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Contenuto archiviato il 2023-03-02

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Allerta degli scienziati sul collasso dell'ecosistema marino

«Tutte le specie sono importanti» è il messaggio fondamentale contenuto in una relazione internazionale sulla biodiversità marina. Le minacce poste ad alcune specie stanno seriamente pregiudicando la capacità degli oceani di produrre pesce, resistere alle malattie, filtrare le...

«Tutte le specie sono importanti» è il messaggio fondamentale contenuto in una relazione internazionale sulla biodiversità marina. Le minacce poste ad alcune specie stanno seriamente pregiudicando la capacità degli oceani di produrre pesce, resistere alle malattie, filtrare le sostanze inquinanti e riprendersi da sollecitazioni quali il sovrasfruttamento della pesca e il cambiamento climatico, hanno concluso gli scienziati al termine di uno studio quadriennale. Dallo studio, pubblicato sulla rivista «Science», è emerso che ogni specie scomparsa accentua l'instabilità dell'ecosistema generale. Lo studio ha peraltro fornito informazioni più incoraggianti rivelando che ogni specie recuperata contribuisce significativamente alla produttività e alla stabilità generali dell'ecosistema, nonché alla sua capacità di sopportare le sollecitazioni. «Tanto dall'osservazione di pozze di marea quanto dall'analisi di studi condotti sugli oceani del mondo intero, è emerso lo stesso quadro», ha affermato il responsabile del progetto, Boris Worm, della Dalhousie University (Canada). «La scomparsa di specie provoca la perdita di produttività e di stabilità di interi ecosistemi. Sono rimasto sconvolto e turbato dalla puntualità con cui abbiamo visto confermarsi queste tendenze, molto più marcata di quanto pensassimo». Non solo ogni singola specie ittica è indispensabile alla sopravvivenza della fauna marina: la vita dei pesci dipende da condizioni di acqua pulita e dalla presenza di popolazioni di predatori e di habitat diversi. Gli scienziati raccomandano dunque di passare dalla gestione individuale alla gestione globale delle specie. «Se non modificheremo sostanzialmente il modo in cui gestiamo tutte le specie oceaniche nel loro complesso, come ecosistemi funzionanti, questo sarà l'ultimo secolo in cui gli oceani saranno popolati da pesci selvatici», ha fatto presente il coautore Steve Palumbi, della Stanford University (USA). In realtà, la relazione sostiene che, entro il 2048, gli stock di tutte le specie attualmente pescate a fini alimentari saranno inferiori al 10% delle catture massime registrate. Di conseguenza, non solo diventerà impossibile pescare, ma anche permettere il ripopolamento degli stock. Non solo gli oceani produrranno meno pesce, ma le restanti risorse ittiche potrebbero costituire una minaccia per la salute umana, poiché gli ecosistemi diventeranno vulnerabili alle specie invasive, all'insorgere di malattie e a pericolose fioriture algali. Al momento non esistono accordi internazionali per impedire il sovrasfruttamento della pesca. Gli Stati membri dell'Unione europea devono rispettare i limiti di cattura stabiliti dalla politica comune della pesca, ma altri paesi hanno fissato le proprie quote. Secondo il dottor Worm, è ancora possibile riparare i danni causati: «Possiamo ribaltare la situazione. Ora come ora, però, è efficacemente protetto meno dell'1% di tutti gli oceani. Il problema non si risolverà del tutto nel giro di un anno, ma in molti casi le specie tornano più rapidamente di quanto si possa immaginare, ovvero in un arco di tempo che può andare da tre a cinque o dieci anni e, quando questo è avvenuto, i vantaggi economici sono stati immediati.» Lo studio è stato realizzato da gruppi di ricercatori di Canada, Svezia, Regno Unito, USA e Repubblica di Panama. Gli scienziati hanno analizzato 32 esperimenti controllati, studi osservazionali condotti su 48 aree marine protette e dati sulle catture globali forniti dalla banca dati dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO).

Paesi

Canada, Svezia, Regno Unito, Stati Uniti

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