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Spianare la strada per un’economia circolare della plastica

Come possiamo trasformare i rifiuti di imballaggio di plastica a base di combustibili fossili in materia prima per bioplastiche biodegradabili? Un progetto sostenuto dall’UE ci mostra la strada.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

Esiste una buona ragione per cui l’inquinamento da plastica è diventato un tema così scottante: oltre il 98 % della plastica è attualmente prodotto da fonti non rinnovabili e anche quella a base biologica non è tutta riciclabile o biodegradabile. Ciò ha comportato problemi di gestione dei rifiuti e gravi ripercussioni ambientali, soprattutto a causa dell’uso di due colpevoli comunemente utilizzati negli imballaggi di plastica: il polietilene (PE) e il polietilene tereftalato (PET). Dal suo avvio nel 2020, il progetto upPE-T, finanziato dall’UE, ha cercato di superare questa sfida trasformando i rifiuti di imballaggio di PE e PET in una bioplastica che può essere utilizzata per imballaggi biodegradabili. Come riportato in un recente articolo pubblicato sul sito web «Innovation News Network», upPE-T ha creato una catena del valore per l’upcycling dei rifiuti di imballaggio di plastica. La catena del valore segue i criteri dell’economia circolare. Questa coinvolge «processi biotecnologici collegati in un ciclo chiuso, dal rifiuto al prodotto di alto valore, con zero rifiuti e utilizzando materie prime secondarie». Il processo di upcycling di upPE-T prevede due fasi, il pretrattamento dei rifiuti polimerici e l’ingegneria enzimatica. Alcuni partner del progetto hanno sviluppato pretrattamenti volti a rendere i rifiuti di PE e PET più suscettibili all’attacco degli enzimi. Altri partner sono alla ricerca di nuovi enzimi che siano catalizzatori migliori e più stabili termicamente per migliorare le prestazioni degli enzimi attualmente in uso.

Ottimizzare e scalare

«Le diverse varianti del nuovo enzima sono state clonate, prodotte, purificate e successivamente testate su scala di laboratorio per valutare la loro attività di degradazione», riporta l’articolo. «La sinergia e la degradazione a cascata ottenuta utilizzando più enzimi si è dimostrata la strategia migliore per raggiungere gli obiettivi di efficienza dei processi di degradazione dei polimeri.» Un partner tedesco sta lavorando per avvicinare il processo di upcycling enzimatico alla scala industriale. Una parte importante di questa fase di ampliamento è il recupero dei sottoprodotti: l’obiettivo finale è quello di un ricircolo dell’acqua al 100 % e del recupero degli enzimi. Ciò contribuirà a ridurre i costi e l’impatto ambientale complessivo. I prodotti derivanti dalla degradazione enzimatica di PE e PET saranno convertiti in materie prime secondarie utilizzate per la produzione e l’estrazione verde di poli(3-idrossibutirrato-co-3-idrossivalerato), un polimero comunemente noto come PHBV. «Attualmente stiamo ampliando la scala del processo di fermentazione per la produzione della polvere di PHBV», si legge nell’articolo. I team spagnoli del progetto stanno sviluppando una fabbrica delle cellule per la produzione di PHBV da rifiuti industriali e materie prime secondarie, utilizzando microrganismi alofili chiamati Haloferax mediterranei. «Due diversi tipi di rifiuti sono stati testati come fonte di carbonio e azoto per la produzione di PHBV da parte di Haloferax mediterranei: la biomassa ottenuta nella bioconversione del TPA (prodotto di degradazione dei rifiuti di PET) e i rifiuti ricchi di zucchero dell’industria delle caramelle.» I partner si stanno anche concentrando sullo sviluppo di formulazioni biodegradabili con il PHBV prodotto nella fabbrica di cellule upPE-T. Rispetto ad altri polimeri biodegradabili, questo materiale presenta il vantaggio di non essere sintetico e di essere biodegradabile nel suolo, nell’acqua dolce e nell’acqua di mare. Tra le altre attività figurano lo studio di come l’aggiunta di PHBV ad altre plastiche biodegradabili influisca sulle loro proprietà meccaniche e sulla biodegradazione, e il miglioramento delle proprietà barriera delle plastiche biodegradabili utilizzando le nanotecnologie. Diversi partner si stanno inoltre dedicando alla valutazione dell’impatto ambientale dei processi sviluppati nell’ambito di upPE-T (Upcycling of PE and PET wastes to generate biodegradable bioplastics for food and drink packaging). Il progetto si concluderà a ottobre 2024. Per maggiori informazioni, consultare: sito web del progetto upPE-T

Parole chiave

upPE-T, plastica, imballaggio, polietilene, polietilene tereftalato, PET, economia circolare, enzima, polimero

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