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Contenuto archiviato il 2024-04-18

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Misteri svelati: la singolare rete alimentare insetti-piante delle foreste tropicali

Le foreste tropicali sono ampiamente riconosciute come tesori incommensurabili della biodiversità, in ogni singolo anello della catena alimentare. Il progetto Diversity6continents, finanziato dal CER, si è interessato in modo particolare alle loro piante e insetti allo scopo di scoprire quante specie possono coesistere in aree incredibilmente piccole.

«La nostra casa è in fiamme». Questa metafora, utilizzata per descrivere i drammatici incendi che hanno colpito l’Amazzonia alla fine dello scorso anno, suonava anche come un monito per la comunità scientifica. Ora è il momento di svelare i misteri delle foreste pluviali tropicali, non solo a vantaggio delle conoscenze scientifiche, ma anche per evidenziarne il valore e, si spera, portare a migliori strategie di conservazione. In questa corsa contro il tempo, ogni sforzo conta. Prendiamo per esempio il progetto Diversity6continents. Studiando le reti alimentari insetti-piante in Papua Nuova Guinea, Camerun e Panama, il progetto ha approfondito la nostra comprensione di ciò che rende le loro foreste tropicali così diverse rispetto alle nostre foreste temperate. Ma c’è molto di più di quanto appare: l’approccio unico del progetto, che coinvolge direttamente le comunità locali, potrebbe in ultima analisi rafforzare il loro sostegno alle strategie di conservazione. Abbiamo imparato a conoscerlo meglio durante una discussione approfondita con Vojtech Novotny, ricercatore principale di Diversity6continents.

Il fatto che le foreste tropicali ospitino la maggior parte della biodiversità potrebbe essere facilmente considerato ovvio. Cosa vi ha spinti a indagare ulteriormente sulle ragioni di questa realtà? Quali lacune di conoscenza avete cercato di colmare?

Vojtech Novotny: Le foreste tropicali sono ben note per la loro grande diversità, ma sappiamo sorprendentemente poco sulle dimensioni precise, o anche approssimative, di questa varietà. Ciò è particolarmente vero per gli insetti. Abbiamo stimato che in una foresta pluviale di pianura possono coesistere localmente fino a 9 600 specie diverse di insetti erbivori. Queste specie hanno ciascuna una o più specie di piante ospiti e un’intera serie di parassitoidi, agenti patogeni e predatori. Senza mappare e comprendere questa complessa rete di interazioni tra le specie, non possiamo sperare di comprendere il comportamento degli ecosistemi forestali. Per esempio, cosa succede quando si rimuove o si aggiunge una specie particolare? Non abbiamo risposte ad una domanda così semplice. Non possiamo affermare di comprendere un sistema senza poterne prevedere il comportamento.

Cosa c’è di così speciale nelle reti alimentari piante-insetti in particolare?

Il mistero chiave della diversità tropicale è il gran numero di specie vegetali in grado di coesistere. Nel nostro terreno di ricerca in Papua Nuova Guinea, abbiamo trovato 560 specie di piante legnose che crescono in un’area di 1x0,5 km. Tale diversità contraddice la teoria della nicchia, che postula che ogni specie coesistente deve avere la sua particolare nicchia. Come possiamo immaginare 560 nicchie diverse quando tutte le specie vegetali hanno bisogno di risorse sostanzialmente identiche? Normalmente ci aspetteremmo che una o poche specie arboree meglio adattate al clima e al suolo locale superassero la maggior parte delle altre specie e dominassero la vegetazione. Tuttavia, anche le specie più comuni nel nostro appezzamento di studio rappresentano solo il 3 % di tutti gli alberi.

Come si spiega questa discrepanza?

Forse la teoria più promettente è l’ipotesi di Janzen-Connell, che suggerisce che la vegetazione è controllata da erbivori o agenti patogeni in modo dipendente dalla densità. Ciò significa che c’è una penalità per essere troppi perché le specie abbondanti sono prese di mira in modo sproporzionato dai loro nemici naturali. Ecco perché ci sono così tanti parassiti nelle piantagioni forestali. La teoria è stata pubblicata 50 anni fa, ma è solo ora che iniziamo a testarla rigorosamente, guardando agli insetti erbivori e agli agenti patogeni fungini. La nostra ricerca, recentemente pubblicata sulla rivista Journal of Ecology, dimostra che gli erbivori mantengono la vegetazione della foresta pluviale diversificata anche durante la successione ecologica, quando la foresta pluviale si rigenera in seguito a perturbazioni. L’unica cosa importante nello stadio iniziale della successione secondaria sembrava essere la concorrenza tra le piante, ma ora sembra che gli insetti abbiano un ruolo anche nella formazione della vegetazione di successione. La ricerca va in due direzioni. Prima di tutto forniamo una documentazione accurata di complesse reti di interazione tra piante ed erbivori che facilmente presentano 40 000 diverse interazioni tra specie vegetali ed erbivori in un unico luogo; successivamente, conduciamo esperimenti piuttosto crudi in cui, con l’ausilio di insetticidi, uccidiamo tutti gli insetti che occupano un determinato lembo di vegetazione ed esaminiamo cosa succede dopo. La sfida è quella di combinare queste linee di ricerca, soprattutto per il fatto che tali forme di sperimentazione sono oggi considerate piuttosto controverse, in modo da sapere con precisione quali erbivori sono più o meno importanti nella formazione della vegetazione della foresta pluviale.

Cosa rende questo approccio particolarmente innovativo?

