Skip to main content
European Commission logo
italiano italiano
CORDIS - Risultati della ricerca dell’UE
CORDIS

Article Category

Article available in the following languages:

Perché le turbine eoliche offshore non arrugginiscono?

Se si lascia la bicicletta all’aperto troppo a lungo, il rischio è che ben presto si rovini a causa delle intemperie. Allora come fanno le turbine eoliche offshore a resistere per decenni in un ambiente così ostile? Ce lo spiega l’esperta Ainhoa Cortés.

Energia icon Energia

L’energia eolica è fondamentale per la futura transizione dell’Europa verso un’economia a emissioni nette zero, come indicato nel Green Deal europeo. L’installazione di parchi eolici in mare aperto evita molte delle problematiche da affrontare, come la concorrenza per i terreni e le lamentele per il loro impatto visivo. Anche se possono sembrare immacolate, Cortés afferma che anche le strutture eoliche offshore ben progettate, costruite appositamente per una lunga esposizione agli ambienti marini più difficili, sviluppano comunque la ruggine. Detto questo, ingegneri come Cortés sperano di estenderne la durata di vita anche oltre i 25-30 anni attualmente previsti. «Il problema è che attualmente non disponiamo dei rivestimenti necessari per proteggere le attrezzature per periodi di esposizione così lunghi», spiega Cortés.

Resistere alle intemperie

La ruggine degrada gli elementi metallici delle turbine eoliche, provocando crepe e cedimenti strutturali. La durata di una turbina, quindi, dipende dal bilanciamento tra la durabilità e il costo, e per questo è necessaria una comprensione approfondita del modo in cui la corrosione progredisce. Il processo dipende dalle condizioni ambientali e dal tipo di materiale utilizzato per le turbine. Queste strutture devono affrontare abitualmente temperature estreme, sali dell’acqua di mare, acidi e ossigeno disciolto, carichi ciclici variabili (dovuti all’impatto delle onde e del vento) e danni ai rivestimenti a causa delle fluttuazioni delle maree. Mentre l’acciaio al carbonio è soggetto per lo più a una corrosione uniforme, si verificano anche variazioni più localizzate, come il pitting, che però, secondo Cortés, sono meno considerate nelle analisi convenzionali della corrosione. «Gli elementi strutturali delle torri offshore che sono a diretto contatto con l’ambiente marino sono i più a rischio di corrosione», osserva Cortés. «Si tratta della “zona di spruzzo”, che è esposta in modo intermittente all’acqua di mare a causa delle maree e delle onde; della “zona atmosferica”, che è esposta in modo permanente alle condizioni dell’aria marina; e della zona sommersa, che contiene il sistema di ancoraggio.»

Mantenere tutto in funzione

Per bilanciare il compromesso tra la protezione a lungo termine e i costi associati, i tecnici e i dirigenti dei parchi eolici hanno studiato una serie di tecnologie, tra cui rivestimenti più efficienti, materiali più resistenti e una migliore progettazione strutturale. Avendo capito che queste tecnologie in via di sviluppo non avrebbero fornito una risposta a breve termine, il progetto WATEREYE, finanziato dall’UE e coordinato da Cortés, ha progettato una soluzione di monitoraggio digitale intelligente per turbine eoliche fisse monopalo. I modelli diagnostici e prognostici della soluzione, alimentati dai sensori a ultrasuoni, vengono aggiornati automaticamente in tempo reale mentre la turbina è in funzione. In questo modo si evitano costosi tempi di inattività, si limita il numero di rischiose ispezioni manuali e si ottengono riparazioni più brevi e mirate. Dalla fine del progetto, Ceit, che ha ospitato il progetto, ha ulteriormente migliorato il sistema. «WATEREYE si è concentrato sulla corrosione uniforme nelle zone atmosferiche e di spruzzo, un primo passo importante. Ma comprendere il pitting, molto legato ai problemi di fatica, è fondamentale per prevedere il comportamento dei componenti e delle strutture, ed è su questo che ci stiamo concentrando», aggiunge Cortés. Ceit sta partecipando a un progetto nazionale per convalidare la tecnologia sulla piattaforma galleggiante W2Power di EnerOcean. I nodi di sensori dislocati nei punti cruciali delle diverse zone (zona sommersa, zona di spruzzo e zona atmosferica) effettueranno autonomamente le misurazioni, inviando i dati in modalità wireless a un gruppo di ricerca di monitoraggio. «Attualmente gli operatori spendono 100-200 000 euro all’anno per le ispezioni e il monitoraggio. Con soluzioni di monitoraggio ad alte prestazioni, questi costi potrebbero essere dimezzati, prolungando la durata di vita del 20 % e aumentando la produzione del 5-10 %», afferma Cortés. Per saperne di più sulla ricerca di Cortés: Ridurre i costi di gestione e manutenzione delle turbine eoliche offshore

Parole chiave

WATEREYE, turbina, offshore, corrosione, vento, energia, mare, sensori