Nuovi dati entusiasmanti stravolgono la nostra visione della barra galattica e degli ammassi stellari nella Via Lattea
Le galassie sono sistemi complessi regolati da processi fisici concorrenti che si verificano su scale spaziali, temporali ed energetiche molto eterogenee. Le grandi campagne di osservazione quali la missione faro dell’ESA Gaia e le osservazioni spettroscopiche terrestri sono dedicate alla raccolta di informazioni a livello cinematico, chimico e di età per quanto riguarda miliardi di stelle. «La complessità e la ricchezza dei nuovi dati pubblicati rappresentano enormi sfide per i metodi di analisi all’avanguardia. Abbiamo già iniziato a comprendere gli aspetti dei modelli galattici ulteriormente migliorabili, ma molti dettagli sono tuttora ostacolati da effetti di selezione che non è stato possibile prendere nella dovuta considerazione in precedenza», osserva Friedrich Anders, coordinatore del progetto GaiaSpectroSynergy, finanziato dal programma di azioni Marie Skłodowska-Curie. I membri del team hanno sfruttato le sinergie presenti tra il più ricco catalogo stellare sinora elaborato da Gaia e i dati di osservazione spettroscopica complementari per limitare i modelli galattici e fornire in eredità ai ricercatori gli strumenti in grado di agevolare in maniera considerevole le future ricerche in tal ambito. Il progetto ha prodotto e pubblicato diversi cataloghi di precisi dati su parametri fotometrici, età, distanze ed estinzioni per più di 265 milioni di stelle.
Rivedere la popolazione degli ammassi aperti galattici
La seconda pubblicazione di dati da parte di Gaia, avvenuta nell’aprile del 2018, ha messo in evidenza il fatto che i precedenti cataloghi sugli ammassi aperti galattici erano non solo incompleti, ma anche significativamente contaminati da asterismi. Queste aggregazioni stellari ingannano l’osservatore a ritenerle parte degli ammassi. «Abbiamo scoperto con successo centinaia di nuovi ammassi aperti, determinando parametri fisici omogenei ed età precise per oltre 1 800 di questi. I risultati dello studio hanno modificato la nostra visione della recente storia a livello chimico-dinamico del disco galattico», osserva Anders. In particolare, il team ha dimostrato che determinate osservabili chiave del disco galattico, tra cui la distribuzione degli ammassi in base all’età, dovevano essere sottoposte a revisione. «Ciò incide sulle stime precedenti in merito alla formazione degli ammassi stellari, nonché riguardo alle loro velocità di distruzione. Possiamo dedurre che solo il 16 % circa di tutte le stelle nate nel vicinato solare si sono formate in ambienti ammassati», aggiunge Anders. Spostare l’attenzione da un’analisi separata delle stelle di campo (ovvero le stelle situate in modo casuale che contaminano i risultati degli studi) e degli ammassi aperti verso una comprensione congiunta dell’evoluzione stellare nella Via Lattea resterà probabilmente una sfida fondamentale nel prossimo decennio. «La diffusione dei dati di Gaia nel 2018 ci ha portati a rivedere in modo sostanziale il censimento degli ammassi aperti galattici», spiega Anders.
Mappare la barra della nostra Via Lattea
Il team ha combinato la seconda pubblicazione di dati da parte di Gaia con diverse osservazioni a infrarossi mediante un codice informatico chiamato StarHorse. Il codice ha effettuato un raffronto tra le osservazioni e i modelli stellari per determinare le temperature superficiali, le estinzioni e le distanze delle stelle. «Abbiamo definito le distanze di milioni di stelle con una precisione molto elevata: in certi casi, il miglioramento (ottenuto avvalendoci di dati a multi-lunghezza d’onda) ha raggiunto il 20 %», afferma Anders. «Ciò che sarebbe potuto essere un disastro a livello di calcolo si è rivelato un grande successo: i nostri risultati hanno migliorato l’accuratezza della seconda divulgazione di dati da parte di Gaia e hanno rivelato la presenza della barra galattica nei dati di questa missione in modo molto più diretto rispetto al passato». «Sappiamo da decenni che nella Via Lattea è presente una barra, ma sino ad adesso avevamo a disposizione esclusivamente indicazioni indirette ricavate dai movimenti e dai gas delle stelle, oppure dai conteggi stellari effettuati grazie alle osservazioni a infrarossi. Questa è la prima volta in cui siamo in grado di osservare la barra galattica nello spazio tridimensionale, sulla base di misurazioni geometriche delle distanze stellari», conclude Anders.
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