Cambiamento climatico e oceani acidi
Centrali elettriche, motori di veicoli, incendi boschivi ed altre fonti antropogeniche e naturali continuano ad eruttare enormi quantità di biossido di carbonio (CO2) nell'atmosfera, ma resta da vedere quale effetto può avere tutto ciò sugli oceani della Terra. Lo scopo di NOCES era usare modelli computerizzati per comprendere meglio i complicati processi biogeochimici implicati nel trasferimento dall'atmosfera all'acqua di CO2. In Francia, il Laboratoire des Sciences du Climat et l'Environnement del Commissariat à l'Énergie Atomique (LSCE/CEA) ha guidato il consorzio NOCES, formato da 12 istituti di ricerca. Usando lo scenario "business as usual" (IS92a) del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), LSCE/CEA e i suoi partner hanno previsto i cambiamenti attesi di pH dell'oceano usando 13 modelli diversi. Hanno scoperto che, man mano che le concentrazioni di CO2 atmosferico continuano ad aumentare, la dissoluzione di CO2 nelle acque superficiali causa il previsto declino del pH, ma le corrispondenti alterazioni della chimica dell'oceano erano più gravi nelle acque fredde. Perché questo è importante? Quando il pH diminuisce le acque superficiali diventano meno sature di minerali di carbonato di calcio (CaCO3) come l'aragonite, per esempio, e per i coralli e l'altra fauna marina che usa il CaCO3 per costruire il suo scheletro o la conchiglia le cose si fanno nettamente più difficili. Se continua questo declino, le acque più fredde diventeranno corrosive per l'aragonite entro la metà del nostro secolo. Per illustrare l'effetto di queste alterazioni nella chimica marina su importanti organismi che vivono in acque fredde, gli scienziati hanno immerso pteropodi conchigliati in acqua di mare modificata per avere le stesse condizioni corrosive previste per la fine del secolo. In 24 ore è stata registrata una notevole degradazione della loro conchiglia d'aragonite. L'analisi dei risultati del modello da parte dell'LSCE/CEA ha rivelato che questa acidificazione prevarrà nell'Oceano Antartico, ma si diffonderà rapidamente alle acque dell'Oceano Pacifico sub artico. La ricerca NOCES indica che si arriverà a queste condizioni entro pochi decenni, e non dopo qualche secolo come si pensava prima. L'esame completo del lavoro di modellizzazione e i risultati sono stati pubblicati in una famosa rivista scientifica.