Le proteine antiche aiutano a svelare i misteri dell’evoluzione umana
La capacità di sequenziare DNA antico derivato da fossili umani ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’evoluzione umana, facendo luce su come abbiamo interagito con altre popolazioni umane, quali i Neanderthal e i Denisoviani. Ci ha anche fornito informazioni preziose sulla relazione tra il nostro patrimonio genetico, i patogeni circolanti e la selezione evolutiva. «Per la prima volta, i ricercatori sono stati in grado di rispondere ad alcune domande sulla storia umana utilizzando biomolecole filogeneticamente utili del nostro antico passato», afferma Frido Welker, docente presso l’Università di Copenaghen. Eppure, nonostante queste scoperte scientifiche, il DNA ha i suoi limiti. «Il problema con il DNA è che non sopravvive molto a lungo, ma solo diverse decine di migliaia di anni», aggiunge Welker. «Almeno da una prospettiva evolutiva, ciò significa che abbiamo a disposizione una piccola finestra per studiare direttamente l’evoluzione umana, senza dover dedurre a ritroso nel passato». Per rimediare a questa lacuna, Welker sostiene l’utilizzo delle proteine antiche recuperate da fossili di ominidi. Grazie al supporto del progetto HOPE, finanziato dall’UE, è riuscito a dimostrare la fattibilità del suo pensiero.
La proteina rivelatrice
L’idea di utilizzare le proteine per ricercare la storia evolutiva è nata durante un lavoro precedente, quando Welker e i colleghi hanno scoperto che antichi fossili animali conservano sequenze informative proteiche. Durante questo lavoro, si rese conto che se era possibile analizzarle in modo affidabile, le sequenze proteiche degli ominidi avevano il potenziale per essere filogeneticamente informative. «Poiché le proteine sono composte da una sequenza di aminoacidi determinata dalle sequenze di DNA codificanti proteine presenti nel genoma, anch’esse possono essere filogeneticamente informative», spiega. «E ancora meglio, queste proteine sopravvivono ben oltre la durata di vita del DNA antico». Nel progetto HOPE, che ha ricevuto il supporto del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, Welker si è proposto di dimostrare chiaramente la fattibilità di tale approccio utilizzando diversi fossili di ominidi che risalivano oltre il limite di conservazione del DNA antico. «Determinare in modo accurato le sequenze amminoacidiche è difficile, soprattutto per le proteine antiche», osserva Welker. Ad esempio, una delle difficoltà che i ricercatori hanno dovuto affrontare è stata che tali sequenze antiche sono spesso modificate e frammentate, e potrebbero essere diverse da qualsiasi altra sequenza di riferimento disponibile. I ricercatori hanno anche dovuto affrontare la contaminazione da proteine moderne, che può verificarsi durante gli scavi archeologici e la successiva manipolazione durante la raccolta e le analisi di laboratorio.
Un periodo evolutivo entusiasmante
Per superare queste difficoltà, il gruppo di ricerca ha elaborato nuovi approcci chimici e computazionali. «Sebbene certamente non perfetti, tali approcci ci hanno dato la certezza che le sequenze che abbiamo utilizzato per l’analisi filogenetica erano endogene ai fossili e probabilmente rappresentavano la corretta sequenza di aminoacidi», aggiunge Welker. L’approccio ha funzionato: «Siamo stati in grado di dimostrare come le proteine antiche conservate nello smalto sopravvivono per almeno 2 milioni di anni nelle zone temperate e tropicali», afferma. «Questo a sua volta ci ha permesso di sequenziare proteine della fauna antica, una grande scimmia estinta e due specie umane estinte: l’Homo erectus e l’Homo antecessor». Sfidando la presunzione che le proteine antiche siano filogeneticamente poco interessanti, il progetto HOPE ha fornito un nuovo approccio allo studio dell’evoluzione umana. Welker sta ora espandendo questo approccio attraverso il progetto PROSPER, che si dedica ad applicare parte del lavoro svolto durante il progetto HOPE all’ultimo milione di anni di evoluzione umana. «Si tratta di un periodo davvero entusiasmante dell’evoluzione umana, in cui l’analisi delle proteine antiche può fornire alcune importanti soluzioni biologiche», conclude Welker.
Parole chiave
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