La mancanza di pratica si ripercuote sulla capacità di apprendimento
La popolazione attiva dell'Unione europea diminuirà di 9 punti percentuali entro il 2030 e gli esperti prevedono una riduzione anche del lavoro qualificato. Una ricerca svolta recentemente suggerisce che aumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori più anziani è la chiave per controbilanciare gli effetti di una forza lavoro che invecchia e diminuisce in quantità. I ricercatori della Jacobs Universität (Germania) e dell'Istituto Adecco (Regno Unito) hanno scoperto che mentre le aziende tendono a investire meno nei lavoratori più anziani, questi presentano una volontà di migliorare le proprie competenze pari a quella dei colleghi più giovani. Sono due i fattori che hanno un impatto negativo sull'integrazione dei collaboratori più maturi nella forza lavoro: da un lato la mancanza di un sistema di apprendimento continuo che consenta a questi lavoratori di essere motivati, produttivi e ricettivi, dall'altro l'esistenza di stereotipi sull'età. Secondo i ricercatori, la formazione continua è prevista per il 25% dei lavoratori di età compresa tra i 55 e i 64 anni nell'Unione europea e per il 34% della popolazione attiva totale. Tuttavia, gli studi effettuati recentemente indicano che il 50% dei lavoratori più anziani vorrebbe poter partecipare alla formazione continua in modo tale da sviluppare le proprie competenze professionali e migliorare le proprie prospettive di carriera. Ma se questa categoria di lavoratori ha la volontà e la capacità di formarsi, allora perché le aziende non investono in questa categoria e in modo specifico nella loro formazione? I ricercatori hanno dichiarato che le aziende ritengono che le capacità cognitive diminuiscano progressivamente con l'avanzare dell'età e che i lavoratori più anziani imparino più lentamente e siano meno flessibili, che abbiano delle carenze sotto il profilo informatico nonché che ottengano risultati inferiori nella formazione. Vi è una differenza nel modo in cui le aziende percepiscono i collaboratori più anziani rispetto a quelli più giovani: le aziende ritengono che i primi presentino morale professionale, consapevolezza della qualità e lealtà, mentre credono che i secondi presentino un maggiore grado di flessibilità, abbiano maggiori capacità di apprendimento e una creatività più spiccata. Negli studi condotti dai ricercatori della Jacobs Universität viene evidenziato un punto a sfavore dei lavoratori più in là con gli anni: hanno "disimparato ad imparare". Col passare del tempo è possibile, infatti, perdere la capacità di apprendimento e le conoscenze acquisite - affermano i ricercatori - e i lavoratori più anziani hanno timori maggiori ad apprendere nuove competenze e presentano un grado di sicurezza inferiore rispetto alle proprie capacità di apprendimento e al proprio know-how. La mancanza di formazione ha un impatto significativo su questi collaboratori poiché diminuisce la capacità di apprendere informazioni, si allungano i tempi di reazione e vi è una riduzione della mobilità e delle prestazioni legate al tempo. I ricercatori affermano che per queste competenze è necessaria un'intelligenza "fluida". L'intelligenza fluida - ovvero la capacità di individuare il significato in situazioni di confusione e la capacità di risolvere nuovi problemi - diminuisce con l'avanzare dell'età, lasciando spazio all'intelligenza cristallizzata, ovvero la capacità di utilizzare competenze, conoscenze ed esperienze. Questo ultimo studio dimostra che alla radice del problema della capacità di apprendimento vi è la mancanza di pratica, non il fattore età. Secondo il team, se il cervello viene "allenato" in modo continuativo, è possibile imparare a prescindere dall'età del soggetto. "Una delle sfide più importanti del XXI secolo per l'Europa è trovare il modo di reagire all'invecchiamento demografico ottimizzando l'integrazione dei collaboratori più in anziani nel mercato del lavoro così come prestando attenzione ai lavoratori più giovani," ha spiegato il dottor Wolfgang Clement, presidente dell'Istituto Adecco nonché ex ministro tedesco dell'Economia e del lavoro. "Il presupposto necessario per garantire l'integrazione dei lavoratori più anziani è mantenere e sviluppare la loro possibilità di inserimento nel mercato del lavoro mediante l'acquisizione continua di competenze nel corso della vita professionale". Questo riguarda sia i collaboratori che le aziende, poiché solo un numero limitato di queste ultime ritiene che i collaboratori più anziani siano interessati e portati per la formazione," ha aggiunto. "I diffusi stereotipi negativi sull'età, privi di qualsiasi fondamento scientifico, dissuadono lavoratori e aziende dall'investire nella formazione continua e dallo sviluppare metodologie formative 'cucite su misura' in base alle esigenze specifiche e alle competenze di ogni gruppo d'età". Infine, i lavoratori più anziani trarrebbero grande vantaggio dalla formazione continua e le aziende avrebbero collaboratori, più e meno giovani, con un maggiore livello di competenze e motivazione.
Paesi
Germania, Regno Unito