Essere queer e polacchi nella Gran Bretagna della Brexit
È difficile stimare quanti polacchi siano emigrati nel Regno Unito dopo l’allargamento dell’UE nel 2004, ma secondo il British Office for National Statistics, alla fine del 2018 erano circa in 905 000 a risiedere in tal paese. Almeno alcuni di quei migranti erano LGBTQ, ma non esistono statistiche attendibili sul loro numero o sulle specifiche sfide da loro affrontate. Il progetto dell’UE FACELOOK ha condotto il primo studio di questo tipo sul modo in cui i polacchi LGBTQ percepiscono la loro identità nella Gran Bretagna contemporanea. «Mentre ci sono molte ricerche sull’esodo polacco nel Regno Unito, la ricerca su larga scala sulle esperienze degli LGBTQ polacchi nel Regno Unito è quasi inesistente», afferma Lukasz Szulc, docente in Media digitali e Società presso l’Università di Sheffield. Con il supporto del programma Marie Skłodowska-Curie e sotto la supervisione di Myria Georgiou, professoressa presso l’LSE, Szulc ha sottoposto l’indagine online a quasi 800 persone e condotto 30 interviste approfondite. Questo mese, Szulc ha pubblicato i risultati in «Queer #PolesinUK: Identity, Migration and Social Media». FACELOOK ha scoperto che questi migranti vengono ignorati quando si parla del popolo polacco nel Regno Unito e persino nelle indagini sugli LGBTQ. In parte, il motivo è che il popolo polacco viene percepito come cattolico, conservativo, sessista e omofobico, in accordo con visioni analoghe del partito al governo in Polonia. «Tale percezione lascia ben poco spazio al riconoscimento di vite, esperienze e sfide degli LGBTQ polacchi nel Regno Unito» afferma Szulc. In realtà, un quarto dei partecipanti all’indagine ha affermato che le problematiche legate alla situazione dei LGBTQ sono state uno o il principale dei motivi per tentare una nuova vita nel Regno Unito, dove il matrimonio con persone dello stesso sesso è legale. «Mentre hanno caratterizzato la Polonia con associazioni negative quali “omofobia”, “intolleranza” e “mancanza di accettazione”, hanno attribuito associazioni più positive al Regno Unito, tra le quali “apertura”, “tolleranza” e “libertà”, scrive Szulc.
Un’atmosfera velenosa
Ma i polacchi intervistati hanno raccontato anche la xenofobia subita di persona e sui social media in seguito al referendum per la Brexit. Sconosciuti, vicini e colleghi hanno pronunciato qualche “torna al tuo paese” o “il servizio sanitario nazionale (NHS, National Health Service) sarà solo per il popolo britannico”. Szulc ha constatato con sorpresa che la maggioranza intende rimanere, forse perché hanno costruito la loro vita e formato la loro identità nel Regno Unito, aiutati dall’apprendimento di nuovi termini sui social media: «Un numero significativo di giovani intervistati rifiuta per tali identità definizioni quali “gay” e “lesbiche” e per esse adotta definizioni più liquide, non binarie, come “sessualità fluida” e “pansessuale”». Szulc ha presentato le storie di vita di alcuni degli intervistati nella manifestazione culturale svoltasi a Londra e Sheffield che ha riunito il grande pubblico con LGBTQ polacchi, artisti e DJ. Szulc auspica che FACELOOK inizi a dare maggior voce agli LGBTQ polacchi in Polonia e nel Regno Unito e desidera che la prospettiva dei migranti queer sia inclusa nel piano d’azione LGBT proposto dal Government Equalities Office del Regno Unito. Szulc si augura inoltre di vedere concretizzata una legislazione a favore degli LGBTQ in Polonia: «È davvero straziante parlare con LGBTQ polacchi nel Regno Unito e sentirli dire che vorrebbero vivere in Polonia con le loro famiglie, che amano la Polonia, ma non possono immaginare di vivere lì a causa del clima di accentuata avversione agli LGBTQ nel paese».
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