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Novel Drilling Technology Combining Hydro-Jet and Percussion for ROP Improvement in deep geothermal drilling

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Innovazioni nella perforazione per accedere all’energia geotermica

Un più facile accesso all’energia geotermica racchiusa nella crosta terrestre rafforza la fattibilità di questa promettente fonte energetica rinnovabile.

L’energia geotermica immagazzinata nelle rocce e nell’acqua presenti in profondità nella crosta terrestre costituisce una potenziale miniera d’oro in termini di risorse energetiche rinnovabili. Sebbene la Terra abbia incominciato a raffreddarsi senza sosta sin dalla sua formazione, avvenuta oltre 4,5 miliardi di anni fa, le intense temperature che caratterizzano il nucleo del nostro pianeta continuano a riscaldare la crosta interna. «Siamo in grado di accedere a questo calore e di estrarlo, nonché di convertire l’acqua in vapore e di alimentare turbine per produrre elettricità», spiega Naveen Velmurugan, responsabile del progetto ORCHYD e ricercatore presso Mines Paris PSL in Francia. Tra gli altri potenziali usi finali figurano la fornitura di calore diretto per il riscaldamento dell’acqua e per i processi industriali, mentre i principali vantaggi comprendono l’indipendenza dalle condizioni atmosferiche, a differenza dell’eolico e del solare, e la bassa impronta di suolo.

Raggiungere le fonti geotermiche all’interno della crosta

Un’importante sfida è ovviamente costituita dalla necessità di raggiungere le fonti geotermiche calde in profondità nella crosta. «Ogni chilometro percorso, la temperatura sale di un valore compreso tra i 20 e i 30 gradi», osserva Velmurugan. «Si tratta di un’impresa costosa e impegnativa a livello tecnico.» Il progetto ORCHYD, coordinato dall’organizzazione francese ARMINES, si è proposto di risolvere questo problema sviluppando una nuova tecnica di perforazione prototipo specificamente progettata per trivellare il duro granito presente a più di 3 km nel sottosuolo, ovvero una profondità maggiore rispetto a quella normalmente perforata dall’industria petrolifera e del gas. «La nostra idea si basava sulla combinazione di due tecnologie mature, ovvero il getto d’acqua ad alta pressione e la perforazione a percussione, al fine di raggiungere questo risultato», osserva Velmurugan. A 4 km al di sotto della superficie, la pressione proveniente dall’alto sulla roccia è intensa, il che rende la perforazione particolarmente difficile da effettuare. Nel prototipo del progetto, il getto d’acqua crea un solco periferico intorno alla roccia dura, contribuendo in tal modo ad alleviare la pressione: così facendo, la perforazione a percussione frantuma la roccia con più facilità e consente di consumare una minore quantità di energia.

Sbloccare il potenziale di estrazione dell’energia geotermica

Lo sviluppo del prototipo ha comportato lo svolgimento di studi teorici e test di laboratorio. L’accesso alla struttura sperimentale dell’istituto PSL a Pau, in Francia, ha permesso al team di ricreare ambienti profondi fino a 4 km nella crosta terrestre. «Abbiamo potuto utilizzare questa struttura per convalidare il nostro processo su diversi tipi di rocce e a varie profondità», spiega Laurent Gerbaud, coordinatore del progetto. «Abbiamo inoltre potuto testare i due processi separatamente e congiuntamente; alla conclusione del progetto, avevamo già pronto un prototipo.» I risultati, osserva Gerbaud, sono stati persino superiori alle attese. «Siamo stati in grado di quadruplicare il tasso di penetrazione e di incrementare l’efficienza di perforazione (tenendo conto del consumo energetico) di 24 volte», spiega. «Il successo principale in tal ambito è l’aver dimostrato in modo efficace l’utilità di questa tecnica per la perforazione del granito duro, il che può sbloccare il potenziale di estrazione dell’energia geotermica.»

Integrare il geotermico nel mix energetico europeo

Le prossime tappe prevedono un ulteriore perfezionamento della tecnologia e la sperimentazione sul campo. «Abbiamo acquisito molte conoscenze sugli elementi presenti in questo processo e sulle sue modalità di funzionamento», aggiunge Velmurugan. «Ora vogliamo vederlo protrarsi molto più in là.» A lungo termine, infatti, il team del progetto ORCHYD si augura di dimostrare all’industria come questa tecnica possa ridurre i tempi e i costi associati alla perforazione, il che eserciterebbe un impatto significativo sul costo livellato dell’energia geotermica, allineandolo a quello di altre fonti rinnovabili come l’eolico e il solare. «Ciò contribuirebbe ad integrare il geotermico nel mix energetico europeo», aggiunge Velmurugan, che conclude: «Sebbene siano necessari investimenti a tal fine, il potenziale a lungo termine è enorme.»

Parole chiave

ORCHYD, geotermico, energia, fonte rinnovabile, solare, elettricità, Terra, condizioni atmosferiche

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