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Association of Uranium with Organic Matter- and Iron-bearing Colloids in Wetland Environments

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Un miglior uso delle zone umide per eliminare la contaminazione da uranio nell’acqua potabile

Spesso, per affrontare il problema della diminuzione dei limiti per quanto riguarda le concentrazioni massime di uranio (U) nell’acqua potabile, viene proposto l’uso di zone umide naturali o artificiali quale trattamento delle acque economico e su piccola scala. Un’iniziativa dell’UE ha analizzato più a fondo il trasporto e la cattura dell’uranio nelle zone umide.

Il trasporto dell’U è controllato dal suo stato di ossidoriduzione, che nell’ambiente può essere esavalente [U(VI)] o tetravalente [U(IV)]. Nel suo stato U(VI) l’uranio viaggia insieme all’acqua, ma in quello U(IV) rimane sostanzialmente immobile. «Ciononostante, la stabilità a lungo termine delle specie di U(IV) formate non è ben compresa», afferma la dott.ssa Rizlan Bernier-Latmani, coordinatrice del progetto UMIC, finanziato dall’UE. Una quantità significativa di uranio viene mobilizzata, anche nella sua forma ridotta, e contamina diversi siti della rete idrologica. Precedenti studi suggeriscono la possibilità che il responsabile della dispersione dell’U(IV) nei bacini idrografici sia lo stato colloidale, ma negli ambienti umidi è stata segnalata una bassa presenza di colloidi contenenti U(IV). Ad oggi, nessuno studio ha rilevato la presenza di colloidi contenenti U(IV) in zone umide non interessate da attività antropogeniche. Mancano inoltre informazioni sui processi che portano alla formazione dell’attuale vettore della dispersione dell’uranio, ovvero i colloidi contenenti ferro (Fe) e materia organica naturale (NOM), chiamati per l’appunto colloidi Fe-NOM. «La comprensione di questi processi è fondamentale per prevedere l’efficienza delle zone umide nel catturare l’uranio, provocando la contaminazione dell’acqua», evidenzia la dott.ssa Bernier-Latmani. I partner del progetto hanno ricercato nuove indicazioni di colloidi contenenti U(IV) negli ambienti umidi, tra cui zone umide non interessate da attività antropogeniche, e hanno ulteriormente caratterizzato i colloidi individuati in tali luoghi. Approfondire la mobilità dell’uranio nelle zone umide non inquinate I ricercatori hanno trovato colloidi contenenti uranio, materia organica e ferro di dimensioni molto piccole nell’incontaminata zona umida montuosa di Gola di Lago, in Svizzera. In questi stessi campioni, hanno inoltre accertato la presenza di notevoli quantità di uranio nella sua forma ridotta, ovvero U(IV). «Abbiamo rilevato, per la prima volta, la formazione di piccolissimi colloidi contenenti U(IV) potenzialmente mobili in una zona umida montuosa non contaminata dall’uomo», spiega la dott.ssa Bernier-Latmani. La presenza dei colloidi contenenti U(IV) in questa zona umida è degna di nota perché l’U(IV) è generalmente considerato immobile nelle strategie di bonifica. «Si spera che la caratterizzazione della speciazione dell’uranio in ambienti indisturbati, e soprattutto la determinazione delle specie inaspettate, contribuisca a spiegare il motivo per cui l’uso delle zone umide per la bonifica dell’uranio abbia successo solo in alcuni casi». Il gruppo di ricerca di UMIC ha dimostrato che i colloidi contenenti U(IV) si possono formare sia in ambienti altamente interessati da attività antropogeniche sia in ambienti indisturbati, anche se le concentrazioni di uranio nell’acqua interstiziale sono molto basse. Questo risultato è importante per la comprensione dei processi fondamentali della captazione dell’uranio in contrapposizione al suo potenziale rilascio attraverso gli ambienti umidi. In caso di disturbi ambientali quali i cambiamenti climatici o le modifiche ai programmi di gestione territoriale per quanto concerne le suddette zone umide incontaminate, i colloidi contenenti U(IV) presenti nell’acqua interstiziale delle zone umide potrebbero essere mobilizzati da tali luoghi verso valle. Pertanto, nei modelli predittivi di trasporto sarebbe necessario prendere in considerazione la possibile presenza e formazione di colloidi contenenti U(IV) nelle zone umide, ad esempio quando si programma la gestione delle risorse idriche o si elaborano strategie di bonifica in base alla bioriduzione dell’uranio da U(VI) a U(IV). «UMIC ci ha consentito di dimostrare la presenza di U(IV) nell’acqua interstiziale delle zone umide naturali, plausibilmente sotto forma di colloidi organici», conclude la dott.ssa Bernier-Latmani. «I nostri risultati dovrebbero incentivare i futuri modelli per la riduzione di U(VI) nelle zone umide, che dovranno tener conto della potenziale riduzione dei colloidi contenenti U(VI) in colloidi contenenti U(IV) mobili e non necessariamente bloccati nel materiale sedimentario». Questa ricerca è stata intrapresa con il supporto del programma Marie Curie.

Parole chiave

UMIC, zona umida, U(IV), colloidi, U(VI), acqua interstiziale, uranio, trattamento delle acque, bonifica dell’uranio

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