Nuovi biomateriali permettono la progettazione di isole pancreatiche ricavate da singole cellule
La prospettiva di somministrazione di farmaci o insulina per tutta la vita è, a dir poco, demoralizzante. Ed è ancora peggio per i pazienti diabetici che non rispondono alla somministrazione di insulina o non presentano sintomi di ipoglicemia, ad essi resta soltanto il trapianto di organi o di isole pancreatiche cadaveriche, che presentano entrambe una mancanza di donatori e limitata durata di vita. Ciò non significa che non c’é speranza. Il trapianto di isole pancreatiche è ampiamente riconosciuto come alternativa più adatta al trapianto di organo intero e, se dovesse diventare più efficiente, potrebbe un giorno essere la procedura scelta da molti pazienti in tutto il mondo. Come spiega il prof. Matteo Santin, direttore del Centre for Regenerative Medicine and Devices (CRMD) dell’Università di Brighton, gli attuali metodi di trapianto delle isole presentano notevoli limiti: mancanza di disponibilità di donatori, processo di selezione inaffidabile, trasporto difficile e forte risposta immunitaria dell’ospite verso le isole del donatore. Proprio per superare questi limiti il prof. Santin ha avviato la ricerca su NEXT – un nuovo approccio al trapianto bioingegnerizzato delle isole usando la nanotecnologia – a ottobre 2013. “Il progetto NEXT è il risultato del lavoro interdisciplinare svolto da medici, scienziati dei materiali e biotecnologici che si basa sulle ultimissime scoperte sui nanomateriali biomimetici,” spiega. I biomateriali del progetto sviluppati al CRMD sono tra le sue scoperte più importanti – possono stimolare la formazione di pseudo-isole tramite l’assemblaggio di cellule beta pancreatiche e cellule endoteliali vascolari. In approcci precedenti, i biomateriali erano solo usati per incapsulare le isole pancreatiche isolate. Questo è risultato in una protezione limitata delle isole dalla risposta dell’ospite e in una scarsa integrazione con il tessuto circostante. NEXT risolve entrambi i problemi contemporaneamente. “A differenza degli aggregati cellulari disordinati formati con altri metodi, il nostro biomateriale fa sì che il biochip risponda agli stimoli iperglicemici con un’aumentata produzione di insulina. Inoltre, offre un punto di ancoraggio per l’accoppiamento del biochip con le proteine immunosoppressori,” spiega il prof. Santin. Grazie a questo accoppiamento, è possibile impedire i percorsi biochimici specifici della risposta immunitaria dell’ospite che con il trattamento attuale porterebbe alla morte delle isole pancreatiche, rendendo superfluo l’uso di farmaci immunosoppressori responsabili dell’effetto avverso per i pazienti. Inizialmente, il team del progetto intendeva fornire un peptide immunosoppressore direttamente integrato nel loro biomateriale. Poiché i risultati erano insoddisfacenti, è stata invece prodotta una proteina ricombinante, ma le sue dimensioni relativamente grandi la rendono inadatta per l’integrazione nel biochip. Il prof. Santin fa notare che la proteina deve ancora essere aumentata a livelli industriali sostenibili e la procedura ottimizzata in modelli in vivo dedicati. “L’ottimizzazione dovrà verificare le dimensioni e il numero di biochip ottimali per invertire le condizioni diabetiche in modelli animali scelti e dev’essere allargata in protocolli xenogenici per provare che la tecnologia funziona quando vengono trapiantati i biochip immuno-protetti basati su altre specie animali. Ciò non è stato raggiunto dai partner a causa delle limitazioni temporali,” dice. Nel frattempo, i partner sono riusciti a sviluppare nuove metodologie ed attrezzature che permettono la riuscita del trapianto clinico di biochip in tessuto ingegnerizzato: un modello in vitro della fibrosi di AvantiCells Science per testare la propensione delle isole pancreatiche a essere incapsulate in una capsula fibrosa indesiderata, un bioreattore a batteria di Cellon che può essere facilmente accomodato sulle ambulanze, un set completo di proteine immunocompressori ricombinanti, nonché un nuovo toolkit per l’assemblaggio modulare del DNA ora commercializzato come Doulix di Explora. Se tutto andrà secondo i piani, la tecnologia NEXT potrebbe anche essere estesa all’attuale procedura clinica di trapianto delle isole pancreatiche all’utilizzo di tessuti animali e non solo campioni cadaverici. La tecnologia consentirà l’istituzione di banche cellulari da utilizzare per la produzione di biochip immunoprotetti, risolvendo quindi il problema della mancanza di donatori e delle reazioni immunitarie dopo il traprianto.
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