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I modelli climatici non offrono scorciatoie per calcolare l’aumento di temperatura

La ricerca svela i limiti dei metodi correntemente impiegati per stimare l’aumento della temperatura superficiale media dopo il raddoppiamento di CO2 nell’atmosfera.

La sensibilità climatica all’equilibrio (ECS, Equilibrium Climate Sensitivity) è considerata dalla comunità scientifica un indicatore essenziale per confrontare i modelli climatici. Per decenni è stato previsto che questo parametro, che indica il grado di riscaldamento della superficie terrestre in seguito al raddoppio della CO2 nell’atmosfera, si attestasse tra 1,5 °C e 4,5 °C. Oggi un nuovo studio condotto nell’ambito del progetto TiPES, finanziato dall’UE, svela che potrebbe essere ancora molto complesso fornire una stima precisa dell’ECS in modelli climatici complessi.

Una risposta non sempre lineare

Secondo gli autori dello studio, i dati limitati e le simulazioni relativamente brevi necessarie per stimare l’ECS potrebbero condurre a una sottostima significativa del riscaldamento a lungo termine. I metodi comunemente utilizzati, infatti, presuppongono che la risposta climatica, ovvero la variazione della temperatura superficiale media globale, sia lineare. In realtà ciò non è sempre vero: a volte tale risposta è visibile immediatamente dopo una grande perturbazione, in altri casi si manifesta solo dopo molto tempo. A causa della complessità del sistema climatico terrestre, possono essere necessari migliaia di anni per raggiungere una temperatura di equilibrio. Tuttavia, le simulazioni dei modelli climatici eseguite sui supercomputer moderni richiedono alcuni mesi per produrre risultati relativi a 150 anni di cambiamenti climatici. Per questo motivo, al modello occorrerebbero anni per simulare migliaia di anni di cambiamenti climatici, ovvero la quantità necessaria per trovare l’ECS di un modello di clima. Data l’impercorribilità di tale strada, gli scienziati hanno scelto un metodo più semplice, il cui funzionamento è spiegato in un articolo pubblicato su «AZoCleantech». «Inizialmente, il modello è sottoposto a una simulazione che rispecchia circa duecento anni di evoluzione climatica. I dati vengono quindi raccolti e utilizzati per valutare quale sarebbe l’aumento della temperatura media globale se il modello continuasse a funzionare fino al raggiungimento della temperatura di equilibrio.» Tuttavia, attraverso questo approccio semplificato, basato su calcoli piuttosto che su simulazioni, l’aumento della temperatura superficiale potrebbe essere sottostimato. I calcoli, infatti, non tengono conto del fatto che eventi climatici critici successivi, come una desertificazione improvvisa dopo migliaia di anni, possano modificare bruscamente le temperature medie globali. Tali soglie climatiche critiche rendono quindi inaffidabile il metodo standard di confronto dei modelli climatici. Poiché questo approccio può fallire nei modelli climatici semplici, è probabile che risulti inadeguato anche per quelli più avanzati. «Pertanto, abbiamo dimostrato che per essere sicuri del comportamento a lungo termine di un modello climatico globale moderno, non esistono scorciatoie rispetto a simulazioni estese», osservano gli autori dello studio, il dott. Robbin Bastiaansen e la dott.ssa Anna von der Heydt dell’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi, partner del progetto TiPES (Tipping Points in the Earth System). «Non esiste un modo facile, diretto e valido per determinare con certezza la risposta/temperatura per una data quantità di CO2 aggiunta, nemmeno attraverso i modelli.» Per maggiori informazioni, consultare: sito web del progetto TiPES

Parole chiave

TiPES, clima, modello climatico, CO2, temperatura, sensibilità climatica all’equilibro, soglia climatica critica

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