Giungere a una migliore comprensione dell’autoassemblaggio molecolare nelle celle solari organiche
Le celle solari organiche offrono la prospettiva non solo di un’alternativa più economica alla dominante versione al silicio, ma anche di una maggiore flessibilità di impiego. Per via della loro sottigliezza, esse potrebbero essere usate sopra superfici più grandi e potrebbero essere applicate direttamente a materiali da costruzione con forme variabili, a differenza delle convenzionali celle solari polimeriche (PSC) che sono limitate alle superfici piane. Tuttavia, il calcolo dei meriti relativi dei rivestimenti semiconduttori organici rappresenta una sfida sperimentale per i ricercatori, in parte a causa della sottigliezza dei loro strati che rende impercettibili gli effetti delle prestazioni che risultano quindi difficili da misurare. Il progetto NEUTRONOPV, finanziato dall’UE, ha accettato la sfida a un livello generale, per sviluppare una migliore comprensione della relazione tra condizioni di lavorazione, morfologia dello strato attivo e prestazioni del dispositivo nelle celle solari. Essi hanno anche cercato specificamente di sviluppare delle tecniche di caratterizzazione nuove e più impegnative per lo studio delle celle solari. I neutroni e la nanostruttura Allo scopo di ottenere una comprensione sistematica di come piccoli cambiamenti nella composizione del film della cella solare davano origine a cambiamenti nell’efficienza della cella, il progetto NEUTRONOPV ha trattato una varietà di miscele di polimeri semiconduttori. I ricercatori hanno poi preso queste varianti graduate nella composizione per generare una serie di dispositivi con differenti morfologie, che potevano essere poi misurati per quanto riguarda criteri quali mobilità della carica e prestazioni fotovoltaiche. Questi film molto sottili (meno di un micron) sono stati creati sia mediante il metodo basato in laboratorio del rivestimento per rotazione, che mediante il metodo che può essere portato su scala industriale del rivestimento a spruzzo. Come spiega meglio il prof. Richard Jones, “Il processo che utilizziamo per farli è molto semplice – proprio come stendere una vernice su una superficie – ma quello che accade durante quel processo – quello che fanno le molecole – è molto complicato. Esse si organizzano da sole in modo da formare delle particolari strutture su scala nanometrica, ed è la natura di quella struttura che determina quanto efficiente sia la cella solare.” Allo scopo di meglio comprendere l’auto assemblaggio delle molecole, il team ha utilizzato delle tecniche che indirizzano un fascio di neutroni verso il campione e poi misurano come questi neutroni sono stati sparpagliati dalle strutture su scala nanometrica presenti nello strato. Come chiarisce il prof. Jones, “Questo approccio è molto più potente rispetto ad altre tecniche, in quanto esso ci fornisce risultati quantitativi che sono rappresentativi di tutto il film, ma esso è molto difficile da effettuare su film molto sottili dato che singolarmente l’effetto sul fascio di neutroni è molto debole.” Per superare questa difficoltà, il ricercatore del progetto Gabriel Bernado ha ideato un metodo per impilare un numero elevato di film assieme in modo da accrescere l’effetto. Gli approcci basati su neutroni sono stati inoltre completati con tecniche più convenzionali effettuate in laboratorio. Verso l’economia a basse emissioni di carbonio Sembrano esserci molteplici benefici in questo approccio con composizione mista. Esso offre la prospettiva di una produzione più sostenibile, per esempio offrendo sostituti ai solventi alogenati, che si è dimostrato sono pericolosi per la salute umana e anche per l’ambiente. Inoltre, dal momento che le celle solari organiche promettono di essere più economiche, più facili da applicare a grandi aree e molto più adattabili a superfici variabili rispetto alle tradizionali opzioni al silicio, è probabile che vangano prontamente adottate, supportando così gli sforzi per creare un’economia a basse emissioni di carbonio. Come dice con entusiasmo il prof. Jones, “Io sono entusiasta del potenziale che l’auto assemblaggio – in cui le molecole si organizzano da sole, seguendo semplici regole, per formare strutture complesse – offre per dispositivi funzionali che fanno cose interessanti e utili, come convertire la luce in elettricità. Io voglio comprendere come funzionano questi processi, in modo da poterli sfruttare a beneficio della società.” Con questo obiettivo, il team sta adesso lavorando per applicare queste tecniche e metodologie a una varietà di sistemi differenti, inclusi ibridi di semiconduttori organici e nanoparticelle semiconduttive inorganiche.
Parole chiave
Fotovoltaico organico, neutrone, struttura su scala nanometrica, celle solari, economia a basse emissioni di carbonio, rivestimenti semiconduttori, rivestimento per rotazione, rivestimento a spruzzo, autoassemblaggio