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Planetary Mapping

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Mappe migliori per un’esplorazione dello spazio potenziata

L’Agenzia spaziale europea ha rivolto l’attenzione su Marte e sulla Luna; tuttavia, per effettuare missioni di successo è necessario disporre di mappe geologiche, strumenti che vengono attualmente prodotti quasi esclusivamente negli Stati Uniti. Il progetto PLANMAP ha riunito diversi esperti allo scopo di ridurre il ritardo dell’Europa in tal senso ed è riuscito a coronare i propri sforzi concependo mappe ancora più avanzate.

Si dice che stia per iniziare una nuova corsa allo spazio, e i programmi relativi al futuro della sua esplorazione da parte sia dell’Agenzia spaziale europea (ESA) che della NASA tendono a confermare questa voce. Ma cosa può fare un esploratore, senza avere a disposizione una buona mappa? Sebbene le mappe geografiche dei corpi planetari vengano disegnate sin dai tempi delle missioni del programma Apollo, finora solo lo United States Geological Survey (USGS) è stato in grado di produrle in modo sistematico, il che rappresenta una situazione di cui l’UE non può accontentarsi se intende realizzare le proprie ambizioni nell’ambito del settore spaziale. Matteo Massironi, planetologo attivo presso l’Università di Padova, effettua un raffronto con le mappe geologiche della Terra. Secondo lo scienziato, un paese che non disponga di una mappa geologica, e pertanto che sia privo di conoscenze in merito alle sue risorse, pericoli, rischi e caratteristiche ambientali, è una terra perduta. Lo stesso vale per le scienze planetarie. «Qualsiasi missione planetaria che non preveda la produzione di mappe geologiche corre un serio rischio di insuccesso. Come un paese ignaro del proprio territorio, l’Europa potrebbe diventare ignara dei propri risultati ottenuti nell’esplorazione planetaria. Lascerebbe ad altri i frutti dei propri sforzi tecnologici e, nel lungo periodo, ciò potrebbe ostacolare gravemente la competitività dei programmi europei di esplorazione del sistema solare incentrati sui corpi ghiacciati e rocciosi.» Questo problema non verrà risolto in tempi molto brevi, ma Massironi e i partner del progetto PLANMAP (Planetary Mapping) hanno piantato i semi che consentiranno di raggiungere questo obiettivo. Il progetto, che ha riunito varie istituzioni europee impegnate nella produzione di mappe geologiche planetarie e prodotti derivati, ha concepito modalità innovative per riuscirci. «Sin dai tempi delle missioni di Apollo, la mappatura geologica planetaria viene effettuata grazie all’impiego di un approccio fotointerpretativo con immagini in bianco e nero, una tecnica che per natura circoscrive la definizione delle unità geologiche a considerazioni di tipo morfologico. A titolo di confronto, le unità geologiche sulla Terra vengono definite anche da altri parametri, i più importanti dei quali sono la litologia e la composizione. In altri termini, sussiste un importante divario concettuale effettivo tra le mappe tradizionali dei pianeti e le mappe geologiche della Terra», spiega Massironi.

Nuove tecniche e nuove mappe

PLANMAP colma parzialmente questo divario integrando informazioni sullo spettro e sul colore nelle mappe morfo-stratigrafiche. Ma non si limita a ciò: Il team del progetto ha preso in prestito metodologie impiegate da imprese che si occupano di sfruttamento delle risorse sulla Terra per ricostruire modelli tridimensionali del sottosuolo e ha sviluppato strumenti per recuperare misurazioni geologiche in ambienti virtuali marziani grazie ai set di dati ricavati dal rover Curiosity. «Questo sarà il futuro per l’analisi geologica delle superfici planetarie e per la futura formazione degli astronauti e dei disegnatori di mappe geologiche planetarie», osserva Massironi. Oltre che con queste scoperte, PLANMAP ha contribuito alla ricerca planetaria globale creando mappe di aree specifiche del sistema solare. I membri del progetto hanno altresì realizzato una mappa geologica tradizionale del bacino del Polo Sud-Aitken, che costituisce un obiettivo primario per la futura esplorazione robotica e umana della Luna. Essi hanno effettuato la propria innovativa integrazione di criteri morfologici e informazioni spettrali nella mappa del bacino Rachmaninoff su Mercurio; inoltre, hanno prodotto modelli geologici tridimensionali del cratere Crommelin situato sulla formazione marziana dell’Arabia Terra, del bacino Rembrandt su Mercurio e dell’interno della Cometa 67P. In risposta ai risultati generati dal progetto, l’ESA ha già iniziato a raccogliere mappe geologiche di corpi planetari e a creare archivi. L’Agenzia spaziale italiana sta attualmente aggiornando il proprio strumento web scientifico MATISSE dotandolo della capacità di sfruttare informazioni semantiche ottenute tramite mappe geologiche planetarie. Dal canto loro, le indagini geologiche italiane e tedesche stanno ora prendendo in considerazione le mappe planetarie geologiche quali potenziali fonti di sviluppo futuro. Ora che PLANMAP è giunto alla conclusione, un nuovo progetto chiamato GMAP incentiverà le attività di mappatura geologica planetaria in Europa e fornirà un accesso virtuale a servizi e strumenti per la cartografia planetaria, mentre un progetto gemello è stato avviato in Cina. Nel prossimo futuro, Massironi si augura che PLANMAP possa contribuire a istituire un vero Servizio geologico planetario europeo.

Parole chiave

PLANMAP, mappa planetaria, mappa geologica, oggetto planetario, Luna, Marte, esplorazione dello spazio, ESA

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