Sfruttare la resilienza della natura per sviluppare colture a prova di siccità
Le piante della resurrezione, come la Haberlea rhodopensis e la Xerophyta viscosa, possiedono la straordinaria capacità di sopravvivere all’estrema disidratazione dei loro tessuti vegetativi: esse possono infatti perdere fino al 95% del loro contenuto di acqua e, in seguito alla reidratazione, riprendere le proprie normali funzioni fisiologiche, il che le rende soggetti ideali per lo studio delle modalità attraverso cui è possibile sviluppare colture in grado di sopravvivere alla siccità.
La genomica per abilitare progressi in campo agricolo
Il progetto RESIST, realizzato con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, ha impiegato approcci avanzati di «omica», tra cui genomica, trascrittomica e metabolomica, al fine di analizzare le basi molecolari e genetiche della resilienza di queste piante. «Volevamo aumentare drasticamente i dati disponibili sulle piante della resurrezione», spiega Veselin Petrov, responsabile del dipartimento finanziamenti presso il Center of Plant Systems Biology and Biotechnology (CPSBB) in Bulgaria. «Abbiamo effettuato il sequenziamento dei genomi di una specie endemica della Bulgaria e di tre specie endemiche del Sudafrica generando grandi quantità di dati per l’analisi dei big data, la trascrittomica, la metabolomica e altro ancora.» Mediante l’identificazione dei geni e dei percorsi che aiutano le piante a sopravvivere e ad adattarsi alle condizioni di siccità, i ricercatori hanno cercato di trasferire questi tratti alle colture commerciali. «Il settore si trova ancora agli inizi, ma mediante l’applicazione di approcci complementari stiamo aprendo le porte a future applicazioni in ambito di selettocoltura», spiega Petrov. Coordinato dal CPSBB in Bulgaria, RESIST ha riunito istituzioni rinomate, tra cui l’Istituto Max Planck di fisiologia vegetale in Germania, la Ben-Gurion University of the Negev in Israele e l’University of Cape Town in Sudafrica, nell’ambito di una collaborazione internazionale che ha garantito un’esaustiva ricerca di approfondimento della resilienza delle piante e ha permesso a 33 ricercatori di effettuare distaccamenti.
Dal laboratorio al campo
Uno dei principali risultati del progetto è stato l’utilizzo del priming molecolare, un processo che tratta le colture con sostanze bioattive al fine di aumentarne la tolleranza agli stress. «Abbiamo utilizzato un estratto preparato dalle alghe dell’Oceano Atlantico per migliorare le prestazioni delle colture in condizioni di siccità», aggiunge Petrov. «E i risultati sono molto promettenti. Nelle nostre prove con i frutti di bosco, non solo abbiamo aumentato la resa, ma abbiamo anche ridotto il sunblotch, una condizione patologica che influisce sulla qualità di mercato dei lamponi». Le conoscenze acquisite dalle piante della resurrezione sono inoltre destinate a cambiare le carte in tavola nel campo agricolo: mediante l’integrazione dei tratti di tolleranza alla siccità nelle colture di base, gli agricoltori possono infatti coltivare varietà in grado di mantenere la resa in condizioni di scarsità d’acqua. Per di più, il miglioramento della resilienza delle colture contribuisce alla sostenibilità delle pratiche agricole: essendo più tolleranti alla siccità, infatti, richiedono meno irrigazione e consentono di conservare le risorse idriche, con una conseguente riduzione dell’impronta ambientale esercitata dall’agricoltura. Ciò risulta in linea con gli sforzi globali volti a promuovere sistemi di produzione alimentare sostenibili. RESIST ha già raggiunto traguardi significativi, tra cui il sequenziamento e l’annotazione di tre genomi (Haberlea rhodopensis, Xerophyta elegans e Xerophyta humilis), oltre all’individuazione di quattordici geni candidati legati alla tolleranza al disseccamento e ad altri stress estremi nella specie H. rhodopensis, di cui è in corso l’analisi funzionale. Ulteriori studi su nove colture (orzo, pomodoro, peperone, melanzana, patata, lattuga, lampone, mirtillo e cipolla) hanno dimostrato una maggiore resilienza agli stress e una resa migliore resa grazie all’approccio basato sul priming molecolare.
Il futuro dell’agricoltura
Dato che i cambiamenti climatici mettono a dura prova la produttività agricola, RESIST potrebbe offrire soluzioni tangibili: sfruttando la naturale resilienza di cui sono dotate le piante della risurrezione, il progetto dispone del potenziale di contribuire allo sviluppo di colture in grado di prosperare in condizioni di stress ambientale, il che non solo contribuisce a garantire l’approvvigionamento alimentare dell’Europa, ma promuove anche l’adozione di pratiche agricole sostenibili, assicurando un futuro resiliente per l’agricoltura a livello mondiale. RESIST ha inoltre ispirato ulteriori ricerche. «Grazie al successo del progetto, siamo coinvolti in due nuovi progetti finanziati dall’UE, CropPrime e BOOSTER, che si concentrano sul miglioramento della resilienza delle piante e sull’ottimizzazione dei biostimolanti per la tolleranza alla siccità», spiega Petrov, che conclude: «Abbiamo compiuto i primi passi in tal senso, ma il lavoro è tutt’altro che finito.»
Parole chiave
RESIST, piante della resurrezione, resilienza delle piante, tolleranza alla siccità, tolleranza al disseccamento, genomica