Nuovi geni si uniscono alla lotta contro il cancro al seno
Uno studio collaborativo internazionale su larga scala sostenuto in parte dai progetti BRIDGES e B-CAST, finanziati dall’UE, ha scoperto nuovi geni associati al cancro al seno, che in futuro potrebbero essere inclusi nei test per identificare le donne con maggiori probabilità di sviluppare questa malattia. Gli esami genetici attuali prendono in considerazione solo alcuni geni di rischio per il cancro al seno, i quali chiariscono solo una piccola parte del rischio genetico. Il nuovo studio ha rivelato l’esistenza di almeno quattro nuovi geni associati a questa patologia e sono state individuate prove dell’esistenza di molti altri geni correlati.
Più conoscenze, migliore assistenza sanitaria
La scoperta porta con sé numerosi vantaggi. In primo luogo, offrirà agli scienziati maggiori informazioni sul rischio genetico di sviluppare il cancro al seno e contribuirà a migliorare la previsione del rischio. Inoltre, fornisce le basi per sviluppare metodi migliori di screening mammografico, di riduzione del rischio e di gestione clinica. Per di più, la scoperta dei nuovi geni potrebbe offrire informazioni importanti sui meccanismi biologici alla base dello sviluppo del cancro, con potenziali implicazioni per nuovi trattamenti. «Migliorare la consulenza genetica per le donne ad alto rischio promuoverà un processo decisionale condiviso relativo alle strategie di riduzione del rischio, allo screening e alla determinazione delle opzioni di trattamento», osserva in un articolo pubblicato su «EurekAlert!» il co-autore dello studio, il prof. Jacques Simard dell’Université Laval in Canada, istituto partner dei progetti BRIDGES e B-CAST. «Sebbene gran parte delle varianti identificate in questi nuovi geni siano rare, i rischi possono essere significativi per le donne che ne sono portatrici», aggiunge il ricercatore. «Ad esempio, le alterazioni in uno dei nuovi geni, MAP3K1, sembrano generare un rischio particolarmente elevato di sviluppare il cancro al seno.» Ai fini dello studio, il gruppo di ricerca ha esaminato le alterazioni di tutti i geni in oltre 26 300 donne con cancro al seno e in più di 217 600 donne senza questa malattia, soggetti partecipanti provenienti da otto paesi europei e asiatici. «È il più grande studio di questo tipo di cui siamo a conoscenza. Il suo svolgimento è stato possibile grazie all’utilizzo di dati ricavati da diversi collaboratori in molti paesi, nonché di quelli pubblicamente disponibili nella Biobanca del Regno Unito», spiega il co-autore dello studio, il prof. Douglas Easton dell’Università di Cambridge, ateneo partner dei progetti BRIDGES e B-CAST. Nonostante si tratti di una scoperta di eccezionale valore (e tempestiva: ottobre è il mese della consapevolezza del cancro al seno), i risultati dovranno essere convalidati all’interno di ulteriori set di dati prima di poter essere utilizzati nella pratica clinica. «Abbiamo bisogno di dati ulteriori per determinare con più precisione il rischio di cancro associato alle varianti di questi geni, al fine di studiare le caratteristiche dei tumori e capire come questi effetti genetici si combinino con altri fattori dello stile di vita che influenzano il rischio di tumore al seno», spiega il prof. Easton. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista «Nature Genetics». I progetti BRIDGES (Breast Cancer Risk after Diagnostic Gene Sequencing) e B-CAST (Breast CAncer STratification: understanding the determinants of risk and prognosis of molecular subtypes) si sono conclusi nel 2021. Per maggiori informazioni, consultare: sito web del progetto BRIDGES progetto B-CAST
Parole chiave
BRIDGES, B-CAST, cancro, cancro al seno, gene, rischio genetico