Un nuovo design a nido d’ape per migliori capacità di immagazzinamento dell’energia termochimica
Il progetto RESTRUCTURE, che si è concluso ufficialmente a gennaio 2016, ha verificato un sistema su scala semi-pilota di circa 74 kWh di capacità, che era stato costruito e messo in funzione presso il Juelich Solar Tower (STJ), in Germania. Anche se la capacità di immagazzinamento era relativamente bassa, è stata la prima volta che un concetto di questo tipo è stato validato in condizioni quasi realistiche per applicazioni di immagazzinamento del calore termochimico. Produrre il nido d’ape a ossidoriduzione “La novità del design del reattore [RESTRUCTURE] riguarda l’uso di una struttura ceramica a nido d’ape monolitica come elemento costitutivo, nella quale il materiale attivo può essere incorporato in diversi modi,” spiega il coordinatore del progetto, il dott. George Karagiannakis. “Questa struttura è molto simile ai “mattoni” di ceramica usati nei convertitori catalitici dei veicoli a motore.” Per quanto riguarda i materiali usati, il dott. Karagiannakis ha spiegato che sono a base di ossido di metallo (per es. ossido di cobalto e ossido di manganese. È stato necessario una sostanziale attività di sviluppo nell’ambito del progetto per produrre il nido d’ape di ossidoriduzione su vasta scala e il team del progetto ha dovuto affrontare diverse sfide. Alcuni esempi di tali sfide sono il raggiungimento di un buon compromesso tra la stabilità strutturale in condizioni operative e le prestazioni dell’ossidoriduzione, nonché l’ampliamento delle strategie di produzione inizialmente sviluppate su scala di laboratorio. Il consorzio del progetto però aveva già previsto la maggior parte di queste difficoltà e in diversi casi aveva sviluppato soluzioni alternative di riserva. I vantaggi delle strutture a nido d’ape monolitiche sono legate a un design più semplice per il reattore e l’inerente modularità di un sistema di questo tipo. “Questioni di cruciale importanza, come gli speciali accorgimenti per evitare che si verifichi un abbassamento dell’alta temperatura durante l’operazione, il rientro in circolo del materiale e altre misure di sicurezza riguardanti il contenimento efficiente delle particelle nel sistema, devono essere considerate quando ci si occupa di polvere/particelle piccole “tradizionali” in progetti di reattori fissi o mobili,” ha spiegato il dott. Karagiannakis. “Questo potrebbe aumentare considerevolmente la complessità del sistema e di conseguenza ridurre l’efficienza generale. Nessuno di questi problemi però desta particolari preoccupazioni quando si parla di reattori a nido d’ape.” Configurazione del reattore/sistema di scambiatore di calore Per tutta la durata del progetto, sono stati fatti test approfonditi in scala di laboratorio per identificare e verificare le formulazioni adatte. Il sistema semi-pilota sviluppato era un insieme di strutture a nido d’ape, che erano essenzialmente corpi strutturati scalati in base ai risultati dei test su piccola scala. Gli schemi di ossidoriduzione studiati nell’ambito del progetto RESTRUCTURE richiedono temperature massime di circa 1 000 gradi per poter funzionare e temperature così alte attualmente non sono disponibili negli impianti commerciali CSP esistenti. Con una capacità di immagazzinamento di energia di circa 25 kW, il sistema è stato alimentato da un flusso secondario del fluido caldo di lavoro (cioè aria calda) prodotto dal ricevitore solare presso il luogo di prova del STJ. Durante la carica e poiché la temperatura massima dell’aria calda fornita dal ricevitore solare era di circa 700 gradi, per raggiungere la temperatura richiesta di 1 000 gradi per la reazione di carica, è stato usato un bruciatore che ha fornito il calore aggiuntivo necessario. Durante la scarica, aria più fredda passava attraverso l’assemblaggio monolitico caricato e il calore prodotto veniva dissipato da questo flusso, aumentando in questo modo la sua temperatura nel punto di sbocco del reattore/scambiatore di calore. In questo modo, una parte dell’energia contenuta nel flusso di aria è conservata nella struttura a nido d’ape e il flusso esce dal sistema a una temperatura più bassa, ma ancora abbastanza alta da creare un ciclo di energia e produrre elettricità. Quando l’energia solare non è disponibile, la temperatura del flusso d’aria diminuisce sostanzialmente, ma quando viene forzato a passare attraverso il sistema di immagazzinamento si innesca una reazione di rilascio di calore, che aumenta la temperatura dell’aria, la quale viene usata nuovamente per far funzionare il ciclo di energia. Il futuro di RESTRUCTURE e i prossimi passi Il dott. Karagiannakis ha sottolineato che l’approccio adottato nel progetto RESTRUCTURE è considerato di “prossima generazione” e che la futura commercializzazione della tecnologia dipende fortemente dalla riuscita dello sviluppo industriale di tecnologie CSP di prossima generazione, ad alta temperatura e ad alta efficienza. È di questo che ci si sta occupando attualmente, anche se al di fuori del progetto. “Stiamo cercando modi di continuare le nostre attività di ricerca e di sviluppare ulteriormente la tecnologia”, conferma il dott. Karagiannakis. “In particolare, le strategie di ampliamento e di ottimizzazione sono al centro delle nostre attività future.” In generale il progetto ha contribuito a fare il primo importante passo verso la prova dell’efficienza teorica di un nuovo concetto per applicazioni di immagazzinamento di calore termochimico mediante la progettazione e la verifica di questo nuovo reattore/scambiatore di calore a nido d’ape. Adesso si spera di dare inizio a un progetto di follow-up per sviluppare ulteriormente i risultati di RESTRUCTURE e far avanzare la tecnologia verso la fase di pre-commercializzazione. Per ulteriori informazioni, visitare: Sito web del progetto RESTRUCTURE
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