Il primo scudo magnetico al mondo per il rientro dei veicoli spaziali
Quando un veicolo spaziale entra nell’atmosfera planetaria a velocità ipersonica, le onde d’urto riscaldano la sua superficie fino a circa 1 600 °C, determinando il rischio di arrecare danni alla struttura, di provocare guasti ai sistemi e persino di determinare il fallimento della missione. Sebbene siano stati sviluppati scudi termici protettivi costituiti da materiali metallici, ceramici, compositi e/o ablativi, queste soluzioni aumentano il peso del velivolo e ne riducono il carico utile. Essi richiedono inoltre test approfonditi e costosi e non sono ancora considerati completamente affidabili, determinando la necessità di manutenzione e spesso la sostituzione in seguito al completamento di ciascuna missione. Per di più, il plasma che segue la navicella può bloccare le onde radio, causando interruzioni nella comunicazione per gli astronauti e il controllo della missione. Il progetto MEESST, finanziato dall’UE, ha introdotto un cambiamento di paradigma esplorando la schermatura magnetica. Utilizzando superconduttori ad alta temperatura, il dispositivo concepito da MEESST genera un campo magnetico che sposta l’onda d’urto e la guaina di plasma presente intorno al veicolo spaziale, mitigando i flussi di calore superficiale e, potenzialmente, le interruzioni delle comunicazioni radio. «La nostra soluzione cambia le carte in tavola grazie alla riduzione della massa, del volume, della potenza elettrica e dei requisiti di raffreddamento criogenico rispetto ai tradizionali superconduttori a bassa temperatura, generando al contempo campi magnetici più intensi rispetto a quelli possibili sino ad ora.» Inoltre è anche più ecologica alla luce della sua riutilizzabilità, che consente di evitare la generazione di ulteriori detriti spaziali», afferma Andrea Lani, il coordinatore del progetto MEESST.
Test per flussi magnetoidrodinamici di plasma ridotti e interruzione delle radiocomunicazioni
I partner del progetto MEESST hanno sviluppato e collaudato il dimostratore potenziato dalla magnetoidrodinamica, una sonda sperimentale dall’aspetto simile all’ogiva smussata di un veicolo spaziale dotata di un magnete superconduttore ad alta temperatura integrato raffreddato criogenicamente. Il dimostratore è stato successivamente testato in condizioni di rientro rappresentative, con e senza l’applicazione di campi magnetici, allo scopo di quantificare gli effetti di mitigazione sui flussi di calore (nella struttura arc jet PWK1 presso l’Istituto dei sistemi spaziali) e sull’interruzione delle radiocomunicazioni (nel Plasmatron dell’Istituto Von Karman). Sono state condotte in totale quattro campagne sperimentali, due per ciascuna caratterizzazione (flussi di calore e interruzione delle radiocomunicazioni). Per quanto riguarda il flusso di calore è stata segnalata una forte mitigazione nei plasmi supersonici atmosferici, fino al 40% per il rientro dalla Luna (60 megajoule per chilogrammo) e fino all’80% per il rientro interstellare (80 megajoule per chilogrammo), alla massima intensità di campo magnetico raggiungibile (0,67 tesla sulla superficie della sonda). Per quanto concerne le interruzioni delle radiocomunicazioni, i risultati per i plasmi atmosferici (Terra) e di CO2 (Marte) hanno messo in mostra effetti di attenuazione più deboli di quanto sperato, ovvero fino a cinque decibel di riduzione (nella perdita di segnale), suggerendo la necessità di effettuare nel futuro test con un migliore posizionamento dell’antenna, una maggiore velocità del flusso (supersonico) e un campo magnetico più intenso. «Congiuntamente, questi risultati dimostrano il reale potenziale insito in questa tecnologia per una vasta gamma di missioni spaziali che prevedono il rientro a velocità più elevate e tassi di ionizzazione più alti, come il ritorno dalla Luna o da Marte o l’estrazione mineraria dagli asteroidi», osserva Lani. I software di modellizzazione avanzata sviluppati al fine di simulare entrambi gli scenari (rispettivamente flussi di plasma magnetoidrodinamici e interruzioni delle radiocomunicazioni), ovvero COMET della KU Leuven e BORAT della KU Leuven e dell’Università del Lussemburgo, sono ora in grado di contribuire alla prototipazione virtuale dei futuri sistemi di schermatura magnetica per i rientri.
Preparare lo scudo termico per il lancio sul mercato
Il team di MEESST sta attualmente lavorando al fine di ampliare la portata del suo sistema a uno scenario di volo reale, con l’intenzione di creare una start-up per commercializzare la sua tecnologia. Inoltre, il team sta cercando di ottenere il sostegno del Consiglio europeo per l’innovazione al fine di preparare una dimostrazione del rientro in orbita terrestre bassa della capsula Nyx , progettata dall’agenzia The Exploration Company. Lo sforzo si rivolge a tre mercati principali, ovvero voli cargo in orbita terrestre bassa (ad esempio per la produzione e la ricerca e sviluppo in materia di microgravità), esplorazione dello spazio (per esempio ritorno dalla Luna e da Marte) e estrazione mineraria dallo spazio e dagli asteroidi. «Stiamo lavorando allo scopo di fornire una tecnologia abilitante per la prossima generazione di missioni spaziali, proteggendo le persone, le attrezzature, i materiali e le forniture durante il viaggio verso lo spazio e viceversa», conclude Lani.
Parole chiave
MEESST, Marte, Terra, Luna, atmosfera, scudo termico, magnetico, plasma, spazio, rientro, veicolo spaziale, orbita terrestre bassa