Nuovi approfondimenti sulle proprietà della magnetite per la pulizia dell’acqua
Nel 2010 le Nazioni Unite hanno dichiarato l’accesso all’acqua potabile un diritto umano e il sesto degli obiettivi di sviluppo sostenibile consiste nel «garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie». I risultati della bonifica delle acque svolta dal progetto REPONANO contribuiscono a garantire il successo di queste pietre miliari. La squadra di REPONANO ha collaudato un nuovo modo di depurare l’acqua dagli agenti inquinanti utilizzando la magnetite, un minerale e un ossido di ferro. «REPONANO, oltre a migliorare la bonifica dalla magnetite in generale, voleva miniaturizzare questo processo. Abbiamo quindi sviluppato una soluzione microfluidica, sfruttando nuove tecnologie spettroscopiche per visualizzare il modo in cui gli aggregati polimero-nanomagnetite rimuovono gli agenti inquinanti», spiega Evgenia-Maria Papaslioti, ricercatrice del progetto, finanziato dalle azioni Marie Skłodowska-Curie. La magnetite può decontaminare le acque potabili e reflue in tre modi. Prima di tutto, modificandone la composizione: questo materiale, infatti, fa sì che le particelle tossiche si disgreghino prima di cadere sul fondo dell’acqua per essere estratte. Le particelle di nanomagnetite possono trovare utilizzo anche nei microfiltri, dove impediscono il passaggio degli agenti inquinanti. Infine, grazie alle capacità di legare l’ossigeno, possono formare i cosiddetti aggregati di (idr)ossido di ferro, che si legano agli agenti inquinanti rimuovendoli dall’acqua. Generalmente tale metodo veniva studiato in sistemi a flusso o in lotto su larga scala, che hanno dimostrato un potenziale notevole nella rimozione di metalli pesanti tossici, come selenio, piombo e arsenico.
Test per lotto su larga scala
REPONANO ha condotto esperimenti su larga scala per mettere alla prova l’efficienza della magnetite nell’immobilizzare elementi tossici come l’arsenico, l’antimonio e l’uranio in acque reflue altamente acide e ricche di fosfati. Per promuovere i processi ecologici, la magnetite utilizzata è stata riciclata dall’industria siderurgica, grazie a un processo brevettato da HYMAG’IN. «Con la nostra tecnica innovativa in tre fasi, abbiamo dimostrato per la prima volta che è possibile utilizzare ferro zerovalente per ridurre l’acidità. Poi abbiamo rimosso il fosfato utilizzandolo per formare il minerale vivianite, quindi abbiamo aggiunto la magnetite per immobilizzare gli agenti inquinanti», aggiunge Papaslioti.
Test di microfluidica
Dal momento che lo studio della fluidodinamica è migliore su microscala, la squadra ha collaborato con l’Istituto di fisica di Rennes per sviluppare un dispositivo polimerico microfluidico che permettesse di analizzare la decontaminazione dell’acqua da parte di minuscole particelle di magnetite (nanomagnetite). Si è poi voluto indagare se i rivestimenti polimerici, già considerati decontaminanti efficaci, potessero aumentare la capacità di decontaminazione della nanomagnetite. I ricercatori hanno dunque creato aggregati di forma cilindrica costituiti da un idrogel (polietilenglicole) mescolato con nanoparticelle di magnetite rivestite di chitosano. «La nanomagnetite è già utilizzata come materiale filtrante in alcuni impianti di trattamento delle acque reflue. Tuttavia, a causa delle sue dimensioni ridotte tende a passare attraverso i filtri o a intasarli», spiega Laurent Charlet, coordinatore del progetto. «Aumentando le loro dimensioni e modificandone la forma, i nostri materiali ibridi potrebbero eliminare questo fenomeno, facilitando al contempo il filtraggio.» Per verificare l’efficacia di questi aggregati polimero-nanomagnetite nell’immobilizzare l’antimonio sono stati utilizzati esperimenti «flow-through». Per creare una mappa della distribuzione dell’antimonio e della quantità assorbita dagli aggregati, nonché per ottenere il suo stato di ossidazione (che promuove l’immobilizzazione e la rimozione dell’antimonio dall’acqua), sono state utilizzate per la prima volta in questi sistemi la spettroscopia di assorbimento di raggi X di sincrotrone e la microfluorescenza a raggi X. È stato poi sviluppato un modello informatico 3D per simulare e convalidare il modo in cui l’antimonio è stato diffuso e distribuito durante gli esperimenti. L’identificazione delle zone specifiche in cui l’antimonio reagisce con la nanomagnetite offre indizi per determinare la forma e la composizione ottimale degli aggregati. «Ciò promette di ottenere non solo metodi più efficaci per osservare i sistemi naturali, ma anche nuovi trattamenti dell’acqua basati su dispositivi microscopici, come la microfluidica», afferma Papaslioti. L’équipe intende ora condurre altri esperimenti di assorbimento con una gamma più ampia di agenti inquinanti e di condizioni, variando le concentrazioni di agenti inquinanti/nanomagnetite, il pH e le velocità di flusso, nonché sperimentando con la composizione e la forma degli aggregati.
Parole chiave
REPONANO, aggregato, magnetite, acqua, bonifica, contaminante, fertilizzante, microfluidico, microfiltri, antimonio, assorbimento