Garantire la presenza di intervento umano nell’interazione con i robot
Vi siete mai sentiti privi della facoltà di intervenire in una situazione? Sembra che, alla base di questa sensazione, vi siano dei precisi aspetti psicologici. «Gli esseri umani che si sentono privi della facoltà di intervento di solito impiegano più tempo o non sono in grado di decidere se e come continuare a svolgere un compito», spiega Francesca Ciardo, assistente alla cattedra di psicologia presso l’Università di Milano-Bicocca, che ha ricevuto in passato una borsa MSCA presso l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). Secondo Ciardo, questa condizione, spesso indicata come fenomeno OOTL (out-of-the-loop, letteralmente fuori dal circuito), è una delle principali cause di incidenti in ambienti di lavoro altamente automatizzati, come quello del controllo del traffico aereo. Essa rappresenta inoltre un importante ostacolo per il progresso dell’interazione uomo-robot. «Quando interagiscono con agenti artificiali come i robot, gli esseri umani cadono spesso nel fenomeno OOTL, caratterizzato dalla difficoltà di prevedere e prevenire i guasti, probabilmente a causa della mancanza di trasparenza nelle azioni intraprese dagli agenti artificiali», spiega la docente. Con il sostegno del progetto TeAMH-Robot, finanziato dall’UE, Ciardo si è posta alla guida di uno sforzo inteso a contribuire a garantire la presenza di intervento umano nell’interazione con i robot. «Implementando un comportamento d’ispirazione umana che consente l’adattamento temporale e l’anticipazione su un robot, abbiamo voluto aumentare l’attribuzione dell’agentività e diminuire la possibilità di innescare il fenomeno OOTL quando si verifica un guasto o un evento inaspettato durante l’interazione uomo-robot», aggiunge Ciardo.
Affrontare il fenomeno OOTL
Il progetto, che ha ricevuto il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, ha adottato un approccio duplice per affrontare il problema costituito dal fenomeno OOTL. Innanzitutto, ha cercato di comprendere come la capacità di coordinarsi e di adattarsi reciprocamente in tempo reale durante le interazioni sociali sia fondamentale per consentire agli esseri umani di mantenere la propria facoltà di intervento, anche quando si verificano errori o eventi inaspettati. Sulla base di questa ricerca iniziale, il progetto ha quindi implementato coordinazione e adattamento reciproco nel comportamento del robot umanoide iCub, sviluppato presso l’IIT. «Così facendo speravamo di contribuire a contrastare il fenomeno OOTL, che spesso affligge le interazioni uomo-macchina», osserva Ciardo.
Far progredire le neuroscienze cognitive e la robotica
Il progetto TeAMH-Robot si rivela unico in quanto ha consentito di ampliare in modo significativo lo stato dell’arte nel campo delle neuroscienze cognitive e nel settore della robotica. Per quanto riguarda il primo di questi, il progetto ha messo in evidenza come, di fronte a compiti di coordinazione caratterizzati da errori, gli esseri umani possano garantire la propria facoltà di intervento adottando un approccio dall’alto verso il basso. Il progetto ha inoltre sottolineato come in queste situazioni gli esseri umani non si affidino all’anticipazione, ma a meccanismi reattivi a livello temporale di correzione degli errori. I ricercatori hanno applicato queste scoperte di ambito psicologico al campo della robotica. «Abbiamo dimostrato che l’implementazione dell’adattamento reciproco di ispirazione umana sui robot umanoidi riduce la probabilità che si verifichi il fenomeno OOTL, incrementando al contempo un’agentività condivisa che promuove l’efficacia dell’interazione uomo-robot», osserva Ciardo.
Sostenere la parità di genere nella scienza
Nonostante l’importanza dei risultati scientifici raggiunti dal progetto, ciò di cui Ciardo è più fiera è la pubblicazione di un libro a fumetti rivolto ai bambini della scuola primaria. Redatto nell’ambito della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, il fumetto racconta la vita e i contributi scientifici di Augusta Ada Byron-King, contessa di Lovelace. Byron-King è ampiamente riconosciuta come la prima persona ad aver scritto un algoritmo. La contessa, lavorando oltre un secolo prima dell’invenzione del computer, fu anche la prima a concepire l’idea che le macchine potessero diventare creative e intelligenti. «Si tratta del risultato di cui sono maggiormente orgogliosa, in quanto è stata un’occasione unica e divertente per fondere il mio lavoro scientifico con l’impegno che dedico a sostenere la parità di genere», conclude Ciardo.
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