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Una ricerca dell'UE confuta il legame tra immigrazione e aumento del crimine

Una relazione finanziata dall'UE, che passa in rassegna 17 progetti di ricerca, è giunta alla conclusione che non sussistono prove che l'immigrazione sia responsabile di un aumento del crimine e della disoccupazione. Gli studi hanno analizzato la situazione sia nei nuovi paes...

Una relazione finanziata dall'UE, che passa in rassegna 17 progetti di ricerca, è giunta alla conclusione che non sussistono prove che l'immigrazione sia responsabile di un aumento del crimine e della disoccupazione. Gli studi hanno analizzato la situazione sia nei nuovi paesi d'immigrazione sia in quelli che hanno alle spalle una più lunga tradizione quali Francia, Germania e Regno Unito. Le conclusioni indicano che gli immigrati non rappresentano la causa di un'economia sommersa bensì che, se tale economia già esiste, essa promuove la migrazione. La prova di ciò è visibile in Germania, dove il governo ha dato un giro di vite alla penetrazione illegale, senza riuscire a limitare l'economia informale. "L'ignoranza sta alla base del razzismo", ha dichiarato il commissario europeo per la Ricerca Philippe Busquin, esprimendo un giudizio positivo sul documento. "Questa relazione contribuirà a garantire che le future politiche sulle questioni dell'immigrazione contemplino alcune tra le più recenti informazioni disponibili sui problemi che gli immigrati incontrano attualmente in Europa". La relazione suggerisce che un'economia sommersa può avere l'effetto di un magnete sugli immigrati più poveri, incoraggiandoli a rimanere in Europa dopo averli coinvolti in tale ambiente. Ciò porta di frequente allo stereotipo degli immigrati come ceto criminale. Se gli immigrati sono coinvolti nel crimine, sostiene la relazione, questo fenomeno è spesso la conseguenza di una discriminazione subita durante le prime fasi di insediamento, che sembra favorisca la disuguaglianza sociale e la frammentazione, spesso incoraggiando il crimine. Forse non sorprende la constatazione che gli immigrati generalmente affrontano condizioni di vita più indigenti rispetto ai cittadini europei che vivono nelle stesse zone, in particolare per quanto riguarda l'occupazione e l'alloggio. I bambini immigrati tendono a riportare risultati più scarsi a scuola, e sono i più propensi ad abbandonare gli studi. In Germania, mentre solo il 38 per cento di cittadini tedeschi disoccupati non possedeva qualifiche professionali nel 1997, il dato corrispondente per gli immigrati era pari al 78 per cento. Tuttavia, gli studi concludono che il fenomeno della disoccupazione non è direttamente correlato al tasso d'immigrazione. Al contrario, gli immigrati spesso accettano le professioni marginali, ritenute poco attraenti dalla maggior parte degli abitanti del luogo. Un netto calo dell'immigrazione, pertanto, porterebbe ad una carenza di forza lavoro. Alcuni studi illustrati nella relazione hanno inoltre sottolineato il ruolo del governo e dei media, capaci di influenzare l'opinione pubblica sul tema dell'immigrazione. "In molti casi l'opinione pubblica sembra guidare le politiche ufficiali. Gli atteggiamenti hanno spesso osteggiato le politiche atte a raggiungere una maggiore uguaglianza, o ad abbattere le barriere all'integrazione. I media e i capi politici svolgono un ruolo molto importante in questo contesto, afferma una dichiarazione della Commissione. Infine, la relazione ha sottolineato l'importanza della ricerca comparativa e dello scambio internazionale di esperienze, suggerendo che tale collaborazione transnazionale può servire da modello a livello comunitario per affrontare i problemi vissuti attualmente dagli immigrati. I 17 progetti di ricerca sono stati condotti nell'ambito del programma di ricerca socioeconomica finalizzata del Quarto programma quadro della Commissione.

Paesi

Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Regno Unito

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