Riflettori sugli effetti invisibili delle nanoparticelle
Dai vestiti che indossiamo ai cosmetici che usiamo, fino ai dispositivi elettronici che fanno parte della nostra vita quotidiana, la nanotecnologia sta diventando onnipresente. Ma mentre la fabbricazione di tali materiali non ha ormai più segreti per l'industria, si sa ancora poco sul loro destino una volta concluso il ciclo vitale. Il progetto NANO-ECOTOXICITY ha studiato il loro impatto sugli organismi del suolo. La crescita economica, la popolazione in aumento e la scarsità delle risorse sono tre elementi principali di quella che è probabilmente una delle equazioni più difficili da comprendere per il genere umano. Molti scienziati concordano che la soluzione risieda in parte nella nanotecnologia: dispositivi più piccoli, più veloci, più leggeri, più intelligenti e più economici che fanno uso di meno materie prime e consumano meno energia. C'è però ancora molta strada da fare prima che la nanotecnologia possa essere considerata il Santo Graal dello sviluppo scientifico. Il suo impatto sulla salute e sull'ambiente è ancora relativamente sconosciuto ed è attualmente l'argomento di accesi dibattiti tra gli scienziati, il settore industriale, i politici e le organizzazioni ambientaliste. NANO-ECOTOXICITY è uno di una serie di progetti finanziati dall'UE che stanno cercando di chiarire le cose. Lo studio delle nanoparticelle (NP) si basa sull'osservazione che queste particelle finiranno in sempre maggiore quantità nel terreno e sul fatto che mancano dati attendibili riguardo al loro assorbimento e potenziale effetto sugli organismi del suolo. Il team, coordinato dal dott. Claus Svendsen, ha effettuato test di tossicità per valutare l'effetto delle NP di ossido di zinco (ZnO) e argento (Ag) sui lombrichi (Eisenia andrei e Lumbricus rubellus), con lo scopo di far luce sulle principali vie di assorbimento delle NP di metallo in questi organismi. La dott.ssa Maria Diez-Ortiz, a capo della ricerca del progetto NANO-ECOTOXICITY, ci parla dei risultati ottenuti e di come prevede che questi contribuiranno a migliorare le conoscenze e a creare strumenti che permettano di sviluppare standard per il rischio ambientale e metodologie per la valutazione del rischio. Qual è il contesto del progetto NANO-ECOTOXICITY? La nanotecnologia si basa sull'idea che, progettando le dimensioni e la forma dei materiali nella scala degli atomi, come per esempio i nanometri (nm), le proprietà ottiche, elettroniche o magnetiche possono essere regolate per produrre nuove proprietà con un valore commerciale. Vi è tuttavia una preoccupazione che queste nuove proprietà possano portare a un nuovo comportamento quando interagiscono con gli organismi biologici, producendo nuovi effetti potenzialmente tossici. Poiché le nanoparticelle (NP) hanno dimensioni simili ai virus, il loro assorbimento e trasporto attraverso i tessuti si basa su meccanismi diversi da quelli dell'assorbimento e il trasporto molecolare. Ci si preoccupa quindi che i test tossicologici standard possano non essere applicabili o affidabili per quanto riguarda le NP, il che comprometterebbe le attuali procedure di valutazione del rischio. La maggior parte della ricerca sulla nano-sicurezza nell'ambiente si è finora concentrata sull'ambiente acquatico. L'attuale ricerca sul destino ambientale indica, però, che le nanoparticelle si accumuleranno principalmente nel suolo. Dopo essere entrate nei flussi di rifiuti liquidi, le nanoparticelle passeranno attraverso i processi di trattamento delle acque reflue, finendo in fanghi che potrebbero accumularsi nei terreni agricoli, dove questi fanghi sono spesso usati. Quali sono i principali obiettivi del progetto? Il progetto si occupa della tossicocinetica - cioè il grado al quale una sostanza chimica entra in un corpo e influisce su di esso - delle nanoparticelle di metallo che vengono a contatto con gli organismi che vivono nel terreno. Lo scopo è determinare il destino delle NP e gli effetti sugli ecosistemi del terreno per mezzo di casi di studio con NP di ossido di zinco e argento, che rappresentano una diversa cinetica del destino. Gli obiettivi principali del progetto sono valutare la tossicità delle nanoparticelle di metallo nel terreno a breve e lungo termine, la principale via di esposizione per i lombrichi e se essa differisce da quelle dei metalli ionici e, infine, l'influenza dei mezzi di esposizione sulla tossicità delle nanoparticelle di metallo. Cosa c'è di nuovo o innovativo nel progetto e nel modo in cui affronta tali questioni? Abbiamo svolto uno studio a lungo termine in cui