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Dove finisce il sale degli impianti di desalinizzazione?

La rimozione del sale dall’acqua è una procedura molto diffusa, che fornisce a milioni di persone in tutto il mondo acqua dolce potabile a uso agricolo e industriale. Ma cosa succede al sale di scarto? Lo abbiamo chiesto all’esperta Sandra Casas.

La domanda globale di acqua potabile è in aumento, proprio mentre i cambiamenti climatici ne minacciano l’approvvigionamento. Questi mutamenti aumentano il ricorso alla desalinizzazione, il processo per rimuovere il sale e altri minerali dall’acqua salmastra o marina. Un tempo la desalinizzazione era un’operazione ad alta intensità energetica basata sull’evaporazione, mentre oggi, grazie all’osmosi inversa, esiste un metodo più efficiente per estrarre selettivamente l’acqua dolce dall’acqua salata. Eppure, in entrambi i casi la salamoia di scarto, ovvero l’acqua estremamente salata rimanente, è ancora un problema per gli operatori degli impianti. Se un impianto di desalinizzazione si trova in riva al mare, la salamoia può essere scaricata in acqua in modo relativamente sicuro, con ripercussioni minime sulla flora e sulla fauna locali. A volte, come nel caso dell’impianto di Llobregat vicino a Barcellona, la salamoia è diluita con acqua proveniente da strutture per il trattamento delle acque reflue, riducendo l’impatto ecologico. Per contro, gli impianti lontani dalla costa che raffinano l’acqua salmastra non possono scaricare la salamoia in mare. «Se si concentrano i sali in una falda acquifera, è un grande problema», afferma Casas, attiva presso Eurecat, il Centro tecnologico della Catalogna. «Si introduce molta più salinità, che può influenzare altre fonti d’acqua attraverso la diffusione», aggiunge l’esperta. Recuperare elementi dalla salamoia potrebbe ridurre l’impatto ecologico della desalinizzazione e offrire vantaggi economici. Infatti la salamoia non contiene solo il sale da cucina, ma anche altri elementi preziosi come il magnesio e il litio, nonché «molti metalli in tracce usati nell’industria chimica, farmaceutica e metallurgica, materiali che l’Unione Europea importa e non produce», spiega Casas. Nell’ambito del progetto SEA4VALUE, finanziato dall’UE, Casas ha lavorato con un’équipe di ricerca che ha sviluppato un processo multi-modulare per recuperare dalla salamoia elementi di importanza strategica o critica per l’Unione Europea, come il magnesio, il gallio, il rubidio e il litio. «Abbiamo messo alla prova tecnologie radicali per cercare di recuperarli dagli impianti», spiega Casas. «Abbiamo dimostrato di poter estrarre questi elementi dalla salamoia, ma sono ancora necessarie ulteriori ricerche.» Dopo aver convalidato con successo le tecnologie, oggi l’équipe spera di poter continuare a sviluppare queste idee in progetti futuri. «Il prossimo passo è collaudare la tecnologia su scala più ampia e integrarla con altri elementi che inizialmente non stavamo cercando, per renderla più sostenibile dal punto di vista economico», aggiunge Casas. Per saperne di più sulla ricerca di Sandra Casas, fare clic qui: un processo di estrazione della salamoia modulare e multiminerale

Parole chiave

SEA4VALUE, desalinizzazione, salamoia, elementi, ecologico, tecnologia

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