i modelli relativi ai processi del sistema terrestre e analizzare in modo più approfondito la correlazione tra produzione primaria lorda e clima". L'effetto esatto della temperatura dell'aria sulla respirazione globale (ovvero il processo che vede gli organismi reimmettere CO2 nell'atmosfera), comunemente indicato con l'indice Q10, è stato per lungo tempo al centro di dibattiti partecipati. La maggior parte degli studi lascia supporre che la respirazione globale dipenda in misura preponderante dalla temperatura. Un dato, tuttavia, smentito dalla maggioranza dei modelli predittivi. Un altro studio internazionale, coordinato dal dottor Miguel Mahecha, sempre dell'Istituto Max Planck per la biogeochimica, ha definito gli effetti delle variazioni a breve termine della temperatura dell'aria sul rilascio di CO2 dalla biosfera all'atmosfera. Sulla base delle osservazioni provenienti da 60 siti FLUXNET diversi, i ricercatori hanno dimostrato che l'indice Q10 non dipende dalla temperatura media globale, a prescindere da quali sono le specifiche condizioni che caratterizzano un ecosistema. Tra i difetti dei modelli predettivi precedenti, messi in luce dagli scienziati, c'è l'impossibilità di implementare scale temporali coerenti. Il dottor Mahecha e i suoi colleghi hanno analizzato la respirazione tipica di 60 diversi ecosistemi riferendosi alla stessa scala temporale, rilevando un indice Q10 pari a 1,4. Lo studio dimostra che il processo di respirazione degli ecosistemi terrestri è caratterizzato da una temperatura universale e intrinseca. Per il bilancio di carbonio sul lungo termine, sono però importanti anche altri fattori, quali la lenta trasformazione del carbonio nel suolo e la disponibilità d'acqua. "La scoperta più significativa è che la sensibilità alla temperatura del processo di respirazione degli ecosistemi, a breve termine, converge verso un unico valore", ha spiegato il dottor Mahecha. "Contrariamente a quanto dimostrato dagli studi precedenti, noi abbiamo evidenziato che la sensibilità della respirazione degli ecosistemi alle variazioni di temperatura sembra non dipendere dai fattori esterni e sembra essere trasversalmente costante. In altri termini, abbiamo rilevato l'esistenza di una correlazione generale tra le variazioni di temperatura e il processo di respirazione degli ecosistemi. I risultati che abbiamo ottenuto conciliano le evidenti contraddizioni rilavabili tra i risultati offerti da modelli e studi sul campo. Nel complesso, queste nuove stime sono in grado di migliorare i modelli predittivi che consentono agli scienziati di quantificare gli effetti del ciclo del carbonio sul clima, in costante evoluzione, della Terra. Per gli scienziati questi risultati sono un valido aiuto per meglio comprendere gli ecosistemi.

Paesi

Germania

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