del terreno con NP di Ag è stato conservato e lasciato maturare per un periodo di un anno, ne abbiamo testato la tossicità all'inizio e dopo tre, sette e dodici mesi di maturazione. I risultati hanno mostrato che la tossicità del terreno aumentava con il tempo, il che significa che i test di tossicità standard a breve termine potrebbero sottovalutare il rischio ambientale delle nanoparticelle di argento. Contemporaneamente, abbiamo scoperto che gli organismi esposti alle nanoparticelle di argento negli studi a breve termine accumulavano concentrazioni di argento più alte rispetto agli organismi che erano esposti alla stessa concentrazione di argento ionico. In ogni caso, gli organismi esposti alle NP presentavano effetti tossici più bassi. Questa osservazione contraddice l'ipotesi prevalente in tossicologia secondo la quale la concentrazione assorbita è legata direttamente alla concentrazione chimica nel luogo preso in esame e quindi alla sua tossicità, e crea un nuovo paradigma per la nano-ecotossicologia. Quello che ancora non sappiamo è se le NP di metallo accumulate possano a più lungo termine diventare tossiche (per es. attraverso la dissoluzione e il rilascio di ioni) nelle cellule e nei tessuti nei quali le NP di Ag sono conservate. Se fosse vero, le alte concentrazioni accumulate potrebbero risultare in una maggiore tossicità a lungo termine per le NP rispetto alle forme ioniche. Questo potrebbe trasformare queste NP accumulate in "bombe a orologeria" per quanto riguarda gli effetti e la tossicità a lungo termine. Dobbiamo però tenere a mente che le concentrazioni ambientali previste sulla base dell'uso attuale delle nanoparticelle (per esempio i risultati del progetto dell'UE NANOFATE2) sono spesso minori di quelle usate in questi studi, il che significa che è improbabile che tali accumulazioni di nanoparticelle di argento si verifichino nell'ambiente o negli esseri umani. Quali difficoltà avete incontrato e come le avete superate? I problemi principali che abbiamo incontrato riguardano il rintracciare le nanoparticelle nei tessuti e nel terreno, poiché sono entrambi matrici complesse. L'analisi delle particelle è comunque una sfida, anche quando sono nell'acqua, ma raccogliere informazioni sul loro stato in queste matrici spesso richiede concentrazioni di esposizione non realistiche (a causa dei bassi limiti di rilevazione delle tecniche altamente specializzate usate per l'analisi) o l'estrazione delle particelle dalla matrice, che potrebbe cambiare lo stato delle particelle. In questo progetto, mi sono spostata all'Università del Kentucky per lavorare con Jason Unrine e abbiamo usato estrazioni delicate a base di acqua di campioni di terreno immediatamente prima di analizzarli usando il "frazionamento in campo flusso" e la "spettrometria di massa a plasma accoppiato induttivamente" per identificare lo stato delle nanoparticelle nei terreni invecchiati. Per osservare quale forma (speciazione) di argento e zinco proveniente dalle esposizioni alle nanoparticelle si trova nei lombrichi, ho collaborato con i ricercatori di NANOFATE presso l'Università di Cardiff che hanno fissato e sezionato finemente i tessuti dei vermi. Sono stata fortunata perché ho avuto il tempo di usare strutture specialistiche come il sincrotrone Diamond Light Source nel Regno Unito per studiare dove e in che forma i metalli e le potenziali nanoparticelle potessero trovarsi in questi tessuti. La difficoltà principale è che non appena si estraggono le nanoparticelle dalla confezione cominciano a cambiare, soprattutto quando sono messe in ambienti come terreni e acqua naturali, o persino negli organismi. È quindi necessario svolgere tanta caratterizzazione durante l'esposizione per stabilire lo stato delle nanoparticelle cui gli organismi sono stati esposti e quanto velocemente cambiano da particelle intatte a ioni dissolti o particelle con superfici completamente diverse. Nel corso di questo breve progetto sono state trovate soluzioni tecniche per la caratterizzazione, ma questa rimarrà una difficoltà logistica per molti anni a venire poiché l'attrezzatura di analisi è ancora molto specialistica e costosa e quindi non disponibile a tutti. Quali sono i risultati concreti della ricerca fino a questo momento? Il progetto ci ha aiutato a tirare varie conclusioni riguardo l'impatto delle NP sull'ambiente e come valutarlo. Innanzitutto adesso sappiamo che l'acidità del suolo, o pH, influisce sulla dissoluzione e la tossicità delle nanoparticelle di ZnO. Poi abbiamo scoperto che la tossicità delle nanoparticelle di argento aumenta nel tempo e che il