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A cultural history of comparative art practices and receptions in Cold War Europe (1945-1991)

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Invertire la narrativa del consenso sulle pratiche artistiche della Guerra fredda

È comune descrivere i tempi di conflitto come dominati da restrizioni limitanti la diffusione artistica. Sfatando questa prospettiva, la ricerca finanziata dall’UE fa luce su come gli artisti europei durante la Guerra fredda hanno approfittato del confronto culturale per far progredire la loro arte e ispirarsi a vicenda attraverso divergenze ideologiche.

Gli studi sulla Guerra fredda adottano tipicamente una prospettiva di confronto e isolamento: L’Europa era divisa in due, con la cortina di ferro che attraversava il cuore del continente creando un divario est-ovest con pochi scambi tra le due parti. La ricerca pionieristica, finanziata dall’UE, smentisce questa narrativa di consenso sull’Europa della Guerra fredda. Focalizzandosi su artisti selezionati provenienti dai due stati tedeschi, dall’Italia, dall’Unione Sovietica e dalla Jugoslavia, il progetto GYSIART ha confrontato le pratiche artistiche in Europa durante la Guerra fredda, con l’obiettivo di sfidare l’idea che le differenze ideologiche costituissero ostacoli alla pratica artistica e impedissero gli scambi culturali. «L’idea centrale di GYSIART», spiega Matteo Bertelé, coordinatore del progetto e borsista del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, «era di insistere sulla cosiddetta porosità della cortina di ferro, evidenziando l’impatto produttivo e gli esiti della Guerra fredda culturale sulle arti all’interno dell’Europa divisa». In altri termini, il progetto intendeva dimostrare la qualità penetrabile della cortina di ferro e l’ispirazione transfrontaliera che ne è scaturita, invertendo la narrativa della Guerra fredda come attinente soltanto all’isolazionismo e all’antagonismo.

Adattamento culturale e integrità artistica non si escludono a vicenda

I sette artisti studiati da Bertelé hanno confutato i presupposti chiari dei loro specifici contesti politici e culturali, adattando la loro arte per incorporare la complessità e le sfumature della Guerra fredda. Tuttavia, non rifiutarono completamente la natura binaria della guerra: riconobbero dualità e opposizione come caratteristiche attuali del loro tempo, usandole intenzionalmente a proprio vantaggio. Lo scultore russo-americano Ernst Neizvestny, nato e cresciuto in Unione Sovietica ed emigrato negli Stati Uniti attraverso l’Europa occidentale nel 1976, ne è un esempio. «Ernst Neizvestny non ha mai ripudiato il comunismo di per sé», spiega Bertelé. «Al contrario, ha praticato il suo credo rivoluzionario ed egualitario attraverso il suo impegno per l’arte pubblica monumentale». In questo modo gli artisti si sono impegnati attivamente con il loro contesto, facendo attenzione a non travalicare le rigide regole e condizioni fissate dagli organi politici e dalle istituzioni artistiche. Bertelé ha anche cercato di contrastare la nozione occidentale comunemente accettata di arte in quel momento «elevata» e presumibilmente apolitica, dimostrando che, al contrario, gli artisti hanno effettivamente preso posizione all’interno dei dibattiti culturali e politici dell’epoca. «Non rivendicavano alcuna purezza nella loro pratica né aspiravano allo status di eroe d’avanguardia», afferma Bertelé. Invece, hanno abilmente sfruttato le circostanze date per ottenere uno status più elevato e una più ampia esposizione per la loro arte. «Ernst Neizvestny e Lev Nusberg sono stati celebrati nell’Europa occidentale come artisti non ufficiali e persino dissidenti, nonostante abbiano ottenuto diverse commissioni statali in patria», osserva Bertelé. In questo modo, GYSIART mette in luce i fraintendimenti ideologici e i relativi vantaggi pragmatici del confronto politico. Senza rinunciare alla loro integrità, gli artisti sono stati in grado di adattare le loro pratiche alla situazione in esame, trarne vantaggio e far progredire la loro arte.

Le influenze transfrontaliere nell’Europa della Guerra fredda in mostra

Nel mettere in discussione miti e pregiudizi al centro del progetto, Bertelé ha pubblicato articoli in diverse riviste accademiche. Concentrandosi su ciascuno dei sette artisti ed evidenziando le connessioni transfrontaliere e i valori condivisi tra di loro, egli ha dimostrato i casi significativi di scambio culturale che hanno avuto luogo in un’Europa divisa. Questi articoli sono stati ulteriormente contestualizzati e implementati all’interno della monografia «Arte sovietica alla Biennale di Venezia (1924-1962)», pubblicata nel 2020.

Parole chiave

GYSIART, Guerra fredda, cortina di ferro, Ernst Neizvestny, scambio culturale, pratica artistica

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