Utilizzare diverse fonti di dati per far progredire le conoscenze sull’inizio dell’universo
Con il lancio del satellite Planck, avvenuto nel 2009, l’Agenzia spaziale europea (ESA) si è prefissa di mappare la radiazione cosmica di fondo (CMB, cosmic microwave background) lasciata dal Big Bang. Sebbene da quell’anno siano stati raccolti grandi volumi di dati sull’universo primordiale, molte domande continuano a rimanere senza risposta: Da dove provenivano le prime fluttuazioni nella densità dell’universo? Perché l’universo è così grande, ma per lo più vuoto? Perché è così piatto dal punto di vista spaziale? Per aiutare a rispondere a queste e ad altre domande, il progetto CosmicDawn ha combinato la ricerca teorica e quella osservazionale allo scopo di comprendere l’origine della struttura cosmica. «La nostra comprensione delle origini delle fluttuazioni nell’universo primordiale è pervasa da un mucchio di ipotesi», afferma la dott.ssa Hiranya Peiris, coordinatrice del progetto. «Vogliamo verificare tali ipotesi di base, oltre a testare alcuni modelli specifici». La teoria dell’inflazione Una componente essenziale del lavoro svolto nell’ambito del progetto è l’inflazione, un quadro teorico utilizzato per descrivere l’espansione accelerata dello spazio avvenuta nel periodo di tempo immediatamente successivo al Big Bang. «L’inflazione è un meccanismo attraverso il quale è possibile creare una struttura nell’universo primordiale e contribuire a spiegare alcuni degli enigmi tuttora irrisolti che riguardano il Big Bang», afferma la dott.ssa Peiris. Per verificare la teoria dell’inflazione, i ricercatori hanno fatto affidamento sia sui dati relativi alla CMB raccolti dal satellite Planck che sui dati provenienti da ampie indagini sulla galassia. Anche se i due approcci prendono in esame diversi periodi nella storia dell’universo, entrambe le tipologie di dati, consentendo in sostanza ai ricercatori di tracciare l’universo primordiale, si presentano come complementari. «Testando un modello cosmologico con i dati relativi alla CMB, è possibile prevedere ciò che si dovrebbe osservare mediante un’indagine sulla galassia nell’universo recente», spiega la dott.ssa Peiris. Progressi compiuti e ulteriore lavoro da svolgere Nel corso del progetto, i ricercatori hanno scoperto che, sebbene i più semplici modelli inflazionari fossero compatibili con i dati, non si adattavano «con naturalezza» alle teorie della fisica fondamentale. Di conseguenza, essi hanno dovuto ricorrere a nuovi approcci per esplorare ulteriormente questa scienza. Questi hanno incluso l’impiego di strumenti per la relatività numerica e la modellizzazione di sistemi di materia condensata, con quest'ultima che, plausibilmente, potrebbe consentire lo svolgimento di studi in laboratorio dei processi fisici che è possibile abbiano avuto luogo nell’universo primordiale. Nel complesso, la dott.ssa Peiris afferma che nel progetto sono stati compiuti progressi significativi: «Abbiamo risolto limitazioni molto severe, restringendo la gamma di meccanismi grazie ai quali potrebbe essere stata prodotta la struttura cosmica nell’universo primordiale», dichiara. «Altrettanto importante è il fatto che abbiamo anche individuato le aree in cui è necessario migliorare la nostra comprensione sia della teoria che dell’osservazione, al fine di scoprire le origini della struttura cosmica».
Parole chiave
CosmicDawn, Agenzia spaziale europea, ESA, satellite Planck, Big Bang, radiazione cosmica di fondo (CMB), struttura cosmica, inflazione, fisica fondamentale