rivestimento delle particelle influisce sulla loro tossicità per gli invertebrati del terreno. Come abbiamo detto prima, i lombrichi esposti alle nanoparticelle di argento per 28 giorni hanno accumulato concentrazioni di argento più alte rispetto ai lombrichi esposti a ioni di argento, anche se l'argento in eccesso proveniente dalle nanoparticelle non aveva un effetto tossico. Inoltre l'ingestione del terreno è stata identificata come la via principale di esposizione a NP di Ag e NP di ZnO nei lombrichi. Cosa possono fare l'industria e i responsabili delle decisioni per assicurare che i nanomateriali non influiscano sul nostro ambiente? Speriamo che questo progetto, e il più grande progetto NANOFATE al quale è collegato, fornisca conoscenze e strumenti che permettano di identificare standard per il rischio ambientale e metodologie per la valutazione del rischio da applicare alle nanoparticelle ingegnerizzate (engineered nanoparticles o ENP) con appena un paio di modifiche assennate. Gli attuali sistemi e protocolli per la valutazione del rischio chimico sono stati sviluppate nel corso di decenni e, dove non ci sono nuovi meccanismi tossici, i nostri risultati tendono a dimostrare che il nano si adatta bene a condizione che si misurino le cose giuste e si caratterizzino adeguatamente esposizioni realistiche. La nostra ricerca ha lo scopo di determinare gli aggiustamenti minimi necessari. Finora tutto indica che i potenziali benefici provenienti dalla nanotecnologia si possono comprendere e gestire in sicurezza insieme alle altre sostanze chimiche. Anche se siamo abbastanza sicuri che a questo stadio le ENP non rappresentino conseguenze più gravi su importanti parametri biologici - come la riproduzione - rispetto alle loro forme ioniche, i risultati di NANO-ECOTOXICITY dimostrano che abbiamo ancora strada da fare prima di poter affermare con certezza che non crediamo che ci siano altri effetti a basso livello o a lungo termine. Come per tutte le sostanze chimiche, sostenere una tale affermazione è impossibile con i test a breve termine. Pensiamo che le conclusioni finali da parte dell'industria e dei regolatori dovrebbero e dovranno essere tratte con un approccio basato sul "peso della prova", il che prova che c'è un divario tra i probabili livelli di esposizione previsti e quei livelli per i quali si è dimostrato che causano effetti o accumuli nelle specie dell'ecosistema. Quali sono i prossimi argomenti di ricerca di cui vi occuperete? Il progetto si è concluso ma il prossimo passo per qualsiasi altra opportunità di finanziamento sarebbe studiare gli scenari di esposizione più rilevanti dal punto di vista ambientale analizzando come le nanoparticelle si modificano nell'ambiente e interagiscono con i tessuti e gli organismi viventi a diversi livelli trofici. Mi piacerebbe studiare la trasformazione delle nanoparticelle e le interazioni nei tessuti viventi. Finora, gli studi che hanno identificato questo accumulo "in eccesso" di carici di metallo non tossico negli organismi esposti alle nanoparticelle sono stati sempre a breve termine. A parte il potenziale ovviamente maggiore di trasferimento nella catena alimentare, non si sa neanche se, a lungo termine, i metalli derivanti dalle NP accumulati diventino tossici quando si trovano in tessuti e cellule. Una tale trasformazione e rilascio di ioni di metallo all'interno dei tessuti potrebbe in definitiva risultare in una maggiore tossicità a lungo termine per le NP rispetto alle forme ioniche. Inoltre, vorrei testare le esposizioni in un modello di ecosistema funzionante che comprenda interazioni interspecifiche e trasferimento trofico. Poiché le interazioni tra biota e nanoparticelle sono rilevanti nei sistemi naturali del terreno, è necessario fare attenzione quando si cerca di prevedere le conseguenze ecologiche delle nanoparticelle sulla base di studi in laboratorio condotti con una sola specie. In presenza di tutta la gamma di componenti biologici dei sistemi del terreno, le NP complesse potrebbero seguire una serie di percorsi nei quali i rivestimenti potrebbero essere eliminati e sostituiti con materiali essudati. Sono quindi necessari studi per quantificare la natura di queste interazioni in modo da identificare il destino, la biodisponibilità e la tossicità di forme realistiche "non intatte" di NP presenti in ambienti del terreno reali. Il progetto è stato coordinato dal Natural Environment Research Council nel Regno Unito.Per maggiori informazioni, visitare: Natural Environment Research Council http://www.nerc.ac.uk Scheda informativa del progetto
Paesi
Regno Unito