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Contenuto archiviato il 2024-06-18

Three-dimensional nanobiostructure-based self-contained devices for biomedical application

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Dispositivi bioelettronici per applicazioni biomediche

L'integrazione di nanostrutture ed enzimi in nanobiostrutture tridimensionali (3D) cataliticamente attive ed elettroconduttive potrebbe trovare applicazioni biomediche e diagnostiche.

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I dispositivi bioelettronici rivestono un'enorme importanza scientifica e pratica per la scienza di base nonché per possibili applicazioni in medicina, nel'industria high-tech, nel settore militare, ecc. L'integrazione di biomateriali con elementi elettronici (ad esempio elettrodi, chip e transistor) produce sistemi ibridi che possono funzionare come pile a biocombustibile, biosensori e dispositivi bioinformatici. Tuttavia, uno dei principali ostacoli della bioelettronica consiste nella scadente comunicazione elettronica tra i biocomponenti e gli elementi elettronici. Il progetto 3D-NANOBIODEVICE ("Three-dimensional nanobiostructure-based self-contained devices for biomedical application"), finanziato all'UE, si proponeva in ultima istanza l'obiettivo tecnologico di generare un sistema bioelettronica ibrido in grado di funzionare in varie biomatrici, come sangue, siero e plasma. Dal punto di vista scientifico, i partner intendevano comprendere i principi fondamentali per controllare le reazioni di trasferimento degli elettroni tra nanoparticelle d'oro (AuNPs), nanotubi di carbonio, nonché i loro assemblaggi 3D e differenti biolementi. A tale scopo, i ricercatori hanno scelto di collegare con nanofili enzimi redox con AuNP o nanotubi di carbonio, eseguire le opportune modificazioni superficiali e utilizzare complessi redox. Per produrre tali bioelettrodi dotati di caratteristiche superiori, sono stati inizialmente creati modelli matematici delle loro prestazioni e i risultati ricavati dai calcoli sono stati confrontati con parametri determinati sperimentalmente. Il consorzio è riuscito a fabbricare bioelettrodi tridimensionali sensibili al glucosio e all'ossigeno, i quali sono stati utilizzati come biosensori, nonché bioanodi e biocatodi di pile a biocombustibile. I biosensori sono stati collegati a unità elettroniche composte da un radiotrasmettitore a bassa potenza, un amplificatore di tensione e un micropotenziostato. I segnali provenienti da tali biodispositivi ibridi, che corrispondevano a concentrazioni variabili di bioanaliti, sono stati trasferiti a un computer per l'elaborazione. Una novità del progetto è stata la dimostrazione prova di principio di biodispositivi wireless autoalimentati per un monitoraggio continuo di glucosio e ossigeno in diverse biometrici. Si prevede che ciò migliorerà la qualità di vita e aumenterà la sicurezza dei pazienti riguardo a malattie croniche come il diabete.

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