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Contenuto archiviato il 2024-04-19

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Perché l’immunoterapia non funziona in alcuni pazienti affetti da cancro?

Secondo un nuovo studio, i pazienti oncologici con varianti dell’antigene leucocitario umano di classe I che si legano a un’ampia gamma di peptidi hanno tassi di sopravvivenza peggiori quando sottoposti a immunoterapia.

Il complesso dell’antigene leucocitario umano (Human Leukocyte Antigen, HLA) rappresenta un’importante parte del nostro sistema immunitario. Controllato da geni situati sul cromosoma 6, codifica le proteine della superficie cellulare che svolgono ruoli chiave nella produzione di risposte immunitarie. I geni dell’antigene leucocitario umano presentano un elevato grado di polimorfismo e dispongono di un’ampia varietà di alleli (forme alternative di un gene) che li aiutano a regolare il sistema immunitario. I geni dell’HLA di classe I (HLA-I), il cui ruolo principale consiste nella presentazione di antigeni peptidici al sistema immunitario affinché siano distrutti, modellano la risposta immunitaria del nostro corpo ai patogeni e al cancro. È noto che alcuni alleli dell’HLA-I agiscono come generalisti e possono legarsi a una gamma più ampia di peptidi rispetto agli altri, contribuendo potenzialmente a lottare contro numerose malattie virali. Ma in che modo ciò condiziona la risposta immunitaria al cancro? Alcuni ricercatori sostenuti dai progetti resistance evolution e HCEMM, finanziati dall’UE, hanno ora scoperto che le prognosi di pazienti oncologici con alleli HLA-I che si legano a un’ampia gamma di peptidi sono significativamente peggiori dopo un’inibizione dei checkpoint immunitari. I loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista «Nature Cancer». «Nelle nostre precedenti ricerche abbiamo dimostrato che i generalisti rendono possibile il riconoscimento e la distruzione di più patogeni da parte del sistema immunitario. Ciò è spiegato dalla bassa somiglianza tra le proteine umane e quelle associate al patogeno», ha osservato il dott. Máté Manczinger del Centro ungherese di ricerca biologica, autore principale dello studio, in un articolo pubblicato su «ecancer». «Di conseguenza, i generalisti presentano più autoproteine invano, poiché il sistema immunitario è in grado di distinguere i patogeni dalle cellule umane con facilità. In sintesi, nel caso delle molecole generaliste dell’antigene leucocitario umano, al momento della presentazione dei peptidi prevale la quantità a scapito della qualità, il che provoca un riconoscimento immunitario difettoso dei tumori.»

L’inibizione dei checkpoint immunitari

Le proteine dei checkpoint tengono a freno le risposte immunitarie, impedendo che siano così vigorose da uccidere le cellule sane. A volte, quando le proteine sulla superficie delle cellule T immunitarie si legano a partner proteici sulle cellule tumorali, inviano un segnale di «spegnimento» alle cellule T, interrompendone l’uccisione delle cellule tumorali. I farmaci immunitari definiti inibitori dei checkpoint immunitari impediscono a tali proteine dei checkpoint di legarsi ai loro partner proteici; in questo modo, il segnale di spegnimento non viene inviato e ciò consente alle cellule T di uccidere le cellule tumorali. Tuttavia, molti pazienti oncologici non rispondono all’immunoterapia ed è pertanto cruciale identificare i biomarcatori in grado di prevedere quali pazienti traggono benefici dal trattamento. «Si ha la tendenza a pensare che i generalisti siano benefici in termini di riconoscimento del tumore, perché sono più proni a legarsi e presentano i frammenti proteici mutati delle cellule tumorali; con nostra sorpresa, abbiamo scoperto il contrario. Ci siamo concentrati su pazienti trattati con immunoterapia con inibitori dei checkpoint, dimostrando che, sebbene i generalisti abbiano maggiori probabilità di presentare al sistema immunitario peptidi tumorali mutati, i pazienti affetti da varianti generaliste dell’antigene leucocitario umano hanno tassi di sopravvivenza peggiori», ha osservato il dott. Manczinger. Il motivo consiste nel fatto che i generalisti non sono selettivi e presentano al sistema immunitario sia autopeptidi sia peptidi derivati dalla mutazione tumorale. Incapace di distinguerli, il sistema immunitario identifica le cellule tumorali come sane. Il prossimo passo per le ricerche sostenute dai progetti resistance evolution (Bacterial evolution of hypersensitivity and resistance against antimicrobial peptides) e HCEMM (Establishing the Hungarian Center of Excellence for Molecular Medicine in partnership with EMBL) consiste nell’«indagare se gli individui con molecole generaliste dell’antigene leucocitario umano siano generalmente predisposti a diversi tumori». Per ulteriori informazioni, consultare: progetto resistance evolution sito web del progetto HCEMM

Parole chiave

resistance evolution, HCEMM, antigene leucocitario umano, HLA-I, gene, peptide, proteina, cellula, cancro, sistema immunitario, inibizione dei checkpoint immunitari, generalisti

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