È ora di rivisitare il trattamento antiangiogenico per il cancro
Il carcinoma a cellule renali (renal cell carcinoma, RCC) è il più comune tipo di cancro al rene e la sua incidenza è in costante aumento. L’RCC metastatico ha una prognosi scarsa a causa della resistenza alla chemioterapia standard e a un notevole pattern di vascolarizzazione. Inoltre, l’RCC rappresenta un paradigma per il trattamento antiangiogenico ma questo spesso porta alla ricomparsa di metastasi e persino allo sviluppo di nuove nicchie metastatiche. I ricercatori impegnati nel progetto VELYMPH (Investigation of VEGF-C involvement in acquired metastatic properties of renal cell carcinoma following anti-angiogenesis treatments), finanziato dall’UE, hanno ipotizzato che la terapia antiangiogenica potrebbe provocare la fuoriuscita di cellule tumorali attraverso il sistema linfatico, causando così metastasi. Per questo motivo hanno deciso di studiare l’associazione tra trattamento antiangiogenico e fattore di crescita endoteliale C (VEGF-C), un fattore di crescita per le cellule endoteliali vascolari e linfatiche. Sunitinib – meccanismo d’azione Il lavoro di VELYMPH si è concentrato sul sunitinib, un inibitore della chinasi della tirosina di diversi recettori VEGF e una prima linea di farmaci antiangiogenici somministrata a pazienti affetti da RCC. Gli scienziati hanno usato un modello di RCC nei topi e hanno dimostrato che il sunitinib induce uno stress che porta a una più alta espressione di VEG-C nei tumori trattati. Questi alti livelli di VEGF-C erano correlati a una sopravvivenza più breve e a maggiori metastasi. I meccanismi alla base indicavano una stimolazione della trascrizione del gene vegfc e un aumento del periodo di dimezzamento nell’mRNA del VEGF-C. In definitiva questo portava allo sviluppo di vasi linfatici che facilitavano la diffusione metastatica. “I ricettori bersagliati dagli attuali farmaci antiangiogenici sono espresio anche sulle cellule del tumore che alla fine si adattano alla pressione di selezione esercitata dalle cure,” spiega il dott. Pages. “Alla fine, i tumori ricompaiono dopo le cure a causa di questa plasticità genomica delle cellule tumorali.” “La sfida era provare che questo meccanismo operava anche nei pazienti curati con sunitinib,” continua il dott. Pages. A questo fine, i ricercatori hanno collaborato con diversi ospedali per ottenere campioni di pazienti di RCC trattati con sunitinib in un contesto neoadiuvante. L’analisi di questi campioni retrospettivi insieme a cellule primarie di tumori operati ha indicato un aumento della formazione di vasi linfatici e l’invasione dei noduli linfatici. La prossima generazione di farmaci antiangiogenici Lo sviluppo dipendente dal VEGFC di vasi linfatici nell’RCC ha dimostrato chiaramente la capacità delle cellule del cancro di eludere il trattamento antiangiogenico e ha sottolineato il bisogno di un nuovo approccio. I dati di VELYMPH suggeriscono che un’associazione di trattamenti antiangiogenici e anti-VEGFC potrebbe migliorare le probabilità di sopravvivenza a lungo termine per i pazienti affetti da RCC metastatico. “È importante che i nostri risultati siano comunicati per informare i medici che il trattamento antiangiogenico non deve essere usato in un contesto neoadiuvante.” osservano i ricercatori di VELYMPH. In generale, lo studio di VELYMPH ha dimostrato che anche se il sunitinib e la radioterapia hanno rivoluzionato la cura dei malati di RCC, la loro efficienza potrebbe migliorare bersagliando molecole chiave coinvolte nello sviluppo della rete linfatica. Il VEGF-C costituisce un obiettivo terapeutico e un marcatore di previsione dell’elusione delle terapie antiangiogeniche. Migliori strategie di cura per l’RCC e altri tipi di cancro porteranno a migliori risultati clinici e a una riduzione dei costi sanitari.
Parole chiave
Trattamento antiangiogenico, carcinoma a cellule renali, VELYMPH, VEGFC, sunitinib