La tecnologia PEF di prossima generazione promette alimenti più sicuri e più sani a un costo inferiore
Il progetto FieldFOOD (Integration of PEF in food processing for improving food quality, safety and competitiveness) trova le sue radici in quello che potremmo definire un paradosso. Da un lato, il PEF è estremamente allettante: può prevenire l’impatto negativo del riscaldamento associato ad altre tecnologie di trasformazione alimentare, riduce il fabbisogno energetico e il consumo di acqua e fornisce alimenti più sicuri e più salubri, con una maggiore durata. Ma dall’altro, ci sono ancora ostacoli per una sua diffusione. Oltre al suo impiego nella trasformazione delle patate e nella pastorizzazione di succhi e frullati di frutta, la tecnologia non ha ancora raggiunto il successo atteso. «Il punto di partenza della nostra proposta era condurre un’indagine che coinvolgesse tutti i partner del progetto, per identificare le strozzature che impedivano l’introduzione della tecnologia. Queste includevano il fatto che il trattamento PEF era concepito per sostituire, invece di integrare, le attuali tecnologie di trasformazione alimentare, la mancanza di un approccio sistematico alla sua integrazione, i sistemi industriali in ritardo rispetto ai requisiti degli utenti finali e gli alti costi associati ai generatori PEF esistenti», spiega il prof. Javier Raso, coordinatore di FieldFOOD per conto dell’Università di Saragozza. Per superare questi problemi, il prof. Raso e il suo team hanno condotto un’analisi sistematica del processo per applicazioni quali la trasformazione del succo di frutta, la trasformazione del pomodoro, la vinificazione, l’estrazione dell’olio d’oliva e la produzione di sidro. Hanno identificato i requisiti specifici di tutti questi settori e progettato generatori di impulsi modulari, portatili e a basso costo e fasi e parametri di trasformazione modificati per introdurre con successo questi generatori nella linea di trasformazione. «La nostra tecnologia è distante chilometri dalle sue costose, ingombranti e pesanti controparti. È portatile, consente di adattare rapidamente il processo a seconda del prodotto da trattare ed è abbastanza piccola da essere integrata nelle linee di produzione esistenti senza necessità di importanti interventi di ristrutturazione», afferma il prof. Raso. «Permette anche un sistema di noleggio, evitando così la necessità di ingenti investimenti di capitale che alcune aziende, in particolare le PMI, troverebbero difficili da impegnare». Nel caso della vinificazione, è stato riscontrato che il trattamento PEF con tecnologia FieldFOOD ha dimezzato il tempo di macerazione e prodotto un vino più fruttato. L’energia richiesta per la fase di peeling fisico è stata ridotta del 20 % e, nel caso di olio e succhi di frutta, l’estrazione è migliorata fino al 5 %. La tecnologia è stata provata con successo in uno stabilimento pilota, una dimostrazione che ha anche aiutato il consorzio a individuare margini di miglioramento verso una più facile introduzione sul mercato. «Stiamo anche seguendo la nostra ricerca sul know-how adatto generato in FieldFOOD, per valutare la fattibilità industriale dell’applicazione del PEF non solo su altre applicazioni dell’industria alimentare, ma anche su altri settori come le industrie farmaceutiche o biotecnologiche», conclude il prof. Raso.
Parole chiave
FieldFood, campo elettrico pulsato, PEF, decontaminazione alimentare, trasformazione alimentare