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Solar Energy Enabled for the World by High-resolution Imaging

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Verso un futuro migliore grazie alle celle solari di terza generazione

Le celle solari di terza generazione promettono un ampliamento industriale rapido ed economico che, tuttavia, può verificarsi soltanto se saremo in grado di controllare le loro condizioni di trasformazione e di garantire la formazione della nanostruttura adeguata all’interno dei loro strati fotoattivi.

La terza generazione di celle solari è alle porte. Che si tratti di celle solari fotovoltaiche organiche, a punti quantici o a perovskite, tutte le tecnologie di terza generazione promettono celle più piccole con una maggiore efficienza energetica, a un prezzo inferiore. Tuttavia, il percorso verso la commercializzazione presenta un serio ostacolo: le celle di terza generazione sono così minuscole e complesse che al termine della produzione non siamo più così sicuri di come sono strutturate. «L’ottimizzazione delle celle solari di terza generazione, organiche o inorganiche, è in gran parte un processo di tentativi ed errori», afferma Jens Andreasen, specialista nella ricerca sull’imaging 3D di materiali energetici basato su sincrotrone presso il dipartimento dell’energia del Politecnico della Danimarca e ricercatore principale del progetto SEEWHI (Solar Energy Enabled for the World by High-resolution Imaging), finanziato dal CER. «Ciò ha un duplice effetto. In primo luogo, ritarda notevolmente la ricerca di combinazioni di materiali ottimali, poiché le verifiche devono essere eseguite su dispositivi completati per ogni parametro di processo. Inoltre, cosa ancora più importante, i sistemi con prestazioni migliori possono essere completamente trascurati». Andreasen ha un piano per affrontare questo problema. Nel maggio 2016, ha iniziato a sviluppare nuove tecniche di imaging 3D basate sulla tomografia pticografica a raggi X e sulla diffrazione di raggi X 3D. In caso di successo, i suoi sforzi consentirebbero di discriminare tra materiali che mostrano differenze molto sottili ad alta risoluzione spaziale.

Rivelate le nanostrutture

Prendiamo ad esempio le celle solari organiche, costituite da elementi leggeri con piccole variazioni di densità. Lo studio della nanostruttura di questi elementi richiede una tecnica che fornisca un certo contrasto tra le diverse irregolarità microstrutturali su nanoscala. Sebbene questa sia fondamentale per correlare le prestazioni del fotovoltaico con le condizioni di trasformazione, era quasi impossibile da ottenere prima di SEEWHI. «Siamo vicini all’identificazione delle differenze a una risoluzione superiore a 10 nm in 3D. Prima di questo progetto, la nanostruttura delle celle solari organiche non era inferibile dall’osservazione diretta, quanto piuttosto dalla modellazione. Semplicemente non sapevamo con certezza quale struttura avessero le celle solari con le migliori prestazioni», spiega Andreasen. Una volta stabilita la nanostruttura effettiva grazie all’imaging a raggi X, Andreasen può correlare queste strutture con modelli di prestazioni fotovoltaiche e dinamiche molecolari. Ciò gli consente di determinare la relazione tra i parametri di elaborazione e la struttura risultante. «Possiamo quindi stabilire un circuito di retroazione che ci consente di produrre celle solari con una nanostruttura dalle prestazioni ottimali», osserva. SEEWHI è a un anno dal completamento, ma i primi risultati sono stati piuttosto incoraggianti. In particolare, il gruppo ha ideato nuovi algoritmi per la ricostruzione 3D dei dati della tomografia pticografica, e spera che essi consentano l’imaging di celle solari complete in 3D con una risoluzione di 10 nm, almeno non appena potranno essere combinate con un sincrotrone di quarta generazione. «C’è di più», aggiunge Andreasen. «Abbiamo ottenuto una caratterizzazione senza precedenti di una cella solare in kesterite. Siamo anche molto vicini a disporre di uno schema che ci consenta di modellare la struttura ottimale di qualsiasi sistema di materiali per celle solari organiche. Presto saremo anche in grado di determinare i parametri di elaborazione necessari per realizzare tale struttura in una cella solare su larga scala». Al termine del progetto, il gruppo spera di dimostrare una modellazione fotovoltaica delle nanostrutture 3D misurate e modellate. Se le sorgenti di sincrotrone di quarta generazione diventassero presto in grado di eseguire gli opportuni esperimenti di imaging 3D, potrebbero inoltre mostrare la nanostruttura 3D di una cella solare organica con una risoluzione sufficiente per distinguere i suoi domini di donatore e accettore. «La mia speranza è quella di riuscire a fornire un piano d’azione che consenta agli sperimentatori di superare anni di tentativi ed errori e di scoprire opportunità trascurate. Alla fine, questo potrebbe condurre a un importante passo avanti, non solo per le celle solari organiche, ma anche per molte tecnologie che fanno affidamento sull’auto-organizzazione della struttura dalla scala atomica alla mesoscala», conclude Andreasen.

Parole chiave

SEEWHI, celle solari, fotovoltaico, terza generazione, perovskite, imaging a raggi X, nanostruttura

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