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The Quantum Entropy of Extremal Black Holes

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Il centro dei buchi neri giganti potrebbe fare luce sulle origini dell’universo

Scienziati finanziati dall’UE hanno usato nuovi aspetti della fisica teorica per meglio comprendere la struttura molecolare al centro dei buchi neri, che potrebbe fare luce sulla nascita dell’universo.

I buchi neri, che risucchiano stelle e qualsiasi altra materia, e che in precedenza non potevano essere visti perché non emettono luce, sono stati osservati negli ultimi anni mediante telescopi gravitazionali. Scienziati finanziati dall’UE, nell’ambito del progetto BHLOC, hanno ampliato la base teorica per comprendere cosa si trova nel loro centro. «Gli scienziati hanno adesso scoperto che al centro della galassia, oltre ogni ragionevole dubbio, si trova un buco nero supermassiccio. Ma noi ne sappiamo molto poco. Ciò che sappiamo è che il buco nero sta ruotando a una certa velocità, possiede una massa, energia e una carica elettrica. E questo è tutto», afferma il coordinatore del progetto Nick Halmagyi, ricercatore universitario presso il Laboratorio di fisica teorica e ad alta energia (LPTHE) dell’Università Parigi-Sorbona. Il progetto BHLOC ha lavorato sul calcolo delle correzioni alla gravità che potrebbero essere importanti per comprendere la storia del big bang primordiale che ha creato l’universo. «Se si cambia la quantità di energia, il che significa spingersi all'inizio del Big Bang, ci sono alcuni momenti in cui l’intera cosa può cambiare e, quando questo accade, prevediamo che il solo studio della gravità non sia sufficiente. Ci saranno delle correzioni aggiuntive», spiega il professor Halmagyi. Sapendo così poco, «qualsiasi cosa riusciamo a calcolare chiaramente migliora la comprensione dei buchi neri e rappresenta un progresso», afferma Shailesh Lal, in precedenza ricercatore presso l’Università Nazionale di Seul in Corea del Sud, e in India, prima di accettare una borsa di studio Marie Curie al LPTHE. Proprietà quantistiche Armati di una comprensione delle proprietà statistiche, e quindi dell’entropia (una misura del disordine a un livello molto elevato) delle teorie gravitazionali ampliate, «l’idea era quella di comprendere le proprietà quantistiche dei buchi neri», afferma il dottor Lal. Il defunto astrofisico dell’Università di Cambridge Stephen Hawking e Jacob Beckenstein avevano in precedenza formulato una teoria sull’entropia dei buchi neri. «Essi scoprirono che un buco nero si comporta esattamente come se fosse composto da molti piccoli pezzi», dice il professor Halmagyi, che chiama queste particelle «molecole gravitazionali». Dunque, ciò che si trova all’interno di un buco nero può essere studiato usando la teoria dei quanti, la teoria delle particelle piccolissime. «Abbiamo l'indizio che, all’interno, il buco nero sia costituito da un mucchio di “molecole”, ma esse non sono le molecole che potremmo immaginare: si tratta di una qualche misteriosa gravitazione efficace che non riusciamo davvero a comprendere», approfondisce il professor Halmagyi. «Stiamo quindi tentando di comprendere i dettagli [teorici] di queste “molecole” e di generalizzarli per un tipo di buco nero che possiamo ora osservare per davvero nell’universo.» Nuovi aspetti di teorie combinate La sfida per i fisici teorici è quella di trovare quello che il professor Halmagyi chiama il «punto ideale» tra modelli teorici semplificati che forniscono alcuni risultati e teorie generalizzate che, anche se vaste e complesse, sono più vicine a spiegare il mondo reale. La teoria delle stringhe, una teoria popolare della gravità quantistica, è stata utilizzata per prevedere cosa si trova all’interno di un buco nero. Il progetto BHLOC «riguardava un modo particolare in cui la teoria delle stringhe funziona per informarci riguardo alle “molecole” che costituiscono i buchi neri usando la teoria quantistica dei campi, una teoria dei quanti che non contiene la gravità», spiega il dottor Lal. Fisici teorici hanno studiato i più piccoli buchi neri rotanti, noti come buchi neri estremali, usando un modello matematico predittivo semplificato conosciuto come un «modello giocattolo». «In seguito, se semplifichiamo [il modello] ancora un pochino, otteniamo alcune descrizioni precise di “molecole”. Questa è stata la grande vittoria della teoria delle stringhe», spiega il professor Halmagyi. «La teoria quantistica dei campi e la gravità sono i mattoni della fisica. E questa teoria li unisce come non era mai stato fatto prima d’ora», conclude.

Parole chiave

BHLOC, cosmologia, astrofisica, teoria delle stringhe, fisica quantistica, teoria dei quanti, gravità, buchi neri

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