Vecchi archivi marini mostrano crescita dei pozzi di carbonio polari
Scienziati in Polonia, Regno Unito e Stati Uniti, dopo aver analizzato campioni di un animale marino raccolti durante una famosa spedizione al Polo Sud nel 1901, hanno scoperto che i pozzi di carbonio polari potrebbero essere in crescita. Secondo il team, i briozoi sono cresciuti in modo regolare fino al 1990, quando la loro crescita è raddoppiata. Le scoperte, che forniscono nuove informazioni su come il biossido di carbonio (CO2) è immagazzinato sul fondo marino e potrebbero aiutare geologi e ambientalisti nel fare proiezioni riguardanti il cambiamento climatico, sono presentate nella rivista Current Biology. I briozoi esaminati dagli scienziati sono i Cellarinella nutti (C. nutti), un invertebrato che si nutre mediante filtrazione e che sembra un bastoncino ramificato. Poiché ci sono moltissimi C. nutti in Antartide, i ricercatori usano abitualmente questo animale per i loro studi. Un vantaggio dell'esaminare il C. nutti è che esso conserva una chiara testimonianza macroscopica dell'ambiente nel suo scheletro, registrata sotto forma di tre linee di controllo della crescita simili ad anelli. "Questa è una delle poche prove che la vita in Antartide è recentemente cambiata in modo drastico," spiega l'autore principale, David Barnes della British Antarctic Survey. "Questi animali stanno prelevando più biossido di carbonio dalla circolazione e lo stanno mettendo al sicuro sul fondo del mare." Il team afferma che la rapida crescita di C. nutti fa pensare a un immediato aumento nella produzione locale del fitoplancton che i briozoi consumano. La CO2 dissolta nell'acqua di mare è importante per queste alghe; ne assicura infatti la sopravvivenza. Il carbonio nelle alghe viene prima assorbito dal C. nutti e quindi incorporato nel suo scheletro e in altri tessuti. Man mano che gli animali crescono, alcune porzioni del loro corpo si staccano e precipitano sul fondo del mare dove alla fine rimangono sepolte. "In questo modo, la quantità di carbonio che viene sotterrata nel fondo del mare sta crescendo," afferma il dott. Barnes, "mentre a livello globale noi stiamo diventando sempre più consapevoli della necessità di ridurre l'anidride carbonica nell'atmosfera." Le perdite di ozono sono probabilmente le responsabili del cambiamento. Queste perdite hanno innescato un aumento delle velocità del vento a partire dal 2000. Il dott. Barnes mette in evidenza che il plancton trae immensi benefici da questi venti più forti; i venti tolgono infatti di mezzo il ghiaccio e aiutano a migliorare la circolazione delle acque di superficie. "Se abbiamo ragione, questo è un raro esempio di animali che si adeguano a un fenomeno globale, il buco nell'ozono, e influiscono su un altro, l'effetto serra," fa notare il dott. Barnes. La loro ricerca ha ricevuto un forte impulso dalle antiche raccolte marine messe assieme dal capitano Robert Falcon Scott, un esploratore e pioniere polare che guidò la Spedizione nazionale antartica britannica e le Spedizioni antartiche britanniche all'inizio del ventesimo secolo. Nello studio sono stati usati anche campioni conservati da musei in Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti. "Il viaggio più famoso di Scott fu quello per raggiungere il Polo Sud, ma una squadra guidata dall'esploratore norvegese [Roald] Amundsen giunse prima di lui," racconta il dott. Barnes. "La squadra di Scott morì nel 1912 durante il viaggio di ritorno verso i suoi depositi di viveri, e quindi le sue imprese non vengono spesso associate con il successo. Ma ciò che non è molto noto è che i suoi viaggi erano anzitutto a carattere scientifico, e le raccolte di materiali e informazioni che essi fecero sono imponenti, anche per gli standard di oggi." Lo studio aiuta a portare alla luce le difficoltà connesse alla comprensione del modo in cui i processi su larga scala come il cambiamento climatico e il buco nell'ozono stanno colpendo il nostro pianeta. Anche se sono necessarie altre ricerche per capire quale ruolo giochi il C. nutti nell'ambiente, i ricercatori ritengono che sia probabilmente un ruolo minore. "Tuttavia, noi riteniamo che la combinazione delle riduzioni delle banchise e del ghiaccio nel mare dovute ai cambiamenti climatici e l'effetto delle velocità dei venti indotte dalla perdita di ozono offre qualche speranza per la così necessaria azione di cattura e sequestro del carbonio sul fondo dei mari antartici," spiega il dott. Barnes. "Ci sono pochi altri posti al mondo dove cambiamenti globali e locali potrebbero di fatto risultare in una maggiore quantità di carbonio che viene rimossa dal sistema." Allo studio hanno contribuito esperti dall'Istituto di oceanografia presso l'Accademia polacca delle scienze, il Museo di storia naturale nel Regno Unito, il Museo nazionale di storia naturale, Smithsonian Institution a Washington DC e il Museo della Virginia di Storia naturale negli Stati Uniti.Per maggiori informazioni, visitare: British Antarctic Survey: http://www.antarctica.ac.uk/ Current Biology: http://www.cell.com/current-biology/
Paesi
Polonia, Regno Unito