Invece di utilizzare i protocolli botanici convenzionali che consistono nel monitorare gli alberi con fusti di diametro superiore a 5 cm all’interno di un’area di 1 ha, la ricerca ai tropici li ha generalmente aggiornati ad un’area di 50 ha e a tutti i fusti di diametro superiore a 1 cm. Questo aumento di 300x del numero di alberi per parcella è stato attuato per la prima volta nel 1980 a Panama. La nostra ricerca fornisce un aggiornamento simile per le reti alimentari piante-insetti, da campioni limitati di singoli alberi a censimenti completi di parcelle di 0,1-1,0 ha per le piante e i loro insetti erbivori. Questo campionamento richiede accesso alla canopia, gru per canopie, piattaforme mobili montate su autocarri (aste mobili per servizi gravosi) o il taglio della foresta. Anche se quest’ultima ipotesi non sembra essere molto attenta alla conservazione, ci sono molte opportunità per condurre questo tipo di campionamento senza contribuire alla deforestazione, specialmente quando si lavora con le popolazioni indigene che praticano l’agricoltura del «taglia e brucia». Con questi nuovi set di dati che forniscono istantanee di reti alimentari piante-erbivori provenienti da interi appezzamenti forestali, possiamo considerare nuovi tipi di analisi, compresi confronti più rigorosi tra le foreste tropicali e quelle delle zone temperate.

Quali sarebbero, a suo avviso, le vostre più importanti conclusioni?

Le nostre analisi dimostrano che i modelli globali di diversità possono essere spiegati semplicemente con modelli paralleli di diversità vegetale per alcuni, ma non per tutti i taxa di insetti. Ad esempio, i minatori fogliari, insetti che scavando lunghi tunnel rosicchiando i tessuti interni delle foglie, seguono fedelmente la diversità delle piante. Una specie arborea europea media ospita un numero di minatori fogliari simile a quello di un albero tropicale. Al contrario, le formiche si comportano in modo diverso e dovremmo avere molte più specie di formiche in Europa, almeno secondo le previsioni derivate da modelli che utilizzano la diversità delle piante. È interessante notare che le piante determinano la diversità degli insetti erbivori attraverso la varietà delle risorse che forniscono. Nel frattempo, gli insetti erbivori possono determinare quante specie di piante possono coesistere, impedendo loro di competere tra loro. Si tratta di una vera e propria situazione di stallo tra piante ed erbivori nelle foreste tropicali.

Che risultati dovete ancora ottenere prima della conclusione del progetto?

Siamo nel bel mezzo di un campionamento dettagliato con la nuovissima gru per accedere alla canopia che abbiamo costruito in Papua Nuova Guinea, che è pienamente operativo e aperto ai ricercatori di tutto il mondo. Nonostante le attuali restrizioni di viaggio, il personale locale utilizza la gru a tempo pieno per documentare l’intera rete alimentare piante-erbivori per 0,8 ettari di foresta pluviale pianeggiante all’interno del suo perimetro. Nei nostri laboratori europei stiamo anche sviluppando metodi analitici migliori per il confronto tra le reti alimentari tropicali e quelle temperate. Non è un compito facile, poiché le reti alimentari differiscono per una varietà di aspetti, dalla diversità e abbondanza di piante e di erbivori fino alla diversità filogenetica e ai modelli di interazioni trofiche.

Come pensa che il progetto possa contribuire alla conservazione della biodiversità, in un contesto in cui le foreste tropicali non sono mai state così minacciate e dove un’azione politica è disperatamente necessaria?

Non possiamo proteggere con successo sistemi che non comprendiamo, quindi ogni progresso nella conoscenza ecologica ha una certa importanza per la conservazione. Tuttavia, vedo un’importanza più immediata della nostra ricerca per la conservazione nel modo in cui la svolgiamo, piuttosto che nei risultati che porta. In tutte e tre le località tropicali (Papua Nuova Guinea, Camerun e Panama), coinvolgiamo ricercatori, tecnici e studenti locali. In molti casi è la prima volta che sperimentano una «vera» ricerca. Il «rafforzamento delle capacità» è una sorta di cliché promesso in quasi tutte le sovvenzioni per la ricerca sulla foresta pluviale, ma può essere realizzato solo attraverso la formazione a lungo termine di studenti e ricercatori. Allo stesso modo, la capacità di ricerca locale è essenziale per la riuscita della conservazione. Le organizzazioni internazionali di conservazione hanno tradizionalmente sempre avuto una percentuale di successo più bassa ai tropici, in quanto hanno normalmente operato in tali luoghi come impianti culturali spesso non accettati dalla società locale. La situazione, tuttavia, è migliorata notevolmente negli ultimi anni. Senza tale accettazione, soprattutto all’interno della comunità accademica indigena, la conservazione dei tropici è impossibile. Il nostro lavoro in Papua Nuova Guinea, invece, ha coinvolto da vicino le comunità indigene proprietarie delle terre forestali. Sono loro a decidere in merito alla loro conservazione o al loro abbattimento. Non è ampiamente riconosciuto, ma le popolazioni indigene non sono ambientaliste nate. Hanno bisogno di un flusso di reddito per pagare la perdita di reddito che potrebbe derivare dagli sforzi di conservazione rispetto alla conversione dei terreni in progetti agricoli o forestali. La nostra ricerca fornisce tali entrate e riflette molte iniziative di cooperazione di successo tra organizzazioni internazionali di conservazione e comunità locali. Le nostre infrastrutture di ricerca, come la gru per accedere alla canopia e il Forest dynamics plot permanente, attraggono altri team di ricerca. In questo modo, la nostra ricerca è direttamente responsabile del mantenimento di due aree di conservazione della foresta pluviale, e si spera che possano ispirare altri ricercatori in altre zone dei tropici.

Parole chiave

Diversity6continents, foreste tropicali, insetti, piante, rete alimentare

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