I funghi marini sono tesori biotecnologici ignorati?
I funghi marini planctonici vivono nella colonna d’acqua degli oceani, dove fluttuano liberamente sospinti dalle maree e dalle correnti. All’interno degli ecosistemi marini, questi funghi sono parassiti di altri organismi e dei cosiddetti saprotrofi, digestori specializzati di materia organica complessa. Come spiega Michael Cunliffe della Marine Biological Association del Regno Unito, gli studi sui funghi marini sono relativamente rari, un limite che rende difficile comprendere appieno la loro ecologia specifica. È stato infatti calcolato che il numero di specie fungine marine descritto è inferiore all’1 %, in parte a causa della difficoltà legate al sequenziamento del DNA necessario e alla crescita delle colture di laboratorio. «La cosa più importante, forse, è che non si sapeva se e come i funghi marini mostrassero modelli di diversità delle specie nel tempo», spiega Cunliffe, coordinatore del progetto MYCO-CARB, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca. Il progetto è riuscito non solo ad aiutare a colmare queste lacune di conoscenza, ma anche a indicare strade potenzialmente fruttuose per la ricerca futura sui cambiamenti climatici e sulle risorse biotecnologiche.
Approfondimenti sull’ecosistema fungino marino
MYCO-CARB ha adottato due approcci complementari per studiare i funghi marini: la coltivazione in laboratorio e l’analisi diretta di campioni marini senza la fase di coltura. L’équipe ha raccolto campioni di acqua marina in diverse località, dall’Oceano Atlantico aperto ai sedimenti costieri del Regno Unito, comprese le alghe marine presenti vicino alla Marine Biological Association. In laboratorio i campioni sono stati aggiunti a terreni di coltura specializzati contenenti sali marini per la coltivazione. Una volta cresciuti, i funghi sono stati isolati e, dopo l’identificazione della specie, sono stati aggiunti alla collezione di colture di funghi marini MYCO-CARB. Il gruppo di ricerca ha usato una serie di strumenti per il DNA e l’RNA per studiare la biologia di isolati specifici e comprendere meglio la loro ecologia nell’ambiente marino. «L’eterogeneità delle comunità fungine marine che abbiamo rilevato ci dà molte informazioni sulla loro ecologia e sul loro inserimento nell’ecosistema marino costiero più ampio», afferma Cunliffe. «Per la prima volta, abbiamo dimostrato che le specie cambiano su scale temporali mensili e stagionali e, dopo questi cambiamenti, possono presentare modelli simili di composizione delle specie. Ciò indica che le specie si ripresentano nel tempo, ma abbiamo bisogno di ulteriori ricerche per capire quali siano i fattori ecologici alla base del fenomeno.» Il progetto ha inoltre sviluppato un metodo innovativo per studiare i funghi saprotrofi attivi che aderiscono alle particelle marine. «Singole particelle organiche, come pezzi di foglie e ramoscelli, sono state isolate dall’acqua di mare e poi analizzate al microscopio, permettendoci di descrivere la diversità dei funghi ospitati», aggiunge Cunliffe. I dati delle sequenze di RNA provenienti dalla Tara Ocean Expedition sono stati impiegati anche per analizzare l’attività dei funghi marini saprotrofi nell’oceano globale, in particolare osservando gli enzimi attivi nei carboidrati (CAZymes) coinvolti nella degradazione di materiale organico complesso. «Il nostro lavoro ha dimostrato che i funghi marini sono saprotrofi attivi, che degradano la materia organica complessa ricca di carbonio nell’oceano aperto. Ora è necessario approfondire i loro contributi specifici al ciclo del carbonio oceanico», afferma Cunliffe.
Le grandi potenzialità biotecnologiche dei funghi
L’istituzione della collezione delle culture di funghi marini presso la Marine Biological Association nel Regno Unito sarà un’importante eredità del progetto, dal momento che offre l’unica risorsa di questo tipo al mondo. MYCO-CARB, infatti, ha usato colture selezionate per studiare la loro biologia fondamentale, ma la collezione offre molto di più. «I funghi marini sono un’importante risorsa biotecnologica non ancora sfruttata e una potenziale fonte di nuove biomolecole preziose, come i composti antimicrobici. Inoltre, molti dei funghi che abbiamo isolato dalle alghe potrebbero offrire nuovi metodi per gestire i rifiuti a base di biomassa marina, come quelli generati dall’industria delle alghe», spiega Cunliffe. Per il momento, l’équipe sta concentrando l’attenzione sulla quantificazione del ruolo dei funghi marini nel ciclo del carbonio rispetto alle altre specie di vita marina come i batteri, e sta indagando nuove opportunità per ottimizzare le colture della collezione.
Parole chiave
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