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Development and commercialisation of a new purification system for contaminant-free radiocarbon dating

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Accelerare il processo di datazione delle ossa antiche

I contaminanti presenti in tracce possono avere significative ripercussioni sulla precisione della datazione al radiocarbonio. Il progetto ChromaChron ha esplorato alcuni modi per rendere una decisiva, ma decisamente lenta, tecnica di purificazione più veloce.

La nostra comprensione in merito all’evoluzione umana si basa sulla datazione al radiocarbonio dei fossili, un metodo che contribuisce a stabilire la cronologia di varie specie come i Neanderthal, i Denisoviani e gli esseri umani moderni. Questa tecnica è tuttavia estremamente sensibile alla contaminazione e la presenza di carbonio estraneo, persino in tracce e in una percentuale pari a solo l’1 %, è sufficiente a fornire un risultato fuorviante. Il progetto ChromaChron, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca, ha cercato di affrontare questo problema effettuando migliorie alle tecniche di cromatografia liquida in grado di isolare gli amminoacidi dai fossili antichi. Le ossa antiche sono solitamente contaminate dalle sostanze umiche che costituiscono la maggiore frazione organica del suolo. «Dobbiamo inoltre prendere in considerazione tutte le operazioni effettuate in seguito agli scavi», afferma Thibaut Devièse, il coordinatore del progetto. «Nel passato per preservare i campioni di ossa nei musei venivano utilizzate sostanze naturali, come ad esempio la cera d’api, mentre adesso gli archeologi e gli esperti di conservazione applicano numerose colle sintetiche e vernici».

Una soluzione lenta

In precedenza, Devièse aveva guidato la sezione inerente alla chimica del progetto PALAEOCHRON, che si è occupato della cronologia relativa alla transizione dal Paleolitico medio a quello superiore nell’Eurasia, un periodo compreso tra circa 60 000 e 30 000 anni fa. Cercando di datare al radiocarbonio ominidi e ossa animali risalenti a tempi antichi, il ricercatore e i suoi colleghi hanno scoperto che il collagene, durante la sua degradazione, a volte si combina con sostanze contenenti carbonio nel terreno circostante. «Adesso sappiamo che, talvolta, quando viene effettuata la datazione al radiocarbonio della frazione di collagene delle ossa è possibile ottenere risultati errati», aggiunge Devièse. La sua soluzione, sviluppata presso l’Università di Oxford, era quella di degradare il collagene e impiegare la cromatografia liquida per isolare specifici amminoacidi che provenivano indubbiamente da materiale biologico di origine ossea. Il metodo utilizzato nell’Oxford Radiocarbon Accelerator Unit, tuttavia, era estremamente lento e consentiva di preparare un massimo di due campioni al giorno. Si tratta di una limitazione considerevole, alla base della scelta di altri laboratori di non adottare questo metodo. «Se si investe in apparecchiature piuttosto costose e si è in grado di produrre solamente due risultati al giorno, non si riuscirà a compensare il costo sostenuto per acquistare lo strumento», osserva Devièse.

Un progresso per la fase stazionaria

All’inizio del progetto, Oxford era l’unico laboratorio al mondo a effettuare la datazione al radiocarbonio di specifici amminoacidi, anche se era già stato messo in risalto in precedenza che questa nuova tecnica era in grado di fare un’enorme differenza nella datazione di campioni molto antichi. «Abbiamo dimostrato che numerosi risultati pubblicati in questo campo sono errati», spiega Devièse. «Ciò a cui puntavo era che questo metodo venisse utilizzato da altri laboratori. Ho pensato che se avessimo istituito un metodo rapido e di facile utilizzo, la qualità dei dati contenuti nella letteratura scientifica sarebbe migliorata drasticamente». La sfida che Devièse ha dovuto affrontare riguardava la ricerca di un modo volto a isolare rapidamente l’amminoacido idrossiprolina dal collagene senza ricorrere a solventi organici, che contaminerebbero il processo. In definitiva, il team ha trovato un modo per accelerare il processo di cromatografia liquida grazie all’impiego di una colonna di cromatografia con nuove fasi stazionarie, il che ha consentito di ridurre di due terzi la lunghezza della fase di separazione degli amminoacidi. «Stiamo ora completando i test finali ed elaborando i documenti che descrivono il nuovo metodo», afferma Devièse. «Ciò garantirà che ciascun laboratorio possa utilizzare la tecnologia e produrre datazioni accurate». «Questa soluzione ha rappresentato uno straordinario passo in avanti per la datazione al radiocarbonio specifica per composto, un traguardo che sarebbe stato impossibile raggiungere senza il sostegno dell’UE», conclude Devièse.

Parole chiave

ChromaChron, datazione al radiocarbonio, contaminazione, umico, cromatografia liquida, Denisoviani, evoluzione umana

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