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Contenuto archiviato il 2023-04-17

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Una nuova stima basata su misurazioni suggerisce che l’oceano assorbe fino a 0,9 gigatonnellate di carbonio in più

Combinando osservazioni satellitari all’infrarosso e una nuova correzione applicata alle osservazioni di bordo, i ricercatori hanno generato una stima aggiornata dell’assorbimento annuale di CO2 da parte degli oceani.

Questo nuovo studio suggerisce che la quantità di carbonio che i nostri oceani assorbono ogni anno dall’atmosfera potrebbe essere maggiore di quanto precedentemente dedotto mediante le misurazioni della superficie degli oceani effettuate a bordo di navi. Le stime precedenti indicavano che circa un quarto delle emissioni causate dall’attività umana veniva assimilato dall’oceano, vale a dire: più di 2 gigatonnellate di CO2 all’anno. I ricercatori, supportati dai progetti 4C e RINGO finanziati dall’UE, hanno scoperto che l’attuale assorbimento annuale di carbonio potrebbe essere molto più elevato, superando le precedenti stime basate su osservazioni fino a 0,9 gigatonnellate annue. Questi risultati e i metodi adottati per conseguirli sono spiegati in un articolo pubblicato sulla rivista «Nature Communications».

Il problema

La domanda è: perché occorre una correzione? La risposta si trova nella parte di oceano dove sono state effettuate le misurazioni. Alcuni tentativi recenti compiuti dalla comunità scientifica internazionale per la creazione di una raccolta globale di dati regolarmente aggiornata sulla CO2 presente sulla superficie marina hanno dato origine al Surface Ocean CO2 Atlas (SOCAT). Questo monitoraggio globale è possibile grazie al contributo di osservazioni oceaniche a lungo termine da parte di infrastrutture di ricerca quali il Sistema integrato di osservazione del carbonio (Integrated Carbon Observation System, ICOS), che opera principalmente in Europa. Grazie ai 28,2 milioni di misurazioni raccolte dal 1957 al 2020 contenute, SOCAT aiutagli scienziati a stabilire la quantità di carbonio assorbita dagli oceani. Tuttavia, studi passati che hanno impiegato i dati SOCAT, hanno stimato l’assorbimento di carbonio basandosi su misurazioni effettuate a diversi metri sotto la superficie dell’oceano. Il problema è che le misurazioni necessarie sono quelle eseguite «direttamente sulla superficie dell’oceano», come spiegato dall’autore principale Andrew Watson dell’Università di Exeter in un articolo pubblicato sul sito web «SciTechDaily». Sebbene apparentemente insignificante, qualche metro di differenza comporta variazioni di temperatura e influisce sulla capacità del mare di assorbire CO2. «Gli studi precedenti hanno ignorato le piccole differenze di temperatura tra la superficie dell’oceano e la profondità di campionamento, tuttavia sappiamo che quest’ultima ha un impatto notevole sul modo in cui il carbonio è trattenuto dagli oceani in termini di salinità, solubilità, stabilità e così via», osserva il prof. Watson. «Ciononostante, i satelliti riescono a misurare la temperatura sulla superficie dell’oceano in modo più o meno esatto: quando li adoperiamo, si riscontra una grande differenza», aggiunge.

La soluzione

Per generare una stima che tenga conto dei flussi sullo strato più superficiale dell’oceano, i ricercatori hanno elaborato una procedura per ricalcolare i dati SOCAT avvalendosi delle misurazioni della temperatura dell’oceano effettuate dal 1992 al 2018 pochi millimetri sotto la superficie. La temperatura è stata ricavata principalmente da osservazioni satellitari all’infrarosso. Sulla base delle cifre così corrette, l’assorbimento annuale netto di carbonio negli oceani potrebbe oscillare tra le 0,8 e le 0,9 gigatonnellate in più all’anno rispetto a quanto precedentemente suggerito dai metodi che si avvalevano di dati incorretti. «Le precedenti stime dell’attuale assorbimento di carbonio effettuate a bordo di navi erano notevolmente inferiori rispetto a quelle sull’assorbimento di CO2 antropogenica provenienti da modelli oceanici biogeochimici e da stime basate sull’accumulo interno di carbonio. Questa differenza è stata ampiamente spiegata dall’immissione naturale di carbonio negli oceani mediante i sistemi fluviali. La nuova stima così rivista suggerisce tuttavia che la differenza, almeno in parte, può essere dovuta al modo in cui trattiamo le osservazioni stesse», spiega Peter Landschützer, scienziato del progetto 4C. Questo studio rientra negli obiettivi del progetto 4C (Climate-Carbon Interactions in the Current Century) di fornire una stima aggiornata del bacino oceanico di assorbimento del carbonio sulla base delle misurazioni di CO2 presente sulla superficie degli oceani e delle relative incertezze. Esso evidenzia pertanto una delle numerose incertezze che ci troviamo ancora oggi di fronte nel limitare l’assorbimento del carbonio antropogenico negli oceani dalle osservazioni. Lo studio promuove inoltre l’obiettivo del progetto RINGO (Readiness of ICOS for Necessities of integrated Global Observations) di produrre dati accurati sui flussi di carbonio tra l’atmosfera, la Terra e i nostri oceani. Il progetto RINGO terminerà alla fine del 2020, mentre il progetto 4C nel 2023. Per ulteriori informazioni, consultare: sito web del progetto 4C sito web del progetto RINGO

Parole chiave

4C, RINGO, carbonio, oceano, superficie, CO2

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