Studi geologici e geofisici sulla sub-superficie di Marte sono pronti a svelare intriganti indizi sulla formazione dei pianeti rocciosi
Nel novembre del 2018, il veicolo d’atterraggio InSight ha penetrato l’atmosfera marziana per poi appoggiarsi su una piatta e liscia distesa di lava chiamata Elysium Planitia. La missione punta a scoprire le modalità di formazione di un corpo roccioso e la sua evoluzione sino a diventare un pianeta, un obiettivo che intende raggiungere approfondendo la struttura e la composizione interna del Pianeta Rosso. Le missioni effettuate finora su Marte hanno studiato lo sviluppo cronologico della sua superficie mediante l’analisi di formazioni quali canyon, vulcani, rocce e terreni. Ad oggi, quindi, sono poche le conoscenze a nostra disposizione su ciò che avviene qualche chilometro al di sotto di questa superficie. «La struttura interna di Marte rappresenta la testimonianza di come il pianeta si sia evoluto in modo diverso dalla Terra nel corso del tempo. Le informazioni da essa ricavate possono inoltre essere utilizzate per prevedere la composizione degli esopianeti rocciosi che si ritiene abbiano caratteristiche interne simili a quelle di Marte», sottolinea Lu Pan, coordinatrice del progetto di ricerca GeoInSight, finanziato dall’UE e intrapreso con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie.
Un approfondimento riguardo al funzionamento interno del Pianeta Rosso
Il nuovo abitante robotico di Marte è il primo esploratore in veste di robot che impiega strumenti all’avanguardia per approfondire ciò che si trova al di sotto della superficie di questo pianeta, così da consentire la realizzazione di studi dettagliati sul suo interno. La suite di sismometri ipersensibili della sonda ha ad oggi rilevato molti episodi sismici e per oltre 300 di essi ne è stata confermata la natura di «marsquake» (letteralmente, terremoto su Marte) di magnitudo fino a 3-4, sulla base di una scala sviluppata dagli esperti di attività sismiche marziane. Le onde sismiche prodotte da un terremoto si propagano come raggi di luce: esse vengono intrappolate, riflesse e rifratte in diverse direzioni. Vari materiali interagiscono con le onde secondo diverse modalità, originando forme d’onda complesse. «L’utilizzo dei dati spettroscopici relativi alla superficie marziana contribuisce a determinare la tipologia e la composizione delle rocce e a stimare fino a che profondità esse possano giungere al di sotto del veicolo d’atterraggio. Queste informazioni potrebbero potenzialmente spiegare alcuni aspetti delle forme d’onda sismiche registrate tramite i sismometri di InSight», spiega Pan. I ricercatori di GeoInSight ritengono probabile che i primi chilometri della crosta ospitino regioni complesse dal punto di vista strutturale. In base a quanto da loro scoperto, esistono strutture della crosta composte da depositi sedimentari intercalati al di sotto delle colate laviche in prossimità del sito di atterraggio. «Queste eterogeneità nella crosta marziana possono creare una zona a bassa velocità o incrementare la diffusione delle onde sismiche, alterare le forme d’onda sismiche e rendere più complessa l’interpretazione dei dati sismici raccolti dallo strumento della sonda», aggiunge Pan. Sebbene gli scienziati siano entusiasti delle scosse rilevate sottoterra, vorrebbero che i marsquake fossero più potenti. I ricercatori si aspettano di registrare molti altri terremoti nel corso della missione e si augurano che alcuni di essi raggiungano magnitudo pari a 5 o 6, intensità che libererebbero un’energia così forte da rivelare i dettagli necessari a svelare i segreti celati all’interno del nucleo di Marte.
Firme spettrali sul sito di atterraggio
La spettroscopia ha svolto un ruolo fondamentale nelle missioni volte all’esplorazione di Marte, confermando altresì la presenza di vari minerali idrati sulla superficie marziana. In questa spedizione, i ricercatori di GeoInSight hanno utilizzato lo spettrometro di ricognizione per orbite compatto di Marte (CRISM, Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars), uno spettrometro a infrarossi visibili montato a bordo del satellite che orbita intorno al pianeta sin dal 2006. L’analisi dei dati spettrali orbitali su più di 90 immagini spettrali a infrarossi a onda corta e la loro ulteriore elaborazione allo scopo di ridurre il rumore e gli artefatti hanno aiutato i ricercatori a svelare nuove informazioni sul tipo di materiali e rocce presenti sulla superficie marziana. La missione di InSight non può essere considerata solamente una missione su Marte, ma piuttosto una missione relativa all’intero sistema solare. I risultati riportati da GeoInSight e i futuri dati geofisici ricavati nell’ambito del progetto aiuteranno a svelare indizi in merito alla formazione dei pianeti rocciosi e, in particolare, alla ragione per cui Venere, la Terra e Marte abbiano avuto destini differenti nel corso dell’evoluzione planetaria.
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