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Contenuto archiviato il 2024-06-18

Evaluating the Post-Lisbon Effects of Delegation in the EU External Relations

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Nuove informazioni per una gestione più efficace delle relazioni esterne dell’Europa

L’impegno per comprendere il modo in cui gli Stati membri influenzano l’azione esterna e la politica estera dell’UE può aiutare a creare un’Europa più forte e più unita nelle relazioni con il resto del mondo.

In un’era caratterizzata dalla volatilità dell’economia e da un crescente euroscetticismo, è più che mai necessario rafforzare e unire la politica estera europea. Se da un lato il trattato di Lisbona ha consolidato la politica europea di vicinato (PEV) e gli aiuti allo sviluppo, dall’altro il nuovo assetto istituzionale ha modificato i modelli di delegazione tra i soggetti che definiscono le politiche estere dell’UE, influendo sulle relazioni esterne degli stati membri. Il modo in cui l’Europa affronta problemi come i diritti umani, l’applicazione della legge, la democratizzazione e gli scambi commerciali è fondamentale per il futuro successo dell’Unione. Di fronte a questa situazione, il progetto DELEXPOL (Evaluating the post-Lisbon effects of delegation in the EU external relations), finanziato dall’UE, ha recentemente studiato questi cambiamenti, raccogliendo informazioni importanti sul modo in cui è possibile snellire le relazioni esterne dell’UE. “Senza dubbio, il trattato di Lisbona ha rappresentato una tappa significativa per rendere più prominente il ruolo dell’UE sullo scenario internazionale,” dichiara Ilze Rūse, professore associato della Scuola Universitaria di Giurisprudenza di Riga, in Lettonia. La sfide della definizione della politica estera dell’UE Il problema, tuttavia, riguarda il fatto che i soggetti deputati alla definizione delle politiche estere dell’UE hanno sempre più difficoltà nel trovare un accordo, a causa delle divergenze tra le varie posizioni. “L’effetto di questa complessità si nota spesso nell’essenzialità che caratterizza molti accordi, nei quali la complessità procedurale contribuisce a far sì che il risultato politico sia politicamente meno ambizioso,” sottolinea Rūse. Ciononostante, gli stati membri vedono positivamente le delegazioni del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) per il rafforzamento della credibilità e l’acquisizione di un’esperienza utile in relazione alle politiche. Il nuovo assetto ha inoltre visto un aumento dei meccanismi di “controllo” degli stati membri, che considerano il SEAE come una sorta di “agente” per l’implementazione delle politiche decise dai singoli ministri degli esteri più che come il nuovo “ministero degli esteri dell’UE”. Una nuova teoria di ricerca che ha dato risultati molto interessanti Applicando un nuovo approccio alla ricerca empirica, la cosiddetta teoria principale-agente, la prof.ssa Rūse e il suo team hanno riscontrato che gli stati membri sfruttano ogni opportunità per controllare che il SEAE non acquisisca troppa autonomia nella definizione delle politiche estere dell’UE. “Gli Stati membri utilizzano diversi meccanismi di ‘controllo’ per evitare che il SEAE si allontani dalle loro posizioni d’elezione e tendono a chiedere conto del suo mandato,” spiega. Tra questi controlli vi sono la supervisione, le procedure amministrative, i controlli istituzionali e gli adattamenti legislativi. Nonostante il livello di supervisione che gli stati membri intendono esercitare, il team DELEXPOL ha scoperto che non desiderano necessariamente mantenere il pieno controllo sulla definizione delle 28 diverse politiche che riguardano l’azione esterna dell’UE. A causa della complessità istituzionale creata dal trattato di Lisbona, inoltre, tutti i soggetti devono collaborare ancora più strettamente e oculatamente per evitare di compromettere l’efficienza dell’azione esterna europea. La ricerca lettone evidenzia il ruolo svolto dagli stati membri più giovani Il progetto ha contribuito a fondare il programma avanzato per i paesi PEV, l’Asia centrale e i Balcani occidentali presso la Scuola universitaria di giurisprudenza di Riga. L’istituto ha curato il trasferimento delle conoscenze e dell’esperienza ai soggetti interessati degli stati membri in cui l’adozione delle riforme è più necessaria. Man mano che si diffonderà tra gli stati membri la consapevolezza delle complessità e dei meccanismi connessi alla gestione e alla conoscenza dell’azione e della politica estera dell’UE, l’Europa potrà godere di un ruolo sempre più prominente nello scenario internazionale.

Parole chiave

Relazioni esterne, politica estera, trattato di Lisbona, PEV, DELEXPOL, SEAE, teoria principale-agente

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