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Dust and gas in planet forming discs

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Nuove intuizioni sulla formazione dei pianeti

Utilizzando telescopi ad alta risoluzione, i ricercatori sono in grado di fare luce sui misteri che hanno offuscato la nostra comprensione in merito alla nascita dei pianeti.

I pianeti sono un sottoprodotto della formazione stellare: quando nasce una stella si forma un disco protostellare denso costituito da gas e polvere che inizia a orbitare intorno ad essa, ed è all’interno di questo disco che i pianeti iniziano a prendere forma. Sebbene gli scienziati sappiano che questi dischi possiedono sottostrutture complesse che si manifestano principalmente come anelli, pronti per dare l’avvio alla formazione di pianeti, i processi dinamici che avvengono all’interno di tali dischi di polvere e gas sono tuttora un mistero. Tuttavia, grazie al lavoro svolto dal progetto DUSTBUSTERS, finanziato dall’UE, la situazione sta iniziando a cambiare. «Il nostro obiettivo era quello di chiarire le dinamiche dei dischi e approfondire ciò che accade al loro interno», spiega Giuseppe Lodato, ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano, l’ateneo partner che ha coordinato il progetto. «In particolare, ci eravamo prefissi di esaminare le instabilità gravitazionali, la deformazione e la lacerazione dei dischi, la coagulazione della polvere, le interazioni tra pianeti e dischi e l’evoluzione nei sistemi in cui sono presenti stelle binarie.»

Il GI-wiggle e le instabilità gravitazionali

Sfruttando la potenza di telescopi e strumenti ad alta risoluzione come l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), il progetto ha iniziato a studiare le problematiche legate all’interazione dei pianeti neonati con l’ambiente costituito da gas e polvere in cui nascono. Uno di questi temi era lo studio dei dischi autogravitanti. In tal ambito, il progetto ha istituito una task force al fine di studiare la dinamica di questi sistemi e, in una serie di articoli, ha descritto con efficacia il fenomeno denominato «GI-wiggle», ovvero la firma delle instabilità gravitazionali in un disco. Secondo Lodato, questo filone di ricerca ha aperto la strada allo sviluppo di un nuovo metodo di misurazione delle masse dei dischi basato sulle curve di rotazione. «Questi risultati hanno svolto un importante ruolo in relazione all’obiettivo di spostare la nostra attenzione dallo studio dell’emissione di continuum termico dei dischi a quello delle emissioni di linee molecolari, una transizione che, in ultima analisi, ci permette di esplorare in modo più approfondito la cinematica dei dischi stessi», ha dichiarato il ricercatore.

Grandi popolazioni di dischi, ambiente e formazione dei pianeti

Un altro aspetto fondamentale del progetto è stato quello relativo allo studio delle grandi popolazioni di dischi. «Abbiamo sviluppato un metodo innovativo inteso ad analizzare popolazioni sintetiche di dischi, che ci aiuta a comprendere le modalità attraverso cui la turbolenza o i venti magnetici di questi potrebbero esercitare un impatto sull’evoluzione a lungo termine di tali dischi», osserva Lodato. Il progetto, che ha ricevuto il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, ha inoltre analizzato il ruolo svolto dall’ambiente nella formazione dei pianeti, prestando particolare attenzione al modo in cui i dischi possono risultare altamente distorti dalle interazioni con i sistemi associati e con i voli ravvicinati delle stelle.

Una comunità globale di scienziati

Le scoperte scientifiche di DUSTBUSTERS sono rivoluzionarie, ma forse la più grande eredità del progetto è costituita dalla sua comunità globale di scienziati. Congiuntamente, questa comunità composta da 58 scienziati è stata coinvolta in diversi importanti progetti di ricerca internazionali, ha pubblicato oltre 270 articoli scientifici e ha inoltre contribuito alla stesura del libro di riferimento su protostelle e pianeti. «Ciò di cui sono più fiero va al di là dei risultati scientifici immediati e si relazione con la costruzione di una comunità il cui impatto andrà ben oltre il progetto stesso», afferma Lodato, che conclude: «Gli scienziati coinvolti in DUSTBUSTERS hanno la chiara sensazione di far parte di qualcosa di grande, ovvero un’impresa a livello comunitario volta a comprendere la formazione dei pianeti.»

Parole chiave

DUSTBUSTERS, pianeti, formazione di pianeti, telescopi, stelle, GI-wiggle, instabilità gravitazionali, Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, ALMA

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