In che modo i farmaci anti-tubercolosi raggiungono il loro bersaglio
La tubercolosi (TBC) costituisce, a livello mondiale, la seconda causa di decesso da malattia infettiva dopo la COVID-19. Questa condizione complessa richiede un trattamento con un cocktail di quattro antibiotici per almeno sei mesi. Sebbene tali trattamenti presentino tassi di successo elevati, possiedono anche molteplici limiti, tra cui un lungo processo di guarigione e numerosi effetti collaterali. Inoltre, considerato che gran parte delle molecole sono state utilizzate nel corso degli ultimi 50 anni, molti ceppi in circolazione sono ora resistenti a tali composti. «Sono disperatamente necessari regimi farmacologici più brevi, meno tossici e più efficienti», afferma Pierre Santucci, borsista Marie Skłodowska-Curie e ricercatore post-dottorato. «Per contribuire al conseguimento di questo obiettivo, è essenziale comprendere meglio le modalità di azione dei farmaci anti-TBC e fornire informazioni molecolari che possano contribuire a istituire nuovi interventi terapeutici.» Questo è stato l’obiettivo del progetto SpaTime-AnTB, intrapreso con il supporto del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie. Il progetto si proponeva di comprendere il modo in cui gli antibiotici raggiungono e uccidono il Mycobacterium tuberculosis, l’agente aereo che provoca la malattia, e il ruolo svolto da ambienti intracellulari specifici in questo processo.
Le modalità di azione degli antibiotici
Assieme ai colleghi dell’Istituto Francis Crick, Santucci ha analizzato caratteristiche specifiche quali il pH intracellulare all’interno di cellule immunitarie innate infettate. I ricercatori hanno esaminato il modo in cui questa caratteristica potrebbe esercitare un impatto sulla penetrazione, l’accumulo e l’efficacia degli antibiotici. «La nostra ricerca si è concentrata sull’antibiotico di prima linea Pirazinamide (PZA) e ne ha rivisto le modalità di azione attraverso nuove forme tecnologiche e approcci chemio-genetici», spiega Maximiliano Gutierrez, biologo cellulare presso l’Istituto Francis Crick e supervisore del progetto SpaTime-AnTB. Il team ha scoperto che la PZA richiede ambienti subcellulari acidi per mostrare un’efficacia ottimale contro M. tuberculosis. «Si è trattato di una scoperta molto emozionante e importante poiché la Pirazinamide costituisce una delle armi più preziose a nostra disposizione contro la TBC», osserva Gutierrez.
Giocare a nascondino
Il progetto ha inoltre dimostrato che lo stile di vita intracellulare del batterio si ripercuote in modo drastico sull’accumulo e l’efficacia degli antibiotici. «Alcuni batteri impiegano le cellule ospiti per giocare a nascondino con le molecole degli antibiotici e alcune nicchie intracellulari forniscono un nascondiglio migliore di altre. Queste osservazioni spostano la base della chemioterapia dell’infezione intracellulare», nota Gutierrez. Le scoperte sono state rese possibili da innovative tecniche di imaging che combinano la microscopia a fluorescenza ad alto contenuto con un approccio di recente sviluppo chiamato microscopia correlativa ottica, elettronica e ionica (Correlative Light, Electron, and Ion Microscopy, CLEIM). Esse hanno consentito ai ricercatori di identificare la distribuzione e l’accumulo dei farmaci con una risoluzione sub-micrometrica. Gli scienziati hanno inoltre sviluppato una piattaforma di imaging doppio per visualizzare e monitorare le cellule infette in un laboratorio con un livello di biosicurezza 3.
Uno sforzo congiunto per affrontare la tubercolosi
Santucci ritiene che gli approcci e i concetti generati dal progetto potrebbero essere applicabili a molteplici farmaci anti-TBC. «Nel loro insieme, queste nuove informazioni potrebbero condurre a nuove teorie scientifiche che possono essere verificate a livello sperimentale al fine di sviluppare nuovi regimi farmacologici e, in definitiva, andare a beneficio dei pazienti.» In futuro, Santucci e i suoi colleghi intendono esaminare ulteriormente la modalità di azione del Pirazinamide e quella di altri farmaci anti-TBC. I risultati del progetto potrebbero inoltre essere applicabili al trattamento di altri patogeni intracellulari. Il team auspica pertanto di indagare sul modo in cui altri patogeni polmonari batterici rispondono ai trattamenti antibiotici in diverse nicchie subcellulari. I ricercatori chiedono uno sforzo congiunto da parte dei responsabili delle politiche, degli accademici e delle aziende farmaceutiche al fine di sviluppare nuovi strumenti per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento della TBC. «La pandemia di COVID-19 ha dimostrato che finanziamenti e un sostegno massicci ai canali di ricerca e sviluppo possono condurre a scoperte scientifiche che cambiano le vite dei pazienti», osserva Santucci. «La TBC è stata finora per lo più sottofinanziata e necessita urgentemente di questo forte coinvolgimento per essere eliminata nel corso dei prossimi decenni.»
Parole chiave
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