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Biogenic Organotropic Wetsuits

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La soluzione della «muta» per una nanomedicina sicura ed efficace

Rivestire le nanoparticelle con membrane naturali potrebbe aprire le porte alla somministrazione sicura ed efficace di tecniche mediche mirate.

Le vescicole extracellulari sono minuscole particelle (di dimensioni comprese tra 50 e 1 000 nanometri) prodotte dalle cellule per comunicare tra loro. «È possibile immaginarle come minuscoli pacchi di spedizione che vengono inviati tra le cellule e trasportano importanti messaggi biologici, quali proteine e materiale genetico», spiega Paolo Bergese, coordinatore del progetto BOW e ricercatore presso l’Università di Brescia e il Consorzio Interuniversitario per lo sviluppo dei Sistemi a Grande Interfase. «Queste vescicole svolgono ruoli chiave sia nelle funzioni del corpo in condizioni di salute che nei processi patologici.»

L’applicazione delle vescicole extracellulari alla nanomedicina

Il progetto BOW, finanziato dall’UE, si è ispirato a questo mondo di vescicole extracellulari per affrontare una sfida fondamentale nel campo della nanomedicina. Gli scienziati sono sempre più interessati a sfruttare le nanoparticelle per scopi medici specifici, come la somministrazione controllata di farmaci direttamente a cellule bersaglio. Un problema in tal ambito, tuttavia, riguarda la necessità di garantire che queste nanoparticelle non vengano respinte dal sistema immunitario dell’organismo. «Sebbene le nanoparticelle sintetiche dispongano di un grande potenziale nel settore della medicina, spesso si trovano dinanzi a problemi come la tossicità», spiega Bergese. «La nostra idea era quella di “vestire” queste nanoparticelle con una “muta” biologica composta da tessuto di vescicole extracellulari, ovvero la membrana che le racchiude, permettendo loro di “farsi strada in sicurezza nel flusso sanguigno” senza essere attaccate o eliminate troppo rapidamente.» Per raggiungere questo obiettivo, i ricercatori hanno innanzitutto prodotto vescicole extracellulari da cellule umane e alghe per poi studiarle e creare nanoparticelle superparamagnetiche, che rispondono in modo eccezionale ai campi magnetici e vengono approfondite per usi clinici in ambito di bioimmaginografia e terapia di ipertermia magnetica (un metodo che consente di distruggere i tumori senza effettuare interventi chirurgici). È stato quindi sviluppato uno speciale dispositivo microfluidico che permette di avvolgere queste nanoparticelle in membrane di vescicole extracellulari, creando nanodispositivi ibridi. Gli scienziati hanno testato queste nuove particelle ibride in esperimenti di laboratorio e su animali allo scopo di valutarne la sicurezza e l’efficacia.

Rivestire le nanoparticelle con membrane naturali

Il progetto ha ottenuto diversi risultati di successo, tra cui la produzione di nanoparticelle ibride dotate di una membrana biologica protettiva che, secondo quanto è stato dimostrato, ne riduce la tossicità. È stato inoltre dimostrato che il sistema microfluidico permette di incrementare l’efficienza della creazione di queste particelle ibride. «Abbiamo messo in evidenza il potenziale utilizzo di questi ibridi in medicina, in particolare per il trattamento di malattie polmonari come la fibrosi polmonare», aggiunge Bergese. «Inoltre, abbiamo costruito nuovi strumenti intesi a studiare queste nanoparticelle, rendendo la ricerca futura più facile e affidabile da svolgere.» L’obiettivo a lungo termine adesso è quello di conseguire trattamenti più sicuri ed efficaci per le malattie, migliorando le modalità di somministrazione dei farmaci nell’organismo. «Rivestendo le nanoparticelle con membrane naturali possiamo renderle più biocompatibili, il che consente di ridurne gli effetti collaterali e di aumentarne la capacità di bersagliare le cellule desiderate», spiega Bergese. «Inoltre, i progressi compiuti nell’ambito di questo progetto potrebbero sostenere lo sviluppo di migliori sistemi di somministrazione controllata dei farmaci in altre aree della medicina.»

Aumentare la produzione di nanoparticelle ibride

Per avvicinare questa tecnologia alle applicazioni reali, i ricercatori devono ora aumentare la produzione di nanoparticelle al fine di soddisfare gli standard industriali. Inoltre, sono necessari ulteriori test in modo da garantire la sicurezza e l’efficacia per gli esseri umani. Il team del progetto intende continuare a collaborare con partner industriali allo scopo di rendere la tecnologia commercializzabile, mettendola infine a disposizione dei pazienti. «Questo progetto pone le basi per un nuovo tipo di nanotecnologia che combina nanoparticelle biogeniche e sintetiche», afferma Bergese, che conclude: «Il successo di BOW rafforza anche la leadership europea nel campo della ricerca biomedica, con il potenziale di portare alla realizzazione di nuove scoperte mediche e alla crescita economica delle biotecnologie.»

Parole chiave

BOW, nanoparticelle, nanomedicina, membrana, extracellulare, vescicole, biotecnologia

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