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Biological ice formation - Probing the interplay between ice-nucleating protein structures and interfacial water with ultrafast 2D sum frequency generation (SFG) spectroscopy

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Un metodo per congelare l’acqua in modo biologico

Un gruppo di scienziati sta sfruttando la capacità di alcuni batteri di formare il ghiaccio per una serie di applicazioni pratiche.

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La formazione del ghiaccio è un processo fondamentale per la vita. Alcuni organismi come i batteri attivi sul ghiaccio possono catalizzarne la formazione attraverso specifiche proteine nucleanti il ghiaccio (INP, ice-nucleating proteins). Non è noto perché questi organismi possiedano tale capacità, ma secondo una delle ipotesi potrebbe servire per attaccare le piante attraverso il gelo. Inoltre, alcuni organismi promuovono la nucleazione locale del ghiaccio per evitare di congelare in altri punti. Questa capacità sorprendente è nota per la sua importanza nei livelli di precipitazione globale ed è di grande interesse per la ricerca sul clima. La nucleazione del ghiaccio è stata anche cooptata per svariate applicazioni, come la prevenzione delle gelate in agricoltura e la creazione di ghiaccio artificiale. Nonostante abbia trovato un uso pratico, i meccanismi molecolari alla base della formazione di ghiaccio dovuta alle proteine sono tuttora un mistero, soprattutto a causa della mancanza di strumentazioni e metodi adeguati. «Per seguire il processo di nucleazione del ghiaccio, è necessario osservare alcuni strati di molecole d’acqua che interagiscono con un singolo strato di proteine», spiega Tobias Weidner, professore associato presso il Dipartimento di chimica dell’Università di Aarhus, in Danimarca, e coordinatore del progetto ProIce. Sebbene esistano tecniche apposite per svolgere queste osservazioni, le attrezzature necessarie e la relativa teoria sono disponibili solo da poco. Per colmare questa lacuna di conoscenze fondamentali, il progetto ProIce, finanziato dall’UE, ha studiato le proteine nucleanti il ghiaccio a livello molecolare, sfruttando i recenti progressi della spettroscopia vibrazionale ultraveloce, una tecnica che usa gli impulsi laser per far vibrare le molecole e raccogliere informazioni a partire da esse. «Le conquiste più importanti sono state la scoperta che il pH controlla l’attività del ghiaccio e lo sviluppo di metodi per monitorare le interazioni tra proteine e acqua», spiega Weidner.

Sondare la nucleazione del ghiaccio

Il primo passo è stato quello di studiare le INP all’interfaccia con l’acqua pura, per osservare come si ripiegano a contatto con essa: il ripiegamento delle proteine è infatti utile per funzioni biologiche specifiche. «Si è scoperto che le proteine si ripiegano in eliche beta, una struttura precedentemente prevista dalle simulazioni», aggiunge Weidner. Attraverso ulteriori esperimenti, il gruppo di ricerca di ProIce ha scoperto che le INP si riorientano a temperature più basse, per ottimizzare il proprio contatto con l’acqua. I ricercatori hanno anche scoperto che le variazioni del pH, ovvero il grado di acidità dell’acqua, possono essere un fattore scatenante della nucleazione del ghiaccio. Il progetto, intrapreso con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, si è concluso con uno studio dell’interazione tra l’acqua e le proteine, nel quale sono state impiegate spettroscopie vibrazionali per seguire l’interazione delle molecole d’acqua con gli scheletri proteici (la parte che connette le proteine) e le catene laterali (quelle che si legano tra loro).

Nuove connessioni di ricerca

Il successo di questa ricerca ha portato a nuove collaborazioni con scienziati esperti nell’atmosfera, impegnati nello studio della nucleazione del ghiaccio nelle nuvole. Inoltre, il team del progetto ProIce ha recentemente ottenuto un finanziamento per un nuovo polo che studierà meglio questo tema: il Center for Chemistry of Clouds (C3), con sede presso l’Università di Aarhus. ProIce ha anche aperto nuovi interrogativi, che Weidner e il suo team si propongono di approfondire. «Sono affascinato dalla nuova possibilità di studiare le interazioni tra acqua e proteine», aggiunge Weidner. «Abbiamo osservato che l’energia viene trasferita rapidamente tra le molecole d’acqua vicine alla superficie dei batteri del ghiaccio. Ma dove va l’energia?», si chiede. Ora Weidner desidera approfondire questo trasferimento di energia dall’acqua alle proteine su una scala temporale molecolare. Ulteriori percorsi di ricerca potenziali prevedono lo studio di altri organismi che nucleano il ghiaccio, come i funghi e i materiali antropici.

Parole chiave

Prolce, ghiaccio, formazione, nucleazione, funghi, energia, pH, acqua, organismi, batteri

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