Distruggere gli organismi per eccesso di azoto
Alcuni ricercatori provenienti da Danimarca e Stati Uniti hanno scoperto che gli ecosistemi del nostro pianeta sono sovraccarichi di azoto derivante dalle attività umane. La crescita dei livelli di azoto è imputabile anche alla combustione dei combustibili fossili e all'aumento delle attività agricole e industriali. L'azoto in eccesso potrebbe avere serie ripercussioni sul clima e, nel contempo, aumenta mediante la contaminazione dell'acqua potabile e delle zone costiere avvenuta per mano dell'uomo. Pubblicato sulla rivista Science, lo studio ha evidenziato che un più ampio ricorso a pratiche sostenibili e comprovate potrebbe contribuire a frenare gli impatti dannosi sull'ambiente. I ricercatori dell'Università della Danimarca meridionale, dell'Università della California, Berkeley e della Rutgers University (entrambe negli Stati Uniti), ritengono che il ciclo dell'azoto che ha ormai alle spalle miliardi di anni converte le forme utili, non biologiche, dell'azoto rilevato nell'atmosfera in una serie di forme utili biologiche necessarie agli organismi per la formazione di proteine, DNA e RNA (acidi deossiribonucleico e ribonucleico) e per la fotosintesi. "Fissazione dell'azoto" è il modo in cui gli esperti definiscono la conversione dell'azoto atmosferico in composti (ad esempio l'ammoniaca) per mezzo di agenti naturali o processi industriali. . La fissazione dell'azoto, insieme ad altri componenti del ciclo dell'azoto, entra poi in circolo in atmosfera, suolo, piante e radici. Questo ciclo favorisce le relazioni tra gli organismi, i microorganismi e le piante. Nel corso del tempo, questo ciclo ha subito delle mutazioni. A controllare il ciclo, al suo avvio, erano processi vulcanici, luminosi e attività biologiche. Dopo 2,5 miliardi di anni i processi microbici si sono evoluti fino a dar forma al moderno ciclo dell'azoto. A partire dal secolo scorso, invece, le attività umane hanno iniziato ad influire sul ciclo dell'azoto. "Negli ultimi 2,5 miliardi di anni non è esistito, in effetti, nessun altro fenomeno che abbia avuto un impatto tanto determinate sul ciclo dell'azoto come l'inserimento, per mano umana, di azoto nel suo stesso ciclo", spiega il professor Paul Falkowski dell'Istituto di studi marini presso la Rutgers University, uno degli autori dello studio. "Nel complesso, le attività umane forniscono una fissazione dell'azoto terrestre di due volte maggiore a quella naturale e contribuiscono a creare circa il 45% dell'azoto biologico utile prodotto annualmente sulla Terra". I dati dimostrano che la larga maggioranza dell'azoto in eccesso evidenziato all'interno dei nostri ecosistemi è stata indotta dall'aumento pari all'800% nell'impiego di fertilizzanti a base di azoto registrato tra il 1960 e il 2000. L'eccesso di azoto è inoltre imputabile all'uso improprio di molti fertilizzanti azotati fatto a livello mondiale. Circa il 60% dell'azoto contenuto nei fertilizzanti non viene assorbito dalle piante e, dunque, viene disperso dalle zone radicali finendo per contaminare, laghi, falde acquifere e aree costiere mediante il processo di eutrofizzazione (un processo indotto da una sovrabbondanza di sostanze nutritive che danneggiano l'ossigeno nell'acqua, causando la morte della vita animale). Riguardo a ciò sta accadendo a livello atmosferico, i ricercatori ritengono che l'ossido di azoto sia un gas a effetto serra con un potere calorifico (per molecola) 300 volte superiore a quello del biossido di carbonio. L'ossido di azoto distrugge l'ozono presente a livello della stratosfera che protegge il nostro pianeta dagli effetti nocivi dei raggi ultravioletti. "Le reazioni naturali indotte dai microorganismi arriveranno probabilmente a produrre un nuovo stato stazionario tra svariate decine di anni", spiega il professor Falkowski. "Attraverso questo stato, l'azoto in eccesso derivante dalle attività antropogeniche verrà rimosso in quantità pari a quelle aggiunte, senza, quindi, creare accumuli". Il team ha identificato tre interventi principali utili a contrastare l'effetto del danno apportato al ciclo dell'azoto. 1) utilizzare una rotazione dei raccolti a carattere sistematico in grado di fornire azoto; 2) ottimizzare le tempistiche e le quantità con cui vengono applicati i fertilizzanti e adottare determinate tecniche di coltivazione o sviluppare piante modificate geneticamente in grado di ottimizzare l'efficienza dell'uso dell'azoto; e 3) utilizzare tecniche di allevamento tradizionali in grado migliorare il potenziale economico delle varietà di grano, orzo e segale.
Paesi
Danimarca, Stati Uniti