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Cara intelligenza artificiale, la consapevolezza collaborativa condivisa è la strada da percorrere

Ricercatori finanziati dall’UE propongono che i sistemi di intelligenza artificiale specializzati e adattati a compiti specifici possano essere più efficaci dell’intelligenza generale.

Man mano che l’intelligenza artificiale generale guadagna terreno, aumenta anche la nostra paura che le macchine acquisiscano una coscienza simile a quella umana. Un’alternativa più affidabile, efficiente dal punto di vista energetico e gestibile dal punto di vista etico è lo sviluppo di un’intelligenza artificiale specifica per il dominio. Un nuovo studio sostenuto dal progetto EMERGE finanziato dall’UE spiega che questa alternativa non richiede che le macchine siano coscienti. Sostiene inoltre che possiamo cavarcela molto bene con modi più semplici di condividere la consapevolezza. L’intelligenza artificiale e i robot del futuro possono essere sviluppati sia per essere sempre più capaci di svolgere molti compiti, sia per avere un campo di applicazione più ristretto e quindi svolgere solo compiti specifici. Il primo, che è più spesso sotto i riflettori, solleva la preoccupazione che conseguenze indesiderate o dilemmi etici possano derivare da compiti svolti da sistemi di IA complessi e imprevedibili. Inoltre, il funzionamento di un sistema per finalità generali è piuttosto inefficiente dal punto di vista energetico, come si è visto con gli attuali modelli linguistici di grandi dimensioni.

La coscienza non è necessaria

Gli autori dello studio, fautori di una visione alternativa, sostengono che quando si pianifica una serie di azioni simultanee o sequenziali tra diversi sistemi specializzati in IA, la presenza della coscienza all’interno di ciascun sistema non è né essenziale né sufficiente. «Ciò che serve è la capacità di condividere selettivamente gli stati rilevanti con altri sistemi di intelligenza artificiale per facilitare il coordinamento e la cooperazione - o, in breve, una consapevolezza collaborativa condivisa», spiega Ophelia Deroy, autrice principale dello studio e professoressa dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco, partner del progetto EMERGE, in Germania, in un articolo pubblicato sul sito web del progetto. Deroy, esperta di filosofia della mente e di neuroscienze cognitive, chiarisce poi: «Poiché la parola “consapevolezza” è talvolta usata come sinonimo di coscienza, è importante sottolineare che la consapevolezza collaborativa è significativamente diversa dalla coscienza». A differenza della coscienza, la consapevolezza condivisa non è, per definizione, uno stato privato. È anche transitoria, il che significa che gli stati vengono condivisi con gli altri solo quando è necessaria la coordinazione o la cooperazione, mentre la coscienza è continua. Inoltre, mentre la coscienza è generalmente vista come integrata o unificata, la consapevolezza condivisa può essere selettiva nel condividere diversi stati con altri e può essere suddivisa tra diversi agenti artificiali. «La consapevolezza condivisa rende gli agenti artificiali più facili da monitorare e da controllare per gli operatori umani», osserva Sabine Hauert, autrice senior dello studio e docente di ingegneria degli sciami presso l'Università di Bristol, partner del progetto EMERGE (Emergent awareness from minimal collectives), nel Regno Unito. «Permette inoltre ai sistemi di lavorare meglio insieme, anche se sono stati progettati da aziende diverse. La consapevolezza condivisa potrebbe aiutare i veicoli autonomi a evitare le collisioni, i robot della logistica a coordinare la consegna dei pacchi, o i sistemi di intelligenza artificiale ad analizzare la complessa storia medica dei pazienti per elaborare utili [sic] raccomandazioni terapeutiche». Per maggiori informazioni, consultare: sito web del progetto EMERGE

Parole chiave

EMERGE, IA, intelligenza artificiale generale, coscienza, consapevolezza condivisa

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