Trovare una forma nelle onde gravitazionali di Einstein
Le onde gravitazionali sono increspature nello spazio-tempo, causate dalle interazioni tra enormi oggetti interstellari. Viaggiando alla velocità della luce, queste fluttuazioni invisibili sono state previste da Albert Einstein oltre 100 anni fa e rilevate per la prima volta nel 2015. Le onde gravitazionali sono l’unica forma di radiazione classica rilasciata dai buchi neri, consentendo agli scienziati sulla Terra di rilevare e studiare questi misteriosi e potenti fenomeni. «Le onde gravitazionali possono formarsi in diversi scenari, uno dei più importanti è la collisione di due buchi neri», spiega Anna Heffernan dell’University College di Dublino, capogruppo del progetto GravityWaveWindow. Prima di entrare in collisione, due buchi neri perderanno energia nello spazio (onde gravitazionali), il che consente alle orbite di ridursi fino a scontrarsi, rilasciando enormi torrenti di onde gravitazionali. «L’importanza di studiare tali sistemi è ampia; a seconda delle dimensioni e del moto rotatorio dei buchi neri, le informazioni possono essere dedotte a livello cosmologico (quando si sono formati questi buchi neri? Qual è stato il loro canale di formazione? Qual è il tasso di espansione dell’universo?), a livello astrofisico (qual è la composizione delle galassie? Come si formano e crescono le galassie? L’evoluzione di una galassia è legata al suo buco nero centrale?) e a livello fondamentale (Einstein aveva ragione? C’è qualche deviazione dalla relatività generale? Le onde gravitazionali rispettano le previsioni?)», spiega Heffernan.
Trovare una forma tra le onde
Il progetto GravityWaveWindow si è concentrato sull’aspetto delle forme d’onda. Ciò aiuterà i rilevatori a vedere le onde gravitazionali e gli scienziati a raccogliere dettagli precisi nascosti all’interno dei dati. «Una volta rilevati i segnali, vengono confrontati con i modelli di forme d’onda per estrarre i valori dei parametri, per esempio “Quanto erano grandi i buchi neri? Stavano ruotando?”», afferma Heffernan. Il progetto ha esaminato le forme d’onda da due angolazioni. Innanzitutto, quelle che si supponeva derivassero da sistemi in cui un corpo è circa un milione di volte più piccolo dell’altro, chiamati Extreme Mass Ratio Inspirals (EMRIs). «Si ritiene che questi sistemi esistano al centro di molte galassie in cui vivono buchi neri supermassicci», afferma Heffernan. In secondo luogo, quelle che si supponeva derivassero da una variazione della teoria della relatività di Einstein, la gravità del tensore scalare. Il calcolo delle forme d’onda per tali teorie della gravità alternative consentirà agli scienziati di testare queste possibilità rispetto alle onde passate e future.
Sulle spalle dei giganti
Il progetto ha fornito descrizioni precise dello spazio-tempo altamente curvo attorno ai piccoli buchi neri negli EMRI, permettendo di accelerare notevolmente il processo di analisi nella ricerca futura. E per la gravità del tensore scalare, il team di Heffernan ha sviluppato pacchetti per creare i calcoli necessari per mappare le forme d’onda. Il duro lavoro e il successo del progetto GravityWaveWindow aiuteranno gli scienziati dell’UE nelle future missioni spaziali, come la missione del rilevatore spaziale LISA che sarà lanciato dall’ESA nel 2034. «Una delle cose che amo di questo progetto è che ho scritto la proposta (la quale è stata finanziata con successo) prima della rilevazione delle onde gravitazionali», aggiunge Heffernan. Approva il fatto che la Commissione europea, attraverso il programma Orizzonte 2020, abbia un certo tipo di lungimiranza e fiducia nei suoi ricercatori. «Il mio progetto e molti altri sono stati finanziati in base alla possibilità di una grande scienza, e non alla sua assoluta certezza». Questa ricerca è stata intrapresa con il supporto del programma Marie Skłodowska-Curie.
Parole chiave
GravityWaveWindow, buchi neri, entrare in collisione, onde gravitazionali, Einstein, lunghezze d’onda