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Contenuto archiviato il 2023-03-06

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Gli oceani sono a rischio esaurimento ossigeno se non viene monitorato l'impiego dei combustibili fossili

In Danimarca alcuni ricercatori hanno dimostrato che se non si verifica una sostanziale riduzione delle emissioni di gas serra indotte dall'uomo, ampie zone degli oceani andranno incontro a una perdita di ossigeno che renderà impossibile la sopravvivenza di pesci e crostacei. ...

In Danimarca alcuni ricercatori hanno dimostrato che se non si verifica una sostanziale riduzione delle emissioni di gas serra indotte dall'uomo, ampie zone degli oceani andranno incontro a una perdita di ossigeno che renderà impossibile la sopravvivenza di pesci e crostacei. Lo studio è stato pubblicato nella rivista Nature Geoscience. Gli scienziati hanno utilizzato un modello computerizzato, sviluppato dal Danish Centre for Earth System Science (DCESS), in grado di analizzare i cambiamenti che si verificheranno su scala mondiale nei prossimi 100.000 anni. Il modello DCESS comprende moduli relativi ad atmosfera, oceano, sedimenti oceanici, biosfera terrestre e litosfera. Secondo lo studio, il modello riproduce "le variazioni osservate a partire dal 1765 relative alle principali misurazioni climatiche, inclusi il surriscaldamento dell'atmosfera e degli oceani, il contenuto dei gas atmosferici e l'assorbimento di CO2 registrato negli oceani e nella biosfera terrestre". Sono stati presi in considerazione due scenari illustrati dal Gruppo intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC): il primo prevede un moderato aumento della temperatura (3°C), mentre il secondo prevede una crescita significativa della stessa (4,8°C). In entrambe le simulazioni è stata registrata una perdita d'ossigeno nei 500m più vicini alla superficie dell'oceano, imputabile principalmente al surriscaldamento dello strato superficiale. È significativo che sia stata evidenziata una diminuzione della circolazione profonda oceanica caratterizzata dal cosiddetto "overturning", il fenomeno per cui le acque superficiali ricche di ossigeno vengono spinte in profondità. Per lo scenario caratterizzato da una più elevata quantità di emissioni, in particolare, veniva predetta "una grave e perdurante perdita di ossigeno", mentre in entrambi i casi è risultata evidente l'espansione delle zone subossiche dell'oceano, dove è nulla la presenza di pesci e di altre creature di discrete dimensioni. Nello studio si legge "Osserviamo una considerevole e perdurante perdita di ossigeno e un'espansione delle zone subossiche che interessa anche lo scenario caratterizzato da una quantità di emissioni relativamente moderate (...) e da uno scambio costante delle acque". "La perdita di ossigeno calcolata nella simulazione inciderebbe negativamente sulla globalità dell'ambiente marino. I banchi di pesci non potrebbero espandersi nelle regioni ipossiche e crescerebbe la mortalità in prossimità delle scogliere e dei pendii in prossimità delle coste." Gli studi evidenziano che l'espansione delle zone subossiche avviene in concomitanza al surriscaldamento dell'atmosfera e degli oceani. Il modello, in linea con lo studio sopra menzionato e con altri studi analoghi, prevede un'espansione delle zone subossiche che varia dalle tre alle sette volte. Gli autori spiegano che l'espansione delle zone subossiche causerebbe l'aumento della presenza di svariati microbi e di plancton e una conseguente crescita di azotofissatori che, secondo i ricercatori, potrebbero provocare variazioni imprevedibili dal punto di vista della struttura e della produttività dell'ecosistema oceanico e comprometterlo gravemente. Le conclusioni dello studio sono semplici: "Per contenere la perdita di ossigeno in atto e gli effetti negativi ad essa correlati, è necessario ridurre le emissioni originate dai combustibili fossili." Si ritiene che gli eventi legati alla perdita di ossigeno possano essere alle origini di varie estinzioni avvenute nel corso della storia, inclusa l'estinzione di massa avvenuta 250 milioni di anni fa.

Paesi

Danimarca

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