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Contenuto archiviato il 2024-04-19

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I sette sintomi della COVID-19 da tenere d’occhio

Un nuovo studio ha identificato sette sintomi che, se presenti contemporaneamente, possono migliorare l’individuazione dell’infezione da COVID-19 nella comunità.

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Una lezione che tutti abbiamo appreso dall’inizio della pandemia di COVID-19 è che identificare e isolare rapidamente gli individui infetti e i loro contatti è fondamentale per controllare la diffusione del virus SARS-CoV-2. Sebbene a tal scopo sia stata individuata una serie di sintomi associati, finora non è stato chiaro quali siano i sintomi che meglio individuano la malattia, un’informazione vitale quando i test sono limitati. Un team di ricercatori supportato in parte dal progetto EXPANSE, finanziato dall’UE, ha ora identificato una serie di sette sintomi che, se considerati insieme, ottimizzano l’individuazione di COVID-19 nella comunità. Le loro scoperte sono state pubblicate nella rivista sottoposta a revisione paritaria e a libero accesso «PLOS Medicine». Nei paesi in cui la capacità di effettuare test è limitata, i test disponibili devono essere usati nel modo più efficiente possibile. Per identificare i sintomi chiave che possono agevolare questo processo, i ricercatori hanno raccolto i dati di oltre 1 milione di persone con risultati di test positivi alla reazione a catena della polimerasi (PCR) della SARS-CoV-2 tra giugno 2020 e gennaio 2021. I dati sono stati raccolti nel corso di otto cicli di test nel quadro di uno studio britannico chiamato REal-time Assessment of Community Transmission-1, che si avvale di test a domicilio per migliorare la comprensione della progressione della pandemia in Inghilterra.

I sette sintomi identificati

Per la loro ricerca, il team ha raccolto i tamponi nasali e faringei da 1 147 370 volontari di età pari o superiore ai 5 anni, 6 450 dei quali sono risultati positivi. Ai partecipanti è stato chiesto di descrivere i propri sintomi nella settimana precedente al test. Dei 26 sintomi analizzati, 7 sono stati identificati come congiuntamente predittivi della positività alla PCR per il virus di tipo selvatico. Variando solo marginalmente tra i gruppi di età, questi sintomi includevano perdita o variazione dell’olfatto, perdita o variazione del senso del gusto, febbre, nuova tosse persistente, brividi, perdita di appetito e dolori muscolari. Gli stessi sintomi, e in misura minore il mal di gola, sono stati riscontrati quali indicatori dell’infezione con la variante Alpha (B.1.1.7). «In sintesi, abbiamo dimostrato che l’uso di una combinazione di 7 sintomi per determinare l’idoneità al test ottimizzerebbe il tasso di rilevamento dei casi nelle comunità soggette a vincoli di capacità di test, come quelli cui ha dovuto far fronte l’Inghilterra tra giugno 2020 e gennaio 2021. Ciò ha rilevanza politica nei paesi in cui la capacità di test è limitata. Abbiamo identificato la stessa serie di sintomi per prevedere la B.1.1.7 che da aprile 2021 è diventata il lignaggio predominante nel Regno Unito, negli USA e in molti altri paesi del mondo», scrivono gli autori nel loro studio. Il Regno Unito attualmente si avvale di una serie ristretta di quattro sintomi per determinare l’idoneità al test PCR comunitario. «Questi risultati suggeriscono che molte persone con COVID-19 non verranno testate e quindi non si auto-isoleranno, perché i loro sintomi non corrispondono a quelli riportati sulle attuali linee guida sanitarie per aiutare a identificare le persone infette», osserva in un comunicato stampa l’autore senior congiunto, il Prof. Paul Elliott dell’Imperial College London nel Regno Unito, partner del progetto EXPANSE. «Comprendiamo che c’è bisogno di criteri di analisi chiari e che includere molti sintomi che si trovano comunemente in altre malattie come l’influenza stagionale potrebbe creare il rischio che le persone si autoisolino inutilmente. Mi auguro che le nostre scoperte sui sintomi più informativi permettano ai programmi di test di trarre vantaggio dalle prove disponibili, migliorando l’individuazione delle persone infette.» EXPANSE (EXposome Powered tools for healthy living in urbAN SEttings) è coordinato dall’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi. Il progetto, della durata di quattro anni, si concluderà nel dicembre 2024. Per maggiori informazioni, consultare: sito web del progetto EXPANSE

Parole chiave

EXPANSE, COVID-19, SARS-CoV-2, pandemia, B.1.1.7, sintomi, test, reazione a catena della polimerasi, PCR, coronavirus

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