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Rapid evolution and geographic ranges: predicting marine species persistence and distribution in a changing ocean

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L’impatto dei cambiamenti climatici sulle specie rare

Le specie rare svolgono un ruolo importante nella protezione degli ecosistemi naturali e dei servizi da essi offerti. Un progetto finanziato dall’UE ha approfondito il modo in cui verranno influenzate dal cambiamento globale, con un raffronto con le specie più comuni.

Come parte del regime di sovvenzioni tramite borse di studio individuali Marie Skłodowska-Curie, il progetto di Orizzonte 2020 EVOLMARIN, finanziato dall’UE, ha studiato il rapporto che intercorre tra tolleranza, plasticità e modelli di distribuzione geografica delle specie. I ricercatori puntavano a prevedere con maggiore affidabilità la sopravvivenza degli ectotermi (animali a sangue freddo) marini in condizioni di riscaldamento e acidificazione degli oceani. I biologi marini hanno messo a confronto la capacità di specie rare e comuni che vivono sui fondali del mare di habitat costieri (più precisamente, i policheti) di attuare cambiamenti transgenerazionali e di adattarsi rapidamente. I ricercatori hanno inoltre modellato le prestazioni fisiologiche e riproduttive delle specie elaborando un indice di idoneità dell’habitat. Gli scienziati hanno scoperto che le specie rare sono più sensibili rispetto alle specie comuni ad alterazioni delle condizioni ambientali anche di piccola entità e, pertanto, più suscettibili ai cambiamenti climatici. Dato che queste specie rare svolgono un ruolo fondamentale negli ecosistemi caratterizzati da livelli di biodiversità elevati, le loro reazioni definiranno la struttura e la funzione degli ecosistemi del futuro. Una maggiore vulnerabilità I risultati hanno mostrato che il gruppo delle specie rare era più vulnerabile al riscaldamento degli oceani a causa di una minore tolleranza a temperature più elevate. «Le specie rare non erano in grado di svilupparsi e passare alla generazione successiva quando le temperature si innalzavano fino a valori che simulavano il riscaldamento degli oceani, il che suggerisce che gli adeguamenti fenotipici transgenerazionali o l’adattamento rapido potrebbero non aiutare a salvare questo gruppo», afferma la dott.ssa Gloria Massamba N’Siala, ricercatrice del progetto. Al contrario, le specie comuni sono sopravvissute per più generazioni in ogni tipo di condizione. «L’aumento di temperatura è stato il principale fattore in grado di attivare la reazione delle specie, mentre la diminuzione del pH non ha inciso sulle loro prestazioni probabilmente perché erano già abituate a far fronte a variazioni del pH nel proprio ambiente naturale», spiega la dott.ssa Massamba N’Siala. Le previsioni basate sui limiti di tolleranza termica fisiologica e sulle prestazioni riproduttive in condizioni di riscaldamento degli oceani hanno mostrato un incremento globale dell’idoneità termica dell’habitat per tutte le specie, soprattutto verso latitudini più elevate. «D’altro canto, le previsioni evidenziano una perdita di habitat idonei dal punto di vista termico per alcune delle specie rare nella zona più a sud della loro potenziale distribuzione», osserva la dottoressa. Inoltre, le specie rare tendono a vivere in prossimità o in corrispondenza delle proprie temperature ottimali per quanto riguarda le loro prestazioni riproduttive in scenari futuri. Di conseguenza, qualora nei prossimi secoli continuassero i tassi di riscaldamento, saranno esposte a un rischio di declino maggiore. Secondo la dott.ssa Massamba N’Siala, «anche piccoli aumenti di temperatura oltre le condizioni termiche ottimali potrebbero causare una rapida diminuzione della diffusione delle specie rare, il che potrebbe avere come risultato una perdita di biodiveristà marina». L’importanza della protezione degli ecosistemi Le scoperte di EVOLMARIN hanno sottolineato con chiarezza la maggiore sensibilità delle specie rare in condizioni di riscaldamento degli oceani, offrendo una comprensione meccanicistica dei modelli alla base della frequenza e della rarità degli ectotermi marini in habitat costieri. Date le sempre più numerose prove dell’importanza del sostegno fornito dalle specie rare per svolgere funzioni ecosistemiche uniche, la loro maggiore sensibilità al riscaldamento degli oceani rappresenta una minaccia all’integrità degli ecosistemi e ai servizi da essi offerti. I modelli mostrati da EVOLMARIN non individuano solamente gli obiettivi prioritari per la conservazione della biodiversità, ma anche quali saranno le regioni più colpite dai cambiamenti in atto negli oceani. «Dati la complessità e la varietà delle reazioni, l’impossibilità di testare ogni singola specie e i limiti di qualsiasi approccio sperimentale, è essenziale fornire prove basate su casi di studio relativi a modelli di reazione al cambiamento globale per contribuire a orientare le decisioni sulla conservazione della biodiversità», conclude la dott.ssa Massamba N’Siala.

Parole chiave

EVOLMARIN, specie, oceano, biodiversità, cambiamento globale, plasticità

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